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Rileggendo “Giuliana d’Olanda e Luciano di Gesso” trent’anni dopo: il fenomeno delle masse di elettori astensionisti rese invisibili

di Pietro Villari, 1993 e 2022. Tutti i diritti riservati. 

Pubblicato online su thereporterscorner.com il 17 Novembre 2022, contiene parte di un mio articolo edito nell’Agosto 1993 dal settimanale “Centonove”.  


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In alcuni articoli recentemente postati in questa sede (1) ho citato un mio scritto pubblicato ormai trent’anni fa e oggi introvabile in rete, essendo tra l’altro cessata da alcuni anni anche l’attività di quel settimanale siciliano che l’ospitò. Per evitare d’inviare fotocopie agli interessati, ripubblico l’articolo integralmente aggiungendo in coda alcune considerazioni di carattere socio-politico.

Si tratta di “Giuliana d’Olanda e Luciano di Gesso” (2), contenente la descrizione, commentata con lieve tocco satirico, di un episodio che metteva in luce le miserie comportamentali di Luciano Ordile, un ex geometra proveniente da un remoto paesello dei Monti Peloritani, nella Sicilia nordorientale, uno di quei galoppini elettorali che come avviene ancora oggi, divenne un’eminenza del panorama politico siciliano di quel tempo.

Poiché vi sono aspetti di somiglianza con le recenti attività di un baldanzoso personaggio politico anch’esso allevato in un ambiente democristiano del Messinese, credo sia oggi necessario ricordare quanto accaduto nel recente passato, del quale le giovani generazioni siciliane sono tenute all’oscuro.

Emanciparsi dalle tecniche di manipolazione della percezione della realtà, attuate per il mantenimento del controllo delle popolazioni sottomesse al sistema di potere dominante nel Blocco Occidentale, richiede anche di avere i mezzi, le “chiavi” di lettura e di visione di tale sistema, al fine di essere in grado di comprenderne i meccanismi operativi. Nella fattispecie, l’esempio tutto siciliano della creazione di una schiera di burattini con alti ruoli istituzionali, tra i quali i politici, per essere inquadrato correttamente necessita la comprensione dei “perché, quando e come” ne è stata pianificata, attuata e protetta (vanificando, tra l’altro, anche il lavoro degli organi inquirenti) la vorticosa ascesa al potere.

È quindi fondamentale fornire a tutti i cittadini, anche alle giovani generazioni, le conoscenze che permettono di collegare i fili sciolti di singole evidenze per giungere alla piena comprensione della realizzazione di un  “evento di notevole impatto” (3). E questo è ancor più necessario se l’operazione si svolge in una regione come la Sicilia, di fondamentale importanza militare strategica dello schieramento delle forze Nato nelle scacchiere geopolitico internazionale.

Solo prendendo coscienza e contestualizzando il fenomeno nei particolari, persino una massa di individui “comuni”, non collegati tra loro e alle logiche del sistema dominante, può sperare in una possibilità di attenuare le drammatiche conseguenze, quelle sofferenze causate da un nuovo periodo di sfruttamento e devastazione che incombe sull’Isola.

Quella che qui segue è la descrizione di un episodio marginale, avvenuto ad Allume un piccolo villaggio collinare della fascia ionica messinese. Oggi rappresenta un documento storico che mette in luce uno degli aspetti della profonda e gretta arroganza di un tipico politico alla siciliana.


Agosto 1993. Edizione esaurita in edicola per “Giuliana d’Olanda e Luciano di Gesso

Allume è il paese dei miei avi paterni. Preferisco ricordarlo com’era trent’anni fa, con le sue casette di contadini, i rintocchi delle campane della chiesa, il ponticello sulla fiumara, il bar dove si giocava a tresette, ed il piccolo campo di bocce. Lascio da parte ogni riflessione che può suonare retorica e che d'altronde può essere applicata a centinaia di altri paesi di una Sicilia violentata dal rampantismo consumistico e destinato a restare solo nella memoria degli anziani.

“Ciumara storta” quella di Allume, sempre. Questa volta è successo che vi era stato organizzato un concorso d’arte figurativa e vi avevano invitato un onorevole democristiano, da molti anni al potere, a premiare i vincitori. Fin qui niente di contestabile, se la gente crede interessante vedere e applaudire la performance di un politico come l’onorevole Luciano Ordile che è il principale responsabile di quanto operato nei lunghi anni in cui fu assessore ai BBCCAA della Regione Sicilia, ebbene la gente può andarci o fare dell’altro. Quanto meno assistere al concorso, che è pur sempre una manifestazione culturale, e poi andarsene poco prima della salita sul palco dell’onorevole.

Fin qui la vicenda era ancora accettabile, mancava però una tragicommedia frutto di un incomprensibile “errore” politico. Come si è potuto pensare di invitare un personaggio come l’onorevole Ordile, democristiano, senza prevedere che avrebbe voluto arrivare con la sua ”auto blu” e l’autista sin sotto al palco della manifestazione? Immagino la scena, sconcertante. Un degnissimo vigile urbano impone l’alt all’auto blu dell’onorevole proprio innanzi alle transenne di sbarramento. Una ordinanza del sindaco vietava il transito a tutti i veicoli non autorizzati, essendo stretta, tortuosa e zeppa di gente giunta per assistere all’evento.

In quanto non munita di autorizzazione, l’auto dell’onorevole non poteva transitare. Da qui un furioso diverbio che addirittura avrebbe sfiorato la rissa tra l’autista dell’onorevole ed il vigile urbano. Ebbene, cosa fa l’onorevole, scende e fa un centinaio di metri a piedi? Macché, con l’esemplare senso del dovere dell’autorità regionale, l’onorevole Ordile dava ordine al suo autista di abbandonare la manifestazione.

Di riflesso alla gustosa scenetta ed alle nauseanti polemiche scatenatesi a livello politico locale, mi sono venute alla mente le scene di vita che osservai lo scorso anno durante un periodo di studi archeozoologici svolti in uno scavo medioevale in Olanda. A quel tempo vivevo in una casa di campagna presso Doorn, una graziosa cittadina nella regione dell’Utrecht.

Come molti altri locali, al tardo pomeriggio inforcavo la bicicletta e andavo in centro a fare spese. Spesso incontravo una signora con i capelli bianchi, l’impermeabile grigio chiaro, il solito foulard intorno al collo, semplici orecchini. Talora la vedevo scendere dall’auto, una utilitaria, che lei stessa guidava. La incontravo nel supermercato popolare “Albert Heijn”, vestita sempre allo stesso modo. Alla cassa tirava fuori dalla tasca dell’impermeabile una retina blu in cui metteva la spesa.

Aveva una certa grazia nel modo di scegliere i prodotti. I commessi e la gente la salutavano con cordiale riverenza e lei rispondeva sempre accompagnando i gesti con un sorriso. Una volta, per strada, la vidi con quella che in seguito mi dissero sua figlia, accompagnate da alcuni uomini che sembravano scortarle con discrezione.

Un giorno andai al supermercato con la figlia della mia vicina di casa, una ragazza di sedici anni. Incontrandola, si fermò a salutarla esprimendole gioia, e la signora le rispose accarezzandole il viso, dicendole qualcosa. Poi con la borsa della verdura salì sull’auto, mise in moto e partì. Chiesi allora chi fosse quella donna. “È la nostra regina madre, Juliana. Abita vicino casa, alcune volte ci da un passaggio per la scuola, quando piove”, mi rispose tranquillamente la ragazzina, figlia di una infermiera del locale ospedale. (4).

Com’è lontana l’Olanda, terra vasta quanto la Sicilia. E come siete lontani dal popolo onorevoli del Palazzo. E voi, gente d’Allume, che bisogno c’era di invitare un politico ad una spontanea manifestazione d’arte locale? Un politico con l’auto blu e autista pronto alla rissa con un povero ma degnissimo vigile, che ha tentato di far rispettare le regole per un vivere finalmente civile.

 

Le conseguenze

L’articolo pubblicato dal settimanale Centonove ebbe un’inaspettata eco in Sicilia e in certi palazzi del potere a Roma, con fotocopie che venivano fatte girare negli ambienti politici antagonisti a quelli democristiani. Tuttavia, dovettero trascorrere altri tre anni affinché il potere politico di Luciano Ordile, dopo essergli stata permessa una folgorante carriera politica per circa un ventennio, subisse una forte spallata dagli eclatanti risultati delle indagini dirette dal giudice Lorenzo Matassa, del Tribunale di Palermo.

La vicenda è ben nota alla mia generazione, ma ignota alle recenti. Nel maggio 1995, il giudice aveva ottenuto l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Luciano Ordile. Secondo il magistrato, il politico avrebbe commesso vari illeciti amministrativi nello svolgimento delle sue mansioni istituzionali di Assessore Regionale al Turismo, inerenti alla organizzazione di una mostra culturale in Giappone, da tenersi in occasione delle Universiadi di Fukuoka del 1997.

Il dispendioso, pasticciato e paradossale svolgimento dei fatti, che purtroppo caratterizzarono questa vicenda, giunse a causare un gravissimo danno d’immagine delle capacità operative dello Stato Italiano, e non soltanto quale inaffidabile organizzatore di eventi culturali internazionali. Alcuni giornali francesi, tra cui il prestigioso “Le Journal des Arts” riportarono con feroce ironia, oltre alla ben poco edificante descrizione della vicenda, anche il comportamento dell’eminente politico siciliano. Sottoposto per una settimana all’interrogatorio dal giudice, Ordile si era limitato a trincerarsi in una tipica risposta dialettale alla siciliana “Nun saccio niente”, l’espressione verbale grottesca e stereotipata data da semplici omertosi, malavitosi comuni e persino da mafiosi ritenuti “pezzi da novanta” innanzi alle richieste delle Autorità inquirenti (5). Un comportamento intollerabile da parte di un alto rappresentate dello Stato, aggravato dal fatto di essere avvenuto in una terra controllata dall’illegalità quale la Sicilia.

Avendo lo scandalo permesso il dileggio della comunità internazionale nei confronti delle capacità della governance italiana e quindi dell’affidabilità dei vertici del potere dominante nazionale italiano, sembrò a molti che questo colse l’occasione per ricorrere alle necessarie misure, affinché fosse imposto un forte ridimensionamento del potere politico regionale di Luciano Ordile. D’altronde, questa scelta rientrava nell’operazione di progressivo ma veloce smantellamento del vecchio sistema partitocratico siciliano, messo in atto dal potere dominante del Blocco Occidentale a iniziare dal 1989, all’indomani del crollo del Blocco sovietico. A futura memoria ricordiamo che nel 2015 il vitalizio, quella sorta di pensione elargita mensilmente agli ex deputati dell’assemblea regionale siciliana, per l’Ordile ammontava a poco meno di diecimila euro mensili.

Bisogna tuttavia ammettere che ben più pericolose appaiono oggi le leve emergenti nel panorama politico siciliano, ad alcune delle quali il potere dominante generalmente ricorre per rinnovare la lista dei suoi vassalli infiltrati negli apparati statali e regionali dell’Isola. Si tratta di nuovi pupazzi e burattini da inserire nell’immediato futuro nei posti-chiave del sistema e del sottosistema governativo. Essi presidieranno lo sfruttamento del patrimonio territoriale, un insieme nel quale i vertici della piramide del potere dominante includono anche la popolazione umana.

 

Da pupazzi tronfi a marionette  

Quali motivazioni spingono parte della popolazione siciliana a prestare fede e a accettare con entusiasmo di farsi manipolare da personaggi teatrali, giungendo a eleggerli quali propri affidabili rappresentanti, pur sapendo che si tratta di ex portaborse di politici democristiani, sorta di furbi garzoni di bottega che fungevano anche da galoppini in periodo elettorale? Possibile che la situazione isolana sia a tal punto compromessa da spingere parte della popolazione a riporre stima e rispetto nei propri carnefici?

Oppure si tratta di quella degenerata connivenza, tutta siciliana, che il popolo ha sempre coltivato nell’ammirazione per l’omertà di coloro che, pur avendo negli anni avuto cura di raccogliere prove documentali, sanno usare con discrezione e quindi mantenere segreto quanto fatto, visto e sentito nel corso dei servigi resi ai loro mentori-padroni, guadagnandosi così di apparire degni di affidabilità e pronti a prenderne il posto?

Pur essendo una fenomenologia socio-politica osservabile in quasi tutti gli Stati d’età moderna, questo legame tra sfruttati e sfruttatori in Sicilia assume proprie particolari connotazioni, spingendosi a determinare situazioni paradossali. Una di queste è che le masse sono coscienti che le pesanti evidenze fattuali dei “curricola” smentiscono in modo eclatante l’autoreferenziale affidabilità di questi personaggi politici, peraltro sfacciatamente ribadita quasi in loro quotidiana esternazione. Ma se nella comunicazione di massa repetita juvans, i toni e l’assiduità riscontrabili in alcuni politici sono piuttosto un indice che nell’operazione autoreferente si manifestino inconsciamente profondi timori. La proverbiale saggezza popolare sa bene che  “la lingua batte dove il dente duole”.

Ad esempio, pur giocherellando a fare i padroni di casa in realtà questi politici sono pienamente consci di trovarsi all’ombra dell’imponente fortezza militare statunitense chiamata Sicilia. E che in caso contrario qualcuno si presenta a ricordarglielo senza usare mezzi termini. Quindi quando assistiamo alla performance di un politico che si atteggia a “rivoluzionario” o addirittura parla di rivoluzione, sappiamo che nei fatti si rivolterà solo contro coloro che, appartenenti alla “casta” ormai datata, si oppongono a essere sostituiti nel ruolo di marionette apparentemente al comando nell’Isola. Ma è tutto teatro, in quanto chi deve essere sostituito e chi deve sostituirlo sono decisi in altra sede, da personaggi destinati a rimanere ignoti. La finalità è quella di dare una sensazione di potere politico che in realtà non esiste, e che il risultato confermi che nulla cambi al vero vertice del potere occulto e quindi nei confronti delle necessità dell’armata straniera occupante.

Calandosi nel ruolo teatrale del rivoluzionario immacolato, questa particolare tipologia politica riduce pericolosamente a farsa l’orrore dei fatti storici, per il divertimento dei propri fans e del circo mediatico. Ma sino ad oggi non un giornalista ha ritenuto di intervenire per ricordare ai propri telespettatori o lettori, come “la rivoluzione è sempre un atto di violenza”, per dirla con Ernesto “Che” Guevara, e che considerando il numero e la potenza delle basi militari statunitensi e la rete informativa costituita anche dalle logge massoniche siciliane, persino il tentativo di concepire virtualmente una rivoluzione popolare sarebbe nell’Isola un’impresa irrealizzabile.

Il contesto è quello di un pupazzo tronfio che trasformato in marionetta del potere dominante. Gli si fa dire quel che la gente necessita sentire, e fare liberamente quel che la gente vorrebbe essa stessa fare, ostacolando gli interventi della magistratura e delle forze dell’ordine. Il tutto si trasforma in consenso, che non appartiene alla marionetta, ma di chi ne tiene i fili che la tengono in movimento. Il che significa che, dopo un dato periodo di tempo, da novità divertente il politico-marionetta diviene noioso al pubblico. Finisce sotto processo per una delle tante vicende di mala gestione del potere e il consenso viene fatto convergere sullo spettacolo offerto da una nuova marionetta.

È la disperazione di un presente difficile, dominato dallo spettro della miseria che terrorizza parte della popolazione, e da quel costante senso di oppressione subita da parte dei manutengoli e dei cani da guardia del sistema, dalla mancanza di un lavoro onesto e non vessato, che sprofonda nella condizione di non riuscire a sfamare se stessi e i propri cari, che spinge queste stesse masse ad accogliere qualsiasi promessa, accodandosi al “carro del vincitore”. Talora i disperati finiscono per elemosinare persino nell’anticamera del comitato elettorale del “possibile vincitore”, favorito da quei pronostici creati e sponsorizzati dal circo mediatico, accettando di divenirne omertosi conniventi, sottoponendosi allo sfruttamento della propria condizione presente o futura di paria. Una condizione, bisogna ricordarlo, abilmente mantenuta dal sistema dominante in quanto da essa trae potere. 

Soddisfacendo le ambizioni di coloro dei quali sono per necessità divenuti sostenitori, fingendo di ritenerli i propri rappresentanti, una parte della massa questuante spera di ricevere in cambio almeno quelle briciole lasciate abilmente cadere dai ricchi piatti dei loro signori, attovagliati ai fastosi banchetti degli appalti pubblici con denaro preso a prestito dallo Stato italiano dall’Unione Europea. E qui bisogna ammettere che solo una nazione disperata da malattia in fase terminale può spingersi a effettuare un simile salto nel buio, in quanto non è ben chiaro cosa sia, realmente, quella istituzione, così come quali garanzie offra la sua banca (BCE), inquietante sede delle stampanti a ruota libera di banconote, ovvero  di titoli di credito il cui reale valore in molti non riescono a focalizzare su quali basi sia fondato. 

Siamo innanzi a una tanto grave quanto bizzarra situazione di manipolazione della realtà, dove le narrazioni dominanti sfruttano condizionamenti sociali profondamente radicati nella cultura siciliana. Un problema che dovrebbe essere considerato tra le prime emergenze sulle quali, sin ad oggi l’intera classe intellettuale europea non mostra di avere il coraggio di confrontarsi e di intervenire, purchè con la finalità d’iniziare un benefico cambiamento della società.

 

Il problema delle masse di elettori rese invisibili in quanto non votanti

A ogni appuntamento elettorale, la potente organizzazione del circo mediatico al servizio del sistema dominante si spertica nel tentativo di manipolare le coscienze di coloro che, nel corso delle precedenti occasioni, non si sono recati alle urne, ritenendo di non potere riporre alcuna fiducia nei partiti o movimenti e nei loro candidati. Ed è ormai altrettanto chiaro in quale misura essa puntualmente fallisca, nonostante gli sforzi contrari.

È come se, dopo avere tirato fuori tutti i vecchi trucchi dal cappello, gli sgherri del sistema non riescano a trovarne di nuovi né tantomeno soddisfacenti, e non vogliano prendere consapevolezza che vi è un limite di credibilità, che si abbassa con l’esperienza popolare, verso quanti promettano favori e soprattutto di mantenere l’impegno preso. Oggi quel limite è ormai calcolabile tramite le percentuali dell’astensionismo elettorale.

Il fenomeno è in costante espansione, al punto che quella che sino a pochi decenni orsono era descritta quale una trascurabile percentuale di individui asociali, oggi è ormai divenuta una preoccupante massa di individui. La sua percentuale, che oggi è maldestramente considerata indegna di essere rappresentativa di una contestazione politica, di potenza uguale e contraria a quella degli elettori che hanno praticato il diritto al voto.

Le cause dell’astensionismo sono molteplici. È innegabile che parte della popolazione non votante sia costituita da gente stanca di essere legalmente vampirizzata dal sistema dominante, ingannata da falsi difensori del popolo che elargiscono solo false promesse in cambio del loro voto, e che questo in realtà serve ai politici per ottenere un lauto vitalizio e la possibilità di arricchirsi arruolandosi in più o meno discutibili cordate lobbiste. Ma un’altra consistente parte dei non votanti è composta da coloro che con l’astensione esprimono pieno dissenso con l’incapacità di portare a termine programmi di governo e di rinunziare alle metodologie capziose, entrambi i problemi identificati quali endemici di tutti gli attuali partiti, al punto di renderne per antonomasia inaffidabili i loro candidati.

E così, gli sforzi dei media al servizio del potere dominante ottengono sempre minore effetto, con la conseguenza che, negli ultimi anni, sta inesorabilmente crescendo il numero degli astenuti al voto e di coloro che, pur recandosi a votare, rendono nulla la scheda elettorale. Classificabile quale una rivolta di massa da tempo prevedibile, essa ha lentamente conquistato la metà degli aventi diritto al voto quasi fosse un movimento silenzioso che parte dalla periferia e non ha capi, divenendo un pericolo nemico che il sistema dominante non può eliminare. E questo avviene malgrado sia stata abbassata l’età del diritto al voto, da 21 a 18 anni, ovvero a una età tendenzialmente influenzabile per mancanza di esperienza), e persino con l’avvento della massa dagli immigrati dai paesi del cosiddetto Terzo Mondo, ai quali è stata concessa la cittadinanza italiana, spesso aiutati da veri e propri apparati di partito che conta sui loro futuri voti di riconoscenza.

Da parecchi anni ormai è il “convitato di pietra” costituito dai non votanti che prevale in termini percentuali quelli raggiunti da ogni singolo partito di maggioranza governativa, e in certe regioni persino dall’insieme percentuale dei voti validi. A questo fatto non dovrebbero essere dedicati soltanto rari e non ben circostanziati dibattiti sui mezzi di comunicazione di massa, ma ampi e degnamente affrontati con analisi specialistiche del fenomeno, cercando di metterne in luce le cause.

Viceversa, sembra che nessuno abbia voluto dare peso al fatto che negli ultimi decenni quando si parla di percentuali, la specificazione “degli elettori” è stata sostituita con “dei votanti”, cosicché ormai non ci si fa più caso, come se per magia le loro quantità e qualità siano divenute coincidenti. Un esempio della potenza della manipolazione della sfera percettiva della realtà.

È possibile continuare a fornire i risultati delle votazioni calcolando solo i votanti, considerandoli come se fossero stati delegati dai non votanti a esprimerne il voto? Cerchiamo quindi di fare attenzione: il tanto sbandierato sessanta per cento dei voti raggiunto da certi candidati a sindaco o al Parlamento, è in realtà ormai rappresentativo di poco più del trenta per cento dell’elettorato: possono essere davvero ritenuti maggioranza, ovvero il frutto del volere popolare?  È una scelta onorabile quella di accettare di governare sostenuto da una forte minoranza di voti? Si ritiene saggio e privo di pericoli continuare a ignorare la principale causa dell’astensionismo elettorale, ultimo e unico modo rimasto alle masse per manifestare pacificamente il rifiuto di votare i partiti e i loro candidati selezionati a uso e consumo del sistema di potere dominante?  

 

Note

1) Villari P., 12 agosto 2022, La Tecnocrazia e il Sistema di Potere in Sicilia. Parte V: il festschrift, il “cerchio magico”, e la costruzione del mito dell’Intellighenzia tecnocratica, (in particolare nel capitolo “Il Festschrift della metodica distruzione del patrimonio bio- e geoarcheologico siciliano e il meccanismo tangentizio partitocratico”). In “The Reporter’s Corner” consultabile on line all’indirizzo:  

https://www.thereporterscorner.com/2022/08/la-tecnocrazia-e-il-sistema-di-potere.html

Villari P., 26 ottobre 2022, Lipari, anni 1980. Luigi Bernabò Brea e le offerte sacre del dio Eolo; la solitudine di Leonardo Sciascia nel Cinema Eolo. E altri aneddoti. (nei capitoli “Sciascia, isolato e umiliato in quanto “eretico” e “Un piatto servito freddo”, riferimenti bibliografici nelle note 15, 16 e 17). In “The Reporter’s Corner” consultabile on line all’indirizzo: 

https://www.thereporterscorner.com/2022/10/lipari-anni-1980-luigi-bernabo-brea-e.html

2) Villari P., 14 agosto 1993, Giuliana d’Olanda e Luciano di Gesso, in Centonove, p. 19

3) per meglio definire, il termine “Deep Event” un tempo ricorrente nei manuali dell’intelligence del Blocco Occidentale. Ne sono esempio la cosiddetta “Primavera Araba”, o le fasi preparative a quanto ha condotto alla guerra in Ucraina.

4) non posso esimermi dall’aggiungere che nei tre mesi trascorsi in quella cittadina in compagnia di due amiche olandesi, non udimmo un solo commento negativo su quella che con semplicità chiamavano “Juliana” o  “de buurvrouw“ (“la vicina di casa”), né tantomeno rimarcassero il fatto che “la casa accanto” fosse una maestosa dimora reale circondata da uno splendido parco. Negli anni successivi di quel decennio ormai lontano, quando ormai avevo preso residenza in un’altra regione dell’Olanda, mi stupii parecchio nel constatare che pressoché l’intera popolazione aveva lo stesso rispettoso contegno, e indubbiamente un profondo e sincero affetto verso quella ex regina in pensione e per la defunta madre che l’aveva preceduta sul trono d’Olanda.

Nell’ultimo quarto di secolo la mentalità degli Olandesi è profondamente cambiata e di quel periodo che ho avuto la fortuna di vivere, resteranno solo vecchie foto di un mondo perduto, scollegate da quell’umanità che lo animava.

5) Le Journal des Arts, n. 30, 1 novembre 1996, Forcing à la sicilienne au Japon. Procès rocambolesque à Palermo (Consultato il 7 novembre 2022).

https://lejournaldesarts.fr/actualites/forcing-la-sicilienne-au-japon-99947

  

 

Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

In questa sezione è presentata una selezione di pubblicazioni scientifiche di Pietro Villari (monografie, articoli editi da riviste speciali...