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La Regione Siciliana e gli interventi di "riqualificazione" con finanziamenti destinati allo sviluppo rurale: il surreale caso dell'area del Castello di Fiumedinisi. Parte Seconda


di Pietro Villari, archeologo e naturalista - 31 Marzo 2024

Ultime modifiche: 27 Maggio 2024, 19:14


Fig. 1 – il versante esposto a meridione della sommità del Monte Belvedere di Fiumedinisi (Foto: Pietro Villari. Tutti i diritti riservati, anche nella qualità di Autore del presente articolo). Si noti il percorso longitudinale del profondo crepaccio, recentemente accompagnato da una serie ad esso parallela di stretti crepacci, fessurazioni e piccole voragini. Queste ultime possono essere pericolose in quanto, pur misurando inizialmente un diametro compreso dai dieci a venti centimetri, rappresentano delle trappole pericolosi che nascondono la presenza dei sottostanti crepacci agli stadi di formazione iniziale. Dapprima il terreno compatto li nasconde alla vista, ma una volta verificatesi il cedimento la piccola buca risultante inizia ad allargarsi velocemente per effetto degli agenti atmosferici e generalmente inghiottito nelle profondità del crepaccio lasciandone scoperti i margini beanti. La velocità alla quale questi fenomeni si stanno manifestando negli ultimi venti anni e la vicinanza al precipizio sull’alta valle dell’Allume rappresentano un campanello di allarme da non sottovalutare per la tutela della pubblica incolumità.


Fig. 2 – Castello Belvedere, Fiumedinisi, 2024 (Foto: Pietro Villari, Gennaio 2024. Tutti i diritti riservati, anche nella qualità di Autore del presente articolo). La foto evidenzia l’effetto delle attività svolte con l’ausilio di pesanti macchinari motorizzati (escavatori, ruspe, punte da disgaggio) che, generando una combinazione di onde d’urto, hanno provocato profonde e gravi lesioni ad andamento obliquo. Tipico risultato di queste sollecitazioni, esse sono comparabili a quelle causate da terremoti di forte intensità, quando prolungandosi oltre il minuto, iniziano a determinare progressivamente lesioni e crolli per avere superato il limite di resistenza, ovvero di coesione proprio di qualsiasi opera muraria. Ad esempio, il terremoto notturno avvenuto a Messina nel 1970, che fu caratterizzato da 48 secondi di onde d’urto sia ondulatorie che sussultorie, se fosse durato alcune decine di secondi in più, gran parte dei palazzi del centro cittadino sarebbe stata interessata da gravi lesioni e crolli che avrebbero certamente causato un gran numero di vittime. 

 

La vicenda in breve

Le problematiche concernenti l’instabilità strutturale dell’area sommitale del Monte Belvedere, che ho avuto modo di osservare per oltre mezzo secolo, sono state qui descritte senza seguire i canoni della terminologia e dell’esposizione presenti negli studi specialistici propri delle scienze naturali, ma in modo sommario e selettivo per essere comprese da una più vasta platea.

Ciò premesso, è opportuno tenere presente che:

1) le condizioni nelle quali l’area versa attualmente, sono la conseguenza della grave instabilità del sostrato roccioso. La possibilità di ulteriori movimenti franosi, aperture di voragini e crolli di opere murarie di età medievale d’interesse monumentale, di ben più grave entità e pericolosità di quelle avvenute sin dallo scorso secolo, è un evento prevedibile con certezza e in alcun modo contrastabile con mezzi e metodologie attuali. Conosciamo quindi il motivo e il modo in cui avverrà, ma non esattamente quando. L’imprevedibilità è determinata dalla presenza di diverse incognite, al punto potere solo ipotizzare un arco temporale quello che si prospetta quale un evento molto pericoloso, che potrebbe verificarsi tra oggi e parecchie decine di anni;

2) recentemente vi è stato un aggravamento della situazione nell’area occupata dal Castello, testimoniato da una tipica fenomenologia da considerare un prezioso campanello d’allarme: apertura di voragini, allargamento di crepacci, sprofondamenti a conca del terreni e altri, tutti imputabili alla grave instabilità del costone roccioso. Essi preannunciano un ulteriore passo verso il parziale crollo strutturale e conseguente movimento franoso che interesserà la porzione delimitata dal precipizio sulla valle alta del torrente Allume;

3) questa situazione attuale è stata di fatto peggiorata dai recenti interventi di “riqualificazione”, condotti nel 2023 con l’uso di mezzi motorizzati sia da sterro che da disgaggio di massi nel costone detto Rocca Perciata, monumento di grande interesse naturalistico, paesaggistico e culturale. Le recenti attività, incredibilmente, sono avvenute alterando irrimediabilmente l’originaria conformazione del luogo, che alcuni ritrovamenti da me effettuati e pubblicati oltre quarant’anni fa, avevano permesso di ipotizzare quale sede di culto in età preistorica (1). Una serie di attività quindi spacciate quali riqualificanti ai fini dello sviluppo rurale, che in base alla vigente normativa di legge non soltanto non poteva e non doveva essere autorizzata, ma nemmeno progettata per manifesta mancanza di una serie di requisiti. Il risultato, disastroso, può essere considerato il sequel di quanto avvenuto nel corso degli sbancamenti e altri interventi deturpanti e distruttivi operati nell’area negli anni 2005-2006. 

4) gli anni delle “riqualificazioni” svolte nell’area sommitale del Monte Belvedere di Fiumedinisi, comprendenti il Castello (corpo centrale e prima cinta muraria) e la Rocca Perciata, corrispondono a due periodi in cui il territorio comunale è stato amministrato in qualità di sindaco da due personaggi appartenenti allo stesso schieramento politico locale. Dapprima, dal 27 maggio 2003 all’1 luglio 2011, da Roberto Cateno De Luca; e, dal 12 giugno 2017 ad oggi, da Giovanni Sebastiano De Luca (2).

Ribadito quindi quanto espresso al proposito nell’articolo edito in questo blog il 29.02.2024 (3), risulta allo stato attuale evidente che, al fine di tutelare la pubblica incolumità, l’area attualmente non presenta garanzie usufruibili sia per svolgere attività scientifiche con personale in sito e, tantomeno, per le finalità turistiche di valorizzazione dei luoghi interessati dalle riscontrate fenomenologie. Senza alcun dubbio, considerata la pluridecennale mancanza di adeguati controlli da parte degli Istituzioni della Regione Siciliana preposte alla tutela e salvaguardia del territorio, e dei beni ambientali e culturali, non resta che attendere l’intervento della magistratura e degli organismi di controllo dell’Unione Europea. Un epilogo da considerare un atto dovuto per valutare la situazione nei suoi vari aspetti di eventuale interesse criminologico.

Desidero al proposito ricordare che le opere di riqualificazione in corso dal 2023, sono state finanziate con i denari pubblici provenienti dall’attivazione della sottomisura 7.5 “Sostegno ad investimenti di fruizione pubblica in infrastrutture ricreative, informazioni turistiche e infrastrutture turistiche su piccola scala” da parte del GAL (Gruppo di Azione Locale) “Taormina Peloritani Terre dei Miti e della Bellezza” nell’ambito di una più ampia strategia del “Programma di Sviluppo Rurale Sicilia 2014-2020”. Questo impegno regionale avrebbe certamente meritato maggiori attenzioni dagli organismi di controllo regionali e nazionali, in quanto si tratta di somme provenienti da un imponente prestito concesso all’Italia dall’Unione Europea che, in un futuro già apparso all’orizzonte, le casse statali dovranno iniziare a restituire con i dovuti interessi, in una lunga serie di scomodissime rate. Queste costituiranno un ulteriore peso per la già disastrata situazione finanziaria nazionale, che non dovrebbe permettersi di continuare a sostenere spese di dubbia necessità, soprattutto quando conducono anche a distruzioni del suo patrimonio di beni culturali e ambientali.

 

Figg. 3 e 4 – Area sommitale del Monte Belvedere di Fiumedinisi, 2024 (Foto dell’Autore, 2024. Tutti i diritti riservati). L’attuale aspetto dopo i primi interventi di disgaggio del costone di calcare mesozoico di Rocca Perciata. 

Si noti come questa porzione sia fiancheggiata o utilizzata quale base del percorso turistico, e come esso sia stato transennato e lastricato in pietrame e cemento prima di completare quelle che si ritenevano fattibili operazioni di messa in sicurezza rimuovendo i massi pericolanti.  

La foto permette anche di constare lo stato di fratturazione del costone, i massi pericolanti sul percorso lastricato, e parte di quelli oggetto di disgaggio ancora in attesa di essere trasportati in altra sede. È anche visibile la sezione di terreno basale quale risultato della recente escavazione che certamente non migliora l’instabilità dei massi soprastanti, in attesa di quello che non potrà essere dichiarato un cedimento franoso naturale che, tra l’altro, renderà inagibile anche il sentiero restaurato. Un’ulteriore fatto aggravante la situazione di stabilità è determinato dal fatto che questo sentiero è stato recentemente usato da piccoli automezzi da scavo o trasporto di materiali nonostante il loro peso e capacità di generare potenti vibrazioni nocive alla tenuta del sostrato.  

 

Quel che resta di un enorme lastrone roccioso in movimento da parecchie decine di milioni di anni

Il complesso Monte Belvedere – Pianura Chiusa è, in linea generale, costituito dagli imponenti resti di un lastrone di calcare cristallino dello spessore massimo di alcune decine di metri, poggiante su rocce metamorfiche di origine argillosa (filladiche). Modificate a grande profondità della superficie terrestre quale effetto di alte pressioni e temperature, riemersero nell’ambito di fenomenologie proprie della fratturazione e sovrapposizione di porzioni profonde della crosta terrestre.

Nella fattispecie, soggette a sollecitazioni di corrugamento (epi-orogenesi), parti profonde e molto antiche della crosta terrestre vengono spinte verso l’alto, formando catene montuose e allo stesso tempo a migrare ai lati delle faglie, sovrapponendosi su altre con modalità particolarmente attive in quest’area della catena montuosa peloritana.

In tempi geologici relativamente più recenti, a causa delle capacità plastiche di adattamento delle rocce metamorfiche di origine argillosa, la morfologia sinuosa da queste raggiunta è risultata non compatibile con quella del soprastante lastrone di calcare cristallino. Essendo questo strutturalmente rigido e adagiato sulla base filladica, nonché sottoposto anche allo slittamento dovuto all’effetto gravitazionale, per adattarsi alla morfologia del sostrato il lastrone si è fratturato in grandi blocchi, proseguendo in lento movimento in direzione sud-ovest, ovvero scorrendo lungo il pendio di una digitazione collinare verso la linea di costa ionica.

Se fosse possibile visualizzare il fenomeno in modalità timelapse, potremmo constatare come sin dal suo posizionamento sulla dorsale peloritana, il lastrone calcareo del Monte Belvedere-Pianura Chiusa di Fiumedinisi ha percorso parecchia strada verso la costa e che durante questo viaggio ha perso gran parte delle sue originarie dimensioni. In particolare le porzioni periferiche, precipitate lungo i pendii delle valli escavate negli affioramenti di filladi e scisti, e nei potenti depositi alluvionali costieri dove si ha una maggiore velocità di erosione e dilavamento. 

Soggetti a questi fenomeni, anche negli ultimi cinquant’anni i blocchi del lastrone di Monte Belvedere hanno continuato a mostrare il verificarsi di nuove fratture da tensione, determinate dall’effetto gravitazionale di slittamento sui fianchi laterali del Monte, destinando i blocchi marginali a franare lungo i pendii delle due opposte vallate degli alvei torrentizi dell’Allume e del Fiumedinisi. 

Le profonde e ampie forre formatesi in senso longitudinale nell’arco di parecchie decine di migliaia di anni, costituiscono uno stadio avanzato di un processo che originato dalle fratture, che progressivamente si evolvono in crepacci sempre più ampi e infine in forre che allontanando sempre più l’una dall’altra le due metà del blocco originario li destinano alla caduta all’interno delle valli.

I crepacci talora permettono l’accesso a antiche cavità sotterranee il cui contenuto è rimasto più o meno suggellato per decine o centinaia di migliaia di anni. Essendo il calcare cristallino costituito in massima parte da carbonato di calcio, sono soggette alle capacità solventi delle acque acidule che filtrano dallo strato terroso di superficie e attraversano le fratture della roccia, ingrandendole, trovando le vie per raggiungere la base del lastrone calcareo.

Qui incontrano una serie di alternanze di strati, facilmente permeabili, formati sia dalla frizione tra le rocce metamorfiche e i blocchi calcarei e sia dai materiali rocciosi di varia grandezza e composizione che gli acidi non hanno potuto dissolvere. Si tratta quindi di strati costituiti da detriti rocciosi, sabbie, sabbie argillose e argille sabbiose, generalmente dello spessore di non oltre alcuni metri. Questi strati sono facilmente rimossi laddove si incanalano le acque sotterranee le quali, scorrendo per effetto della gravità sopra le rocce metamorfiche molto meno permeabili, riescono a rimuovere lentamente nel tempo e trascinare nel loro viaggio a valle grandi quantità di materiali. Ciò partecipa a rendere maggiormente instabili i blocchi calcarei soprastanti e, se posti lungo il precipizio vallivo, al loro crollo franoso. 

Adeguandosi alla morfologia delle sottostanti rocce metamorfiche, il versante meridionale del Monte Belvedere ha assunto una caratteristica conformazione a scalinata che sin dalla vetta è attraversata longitudinalmente da forre di varia ampiezza e crepacci, mantenendo la direzione nord-est/sud-ovest, ovvero quella del suo “cammino” per effetto gravitazionale verso la costa ionica. Nella porzione finale della scalinata il lastrone è attualmente adagiato su un ampio terrazzo marino di formazione pliocenica che costituisce la Pianura Chiusa. 

Fig. 5 –  Area sommitale del Monte Belvedere di Fiumedinisi, 2024 (Foto dell’Autore, 2024. Tutti i diritti riservati). Rocca Perciata, particolare di una delle parti lesionate e pericolanti del monumento naturale. Si tratta della “cornice”, con tutta probabilità originariamente sbozzata in età preistorica per le esigenze di un culto, legato anche a conoscenze astronomiche, diffuso in Sicilia nel corso del III e della prima metà del II millennio a.C

Si tratta di uno dei monumenti in grave stato di instabilità, ove la possibilità di un crollo parziale o totale rappresenta un pericolo incombente per la pubblica incolumità, in primis gli operai attualmente al lavoro, e quanti si troveranno a transitare lungo il percorso che collega il Piazzale del Cemento al Castello, o lungo le balze del pendio sottostante, sul lato occidentale della  vallata del torrente Fiumedinisi. 

Sito al margine della porzione a monte del piazzale, quel che resta del riparo appare ormai quale un insignificante spuntone di roccia escavato alla base da mezzi meccanici. Gravemente lesionato in modo da risultare un pericolo per quanti in caso di crollo si potrebbero trovare nel campo di caduta e rotolamento, sia  lungo il breve pendio, e sia entro il perimetro del piazzale. L’opera lascia perplessi in quanto, assieme ad altre emergenze provocate in quest’area, sembra un prequel perfetto  per invocare ulteriori finanziamenti necessari al completamento della “riqualificazione”, al fine di smantellare quella che è artificialmente divenuta un’ancor più pericolosa zona di caduta massi. Si trattava di uno dei più importanti monumento d’interesse naturale e culturale della Sicilia nordorientale, protetto dalle vigenti leggi in materia… 

 

La problematica geologica: l’instabilità strutturale dei luoghi

Oltre alla fondamentale importanza di mantenere l’integrità monumentale del sito in relazione alle sue particolarità naturalistiche e culturali, uno dei motivi che avrebbero dovuto impedire che il progetto fosse approvato dalle Istituzioni regionali preposte alla tutela, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio della Regione Siciliana, consiste nella grave instabilità strutturale del costone costituente la porzione sommitale del Monte Belvedere, quale area interessata dagli interventi proposti dal progetto di riqualificazione.

Ne ricordo un esempio eclatante avvenuto nel corso degli anni 1980, all’epoca censurato dai media in quanto coinvolgeva i vertici dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (ENEL) e il costosissimo piano di diffusione dell’energia elettrica nelle aree rurali nell’Italia Centro-Meridionale e nelle Isole. Esso prevedeva anche la realizzazione di elettrodotti, costituiti da tralicci metallici da supporto per i festoni di cavi elettrici. Uno di questi piloni avrebbe dovuto essere eretto in un luogo scelto (chissà da quale burocrate probabilmente apponendo una croce sulla tavoletta dell’IGM, l’Istituto Geografico Militare) ignorando o infischiandosene della presenza di beni culturali e loro eventuali devastazioni, o della problematica paesaggistica, in quanto non segnalati dalla carta geografica e dall’elenco fornito dalla Soprintendenza.

Il luogo scelto per l’escavazione in profondità al fine di costituire la base in cemento su cui erigere il traliccio, era posto un centinaio di metri innanzi all’entrata principale del Castello, a pochi metri di distanza dall’area abitativa databile agli inizi dell’età del Bronzo e oggi a causa di crolli posto presso il precipizio occidentale. Una follia alla quale la Soprintendenza non volle opporsi, nonostante si trattasse di un’importante area archeologicamente nota a livello specialistico, essendo stata da me scoperta e pubblicata e i reperti che vi avevo rinvenuti erano a quel tempo esposti nell’Antiquarium di Naxos (4). Ero ancora un giovane specializzando in archeologia preistorica e non riuscii a impedire che si iniziassero le operazioni di scavo per saggiare il sostrato con l’uso di una escavatrice.

Venne quindi eseguito una scasso dell’ampiezza di alcuni metri quadri, sino a raggiungere il sostrato roccioso alla profondità di circa un metro e mezzo, che permise di constatare la presenza di un profondo crepaccio della larghezza di circa quaranta centimetri che convinse i progettisti a cambiare il tracciato dell’elettrodotto. Lo scavo aveva rivelato la presenza di un notevole accumulo di frammenti di tegole a unghia di età tardomedievale, che indicavano come nell’area fossero presenti ambienti abitativi eretti lungo la seconda cinta murari del Castello. Oggi la larghezza del crepaccio è raddoppiata, ed ha proseguito il suo percorso fiancheggiando il precipizio sulla valle dell’Allume, divenuto visibile per decine di metri anche a causa di voragini apertesi nel corso degli ultimi due decenni.

Il dato di maggiore preoccupazione è la scomparsa del sentiero che sino a mezzo secolo addietro, da questo luogo permetteva di scendere lungo il pendio di contrada San Martino e di raggiungere in circa mezzora di cammino la fonte dell’Acqua della Pietra sita nell’alto corso dell’Allume. Negli ultimi decenni esso è stato velocemente dilavato dalle acque anche a causa della scomparsa dei resti dell’antico querceto, distrutto da un violento incendio estivo che si espanse al bosco di castagni siti nel pendio opposto della vallata. Questi eventi sono stati accompagnati dal veloce abbassamento dovuto a erosione del pendio di detriti, calcolabile in almeno una decina di metri in circa venticinque anni, che è giunto ad aggravare la stabilità di parte del soprastante costone roccioso sommitale del Monte, costituente il fronte del precipizio contenente anche parte del Castello.

L’insieme delle osservazioni operate in oltre mezzo secolo di ricerche esplorative costituisce un prezioso patrimonio di informazioni. Ed è su queste conoscenze dei luoghi che bisogna inquadrare la constatazione che, nel corso dell’ultimo anno, l’utilizzo di macchinari da disgaggio e escavatori nell’area sommitale del Monte Belvedere, anziché eliminare i pericoli come si prefissavano gli incauti progettisti, ha pesantemente aggravato la condizione d’instabilità del costone roccioso, già gravemente fratturato o lesionato dai lavori effettuati negli anni 2005-2006 e dall’intensificarsi di fenomeni naturali d’interesse geologico.

Oltre a sorreggersi ormai appoggiandosi l’uno all’altro, i massi pericolanti sono soggetti a un insieme di sollecitazioni meccaniche di origine “naturale” derivate da fenomeni quali l’intensa attività epi-orogenetica siculo-calabra, ben nota agli studiosi di geofisica, le quotidiane scosse sismiche di assestamento, la pressione da slittamento per effetto gravitazionale, l’azione erosiva degli agenti atmosferici e l’azione di escavazione sotterranea operata da acque correnti sui terreni sottostanti. Aggiungendo a questa situazione di equilibrio precario in progressivo peggioramento, anche l’energia generata da potenti pressioni e vibrazioni, causate dall’attività di macchinari pesanti sul sostrato in pendenza e fratturato, dal martellamento con le possenti punte d’acciaio adoperate per le operazioni di disgaggio e dalle pale di escavatrici alla base friabile sottostante al costone roccioso, che si tramutano in onde d’urto caratterizzate da sollecitazioni sussultorie e ondulatorie.

I danni e i pericoli risultanti da questa azione di alterazione dell’equilibrio strutturale del sito, iniziata con i lavori svolti negli anni 2005 e 2006, sono stati di fatto ignorati dai progettisti del nuovo intervento 2023-2024, che anzi li hanno ribaditi “riqualificanti” e necessari, come d'altronde hanno per la seconda volta dichiarato i dirigenti della regione siciliana, rilasciando i nullaosta. Il risultato odierno è una maggiore instabilità dei luoghi, essendo stata tra l’altro assottigliato parte del costone e ridotto in condizione d'imminente pericolo di crolli di massi e movimenti franosi a danno di chi eventualmente percorre il sentiero in direzione del Castello. Agli stessi pericoli sono altresì esposti non soltanto chi coltiva e/o risiede nelle due vallate sottostanti, ma anche gli stessi operai addetti ai lavori e ai macchinari della ditta incaricata dei lavori di “riqualificazione”.

In questa nuova fase “riqualificante” si è ripetuto anche il coinvolgimento della stabilità dei ruderi delle opere murarie del Castello, edificato sulla sommità del costone roccioso del Monte Belvedere probabilmente nel corso degli ultimi decenni del XII secolo. Nel corso del XIII secolo fu riservato a diretta proprietà degli Hohenstaufen, la dinastia regnante sveva. 

Già negli anni 2005-2006 si erano registrati danni causati dall’utilizzo di una piccola escavatrice all’interno del Castello, il cui uso questa volta ha condotto a generare sollecitazioni sussultorie di lunga durata che, nelle opere murarie hanno concorso a determinare l’aggravamento di lesioni preesistenti e nuovi crolli di parte di un muro perimetrali del mastio. Ne è esempio una frattura beante successiva al restauro operato nel 2005, condotto con controverse integrazioni in pietra locale, talora anche fantasiose, iniezioni di prodotti indurenti e cemento con modalità d’impiego i cui risultati sono oggi visibili. Nonostante le pesanti critiche operate da specialisti del settore, i dirigenti responsabili dell’allora Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina non hanno mai fornito chiarimenti sull’inopportuno “lifting” delle opere murarie spinto sino a impedire lo studio del palinsesto dei restauri, ristrutturazioni e riedificazioni operate nel corso del medioevo (Fig. 2). 

Fig. 6 –  Area sommitale del Monte Belvedere di Fiumedinisi, 2024 (Foto dell’Autore, 2024. Tutti i diritti riservati). Particolare degli ultimi resti, lesionati e in pericolo di crollo, testimoni della presenza di un antico riparo sotto roccia sito a pochi metri dalla “cornice” (nota 5) della Rocca Perciata. Nella porzione basale esso conserva una rara evidenza d’interesse geologico, uno specchio di faglia, causato dalla frizione da scivolamento del lastrone di calcare cristallino sui terreni metamorfici filladici sui quali poggia.

A sua volta, come non di rado avviene, il riparo potrebbe rappresentare i resti di una grotta in gran parte crollata nel corso del Pleistocene e quindi dotato di maggiore estensione aggettante di quella ancora visibile negli anni 1970. Essendo stati erosi gli strati corrispondenti al Pleistocene Superiore e all’Olocene, non sappiamo se il riparo fosse stato utilizzato nel corso della preistoria. Di conseguenza non conosciamo quale fosse la sua relazione d’uso con la presenza di una grande lente di ceneri e carboni sita attualmente in una sezione stratigrafica innanzi ad esso (ovvero anticamente forse posta all’interno del riparo). Lo stesso dicasi per il ripostiglio contenente frammenti ceramici databili nel corso dell’Eneolitico Finale e della successiva Antica età del Bronzo. Quest’ultimo è oggi posto al lato occidentale, distante solo alcuni metri dall’arco della Rocca Perciata. Purtroppo, il deposito della lente contenente i resti organici d’interesse paleobotanico è stato in parte ruspato nel corso dei lavori di escavazione, definiti di “riqualificazione”, condotti sia negli anni 2005-2006 che nel 2023-2024, per creare quel che è denominabile Piazzale del Cemento (nota 6).

 

I pericoli per la pubblica incolumità 

Le evidenze di una crescente instabilità dell’area, impongono studi geologici e prospezioni geofisiche approfondite, atte anche a prevedere l’evolversi del livello di pericolo oggi rappresentato per la pubblica incolumità. Al fine di comprendere pienamente il fenomeno, tali studi dovrebbero tenere in debita considerazione anche le osservazioni costantemente effettuate negli ultimi cinquant’anni. 

Il problema si sta manifestando in tutta la sua gravità e deve quindi essere affrontato con la massima celerità, tenendo presente che intervenire con restauri ambientali è ormai inutile in quanto non in grado di fermare i crolli e sarebbe un ulteriore costoso spreco di denaro pubblico. Un’enorme spesa nella speranza di ritardarli, sarebbe come scommettere alla roulette russa e al contempo arrecare ulteriori gravi deturpazioni all’originario aspetto dei luoghi.

L’area al cui centro sorge il Castello è in una situazione di sicurezza cronicamente precaria, con parti rese recentemente pericolanti, al punto che i responsabili delle Istituzioni preposte alla tutela della pubblica sicurezza dovrebbero intervenire per vietarne qualsiasi utilizzo. Necessita quindi emettere un divieto d’accesso all’area, compresa quella occupata dal Castello e immediatamente circostante, includendo la momentanea sospensione di ogni eventuale diritto di passaggio da parte di proprietari confinanti.  

Per quanto concerne un eventuale progetto d’imbrigliamento dell’intero costone roccioso nel quale si apre la Rocca Perciata (Figg. 3, 4, 5 e 6) o interventi di consolidamento, essi comporterebbero costi ingenti e risultati in ogni caso deturpanti, al solo fine di posticipare i crolli dovuti all’instabilità dei terreni. Anzi, i Comuni dei terreni interessati da queste problematiche (Fiumedinisi e Roccalumera) avrebbero dovuto già da tempo emettere provvedimenti a tutela della pubblica salvaguardia.

Nell'attuale situazione si rendono ormai necessarie in quanto precauzionali, le emissioni di provvedimenti di tutela, bloccando ogni licenza eventualmente rilasciata o sanatorie di illeciti edili, pertinenti ad abitazioni e strade di penetrazione rurale se posizionate lungo i pendii delle due vallate dei torrenti Allume e Fiumedinisi, quando valutate sulla traiettoria raggiungibile dalla caduta e rotolamento dei massi del costone. I tentativi di restauro ambientale, ai fini della salvaguardia del monumento naturale, sono, anche nel caso dei costoni pericolanti, ormai divenuti di nessuna efficacia per le motivazioni già espresse per l’area del Castello. Inoltre, vi sono aree, terreni agrari, posti lungo gli alvei del torrente Allume, ovvero in fondo agli erti pendii con pendenze di circa 45 gradi, che sono senza alcun dubbio potenzialmente esposti al verificarsi di improvvisi crolli e inevitabile rotolamento a valle di massi di enormi dimensioni con conseguenze potenzialmente disastrose. 

Una Spada di Damocle pendente sulla popolazione che già da parecchi anni avrebbe dovuto essere informata della situazione di pericolo chiaro e reale. Altro che propaganda politica e inopportuni finanziamenti per lo svolgimento di un pastone di attività turistiche, agricole o di allevamento, o eventuali deganerazioni con progetti di camping con bungalow e villette a spalliera servite da ampie strade asfaltate.

L’eventuale rimozione del costone roccioso è un’opera da tenere in considerazione solo dopo accurati studi e realistiche valutazioni di fattibilità, considerando sia la compromissione dell'aspetto monumentale sia ambientale che culturale e sia il non trascurabile aspetto economico. Tenendo anche presente che l'alterazione di equilibri dinamici propri della morfologia del paesaggio, non di rado comporta l'instaurarsi di ulteriori fenomeni naturali, in grado di determinare quelle situazioni paradossali e disastrose ormai definibili “alla Siciliana”. 

 

Per una immediata interdizione d’accesso alla sommità del Monte Belvedere di Fiumedinisi

Considerato lo stato attuale dei luoghi, al fine di evitare il verificarsi di possibili disgrazie, sarebbe opportuno che le Istituzioni preposte alla tutela e salvaguardia della salute pubblica intervenissero al più presto nella vicenda con l’emissione di provvedimenti cautelari, quali il fermo dei lavori attualmente in corso e l’interdizione di accesso alla sommità del Monte Belvedere. Di conseguenza, dovrebbe essere disposto uno studio specialistico interdisciplinare dei luoghi, fermo restando il divieto di continuare i lavori in corso o di iniziarne di nuovi sino alla formalizzazione delle perizie tecniche e delle indagini su eventuali responsabilità di danni al patrimonioculturale e ambientale regionale e all'Erario, emerse sulla base dei dati forniti dagli studi interdisciplinari e dalle indagini eventualmente svolte dalla magistratura.

Bisogna che sia ben chiaro sia ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni preposte per competenza territoriale e nondimeno, anche alla cittadinanza che, nel comprensorio costituito dalla contrada Pianura Chiusa - Monte Belvedere, qualsiasi lavoro che preveda l’alterazione dei luoghi quali l’apertura di strade, lo sbancamento e distruzione di opere murarie a secco poste a protezione del dilavamento dei terreni, l’apertura di strade, i restauri o la conduzione di scavi archeologici in determinate aree archeologico, gli sbancamenti di aree d’interesse paleontologico, il taglio o la piantumazione di alberi non potrà essere eseguito senza seguire un protocollo di protezione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali presenti in questo territorio. 

Un protocollo che a tutt’oggi, a distanza di oltre quarant’anni dalla pubblicazione delle scoperte archeologiche, gli Assessorati preposti non hanno svolto alcun valido lavoro di mappatura dell’area e il riconoscimento di area di notevole interesse archeologico preistorico, storico-monumentale, naturalistico e paesaggistico.

Essendo l'importanza delle scoperte già da molto tempo note, e constatabili in base ai reperti archeologici sin dall'Aprile 1979 nell'Antiquarium di Naxos, l’amministrazione comunale, avrebbe già dovuto attenersi a operare nei limiti delle proprie responsabilità, ferma restando le attività di controllo, tutela e salvaguardia delle cose e delle persone presenti nel suo territorio. È inoltre inammissibile che la pubblica incolumità sia messa in pericolo o che si continuino a operare attività definite di “riqualificazione”, o di “restauro monumentale”, o di “scavo archeologico” programmate e realizzate in modo da comportare, assieme a gravi danni distruttivi e deturpanti inflitti ai beni culturali e ambientali, anche ingenti spese ben poco utili alle già disastrate casse della Regione Siciliane o Statali.

Allo stesso modo, nella vicenda di Fiumedinisi qui esposta è deprimente quanto inquietante il dover constatare quella che qui appare una profonda incapacità degli Assessorati della Regione Siciliana, di potere controllare tutti gli aspetti della gestione di questi suoi beni. Un fatto eclatante considerata la crescita ipertrofica di personale assunto e distribuito in una fitta rete di uffici tecno-burocratici. Si pensi che oggi a differenza di due anni fa, con il Decreto Presidenziale del 5 Aprile 2022 n. 9, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 1 giugno 2022, nella vicenda della quale mi occupo, nel corso degli anni gli Assessorati coinvolti sono passati da uno a tre. 

Difatti. oggi annoveriamo l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, nella fattispecie il Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e i suoi Istituti periferici, tra i quali le Soprintendenze; l’Assessorato dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca mediterranea; l’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente, sui quali torneremo a scrivere nei prossimi articoli dedicati a questa vicenda.

Un dato fondamentale per l’esecuzione di opere nel comprensorio di contrada Pianura Chiusa – Monte Belvedere di Fiumedinisi è la mappatura delle aree di rinvenimento di beni archeologici, la cui esecuzione è stata eseguita nel corso degli anni 2008-2009 in base a un approccio dottrinale, metodologie e selezione di personale a dir poco inadeguate, al punto che questa evidenza avrebbe dovuto costituire un ulteriore motivo per richiamare l’attenzione della magistratura sull’intero contesto amministrativo.

Anche in questo caso si tratta di denari pubblici che, in base a quanto si legge sul curriculum vitae di uno dei controversi incaricati, furono in parte elargiti anche dall’Unione Europea. Il fatto grave è che il personale beneficiato dalle somme era privo di una solida conoscenza dell’area e persino di precedenti esperienze di survey archeologica. Di conseguenza i risultati in possesso del Comune di Fiumedinisi e della Soprintendenza di Messina possiedono notevoli lacune e quindi, come prevedibile sin dalla sua stesura, una validità inappropriata e tecnicamente da considerare inficiante per successivi emissioni di atti amministrativi. 

D'altronde, la ricerca archeologica siciliana è zeppa di vicende surreali, che nascono da situazioni di stampo lobbistico, politico, economico, persino di equivoca mondanità e connivenze le più squallide, sulle quali nessuno degli “addetti ai lavori” d’investigazione ha il coraggio di intervenire, appartenendo queste vicende a quel fetentissimo pentolone regionale che contiene abusi di poteri e personaggi resi impunibili.

Oltre alla istituzione della carta archeologica comunale particolareggiata, necessita anche quella geologica frutto di un’approfondita perizia specialistica, corroborata di accurate prospezioni geofisiche eseguite coprendo, quantomeno quelle aree che presentano emergenze quali quella sommitale del Monte Belvedere. Esse dovrebbero essere svolte con le attrezzature scientifiche di ultima generazione (quindi anche aeree), atte a rivelare il reale stato del sostrato roccioso, attraverso la mappatura tridimensionale dei crepacci che attraversano il Castello, della consistenza delle cavità presenti in profondità, la mappatura dei crepacci, l’individuazione dei pericoli di crollo e lo stato di erosione dei terreni, inclusi anche quelli sottostanti alla formazione geologica di calcare cristallino. Queste ricerche andrebbero ripetute almeno ogni cinque anni, in quanto le osservazioni svolte negli ultimi decenni rivelano gravi stadi di accelerazione dei fenomeni concernenti l’instabilità dei luoghi, presso i precipizi ai margini dell’originario lastrone calcareo.

 

Conclusioni

Avendo per oltre mezzo secolo osservato l’evoluzione dei fenomeni geologici presenti in quest’area, dei quali oltre quarant’anni nelle qualità legate ai miei studi specialistici nella qualità di naturalista e archeologico, posso testimoniare l’acceleramento, avvenuto in modo progressivo non costante, è stato particolarmente percepibile slittamento e abbassamento del blocco roccioso sul quale è anche presente la porzione occidentale del Castello posta presso il precipizio sull’alta valle del torrente Allume. Negli ultimi trentacinque anni questa attività ha compreso anche un ulteriore allargamento e un notevole approfondimento del crepaccio che percorre longitudinalmente il monumento sino a oltre la terza cinta muraria, per un totale di oltre centocinquanta metri in direzione sud-ovest, nonché tipiche piccole conche da sprofondamento e voragini apertesi anche all’interno della seconda cinta muraria quali ulteriori crepacci da tensione che corrono lateralmente al principale. 

Le due “riqualificazioni” operate negli ultimi vent’anni all’interno del Castello hanno tentato di mascherare il problema, coprendo il crepaccio con l’apposizione di terreno escavato in altre aree della struttura, utilizzando piccoli macchinari motorizzati, con il risultato di aggravare la situazione, come meglio specificato nei capitoli precedenti.

L’insieme di queste osservazioni, sommato a quanto provocato recentemente per una singolare abbondanza di trascuratezze, incapacità e ignoranza del fenomeno da parte dell’autoreferente classe dirigenziale regionale, è da considerare tristemente foriero di eventi. La progressiva accelerazione  dello slittamento di questa porzione del costone roccioso, non ha alcuna possibilità di essere evitata ed è quindi destinata a culminare in un improvviso collasso franoso.

Quel che preoccupa maggiormente è che questo movimento coinvolge anche un imponente blocco monolitico di calcare cristallino della lunghezza e larghezza di alcune decine di metri ormai isolato da profondi crepacci recentemente in veloce divaricazione e quindi destinato a rovinare a valle con conseguenze che potrebbero essere catastrofiche per le contrade Martino, Acqua Rossa e il margine settentrionale di Budicari. Purtroppo, un tale evento potrebbe al contempo o nel breve tempo essere seguito dal crollo di altri blocchi adiacenti, sui quali insistono i resti della necropoli Mamertina già abbondantemente saccheggiata negli ultimi decenni (7), l’area abitativa dell’Antica età del Bronzo (8) la porzione occidentale del Castello. 

Soggetta alle sollecitazioni generate dalla liberazione di energia (onde d’urto sussultorie e ondulatorie) dall’evento, anche la già critica instabilità dell’intero costone della Rocca Perciata potrebbe contemporaneamente franare, in quanto aggravata dagli sconsiderati interventi effettuati dal Comune di Fiumedinisi negli ultimi venti anni ai quali hanno partecipato nell’esercizio delle loro funzioni, anche dirigenti della Sezione Archeologica e dell’Ufficio Tecnico della locale Soprintendenza…

Infine, permane la possibilità che un evento sismico di intensità medio-alta possa interessare la costa ionica della Sicilia nordorientale, nell’ambito di più importanti dinamiche d’interesse geofisico che riguardano in particolare l’area dello Stretto di Messina con effetti ancora maggiori di quanto sopra esposto. In ogni caso, appare ovvio che in queste condizioni, le controverse velleità di una valorizzazione turistica dell'area sommitale di Monte Belvedere di Fiumedinisi, caratterizzata da grave instabilità strutturale, sono assolutamente da sopprimere.

Quel che ad oggi nella vicenda appare assente, in un silenzio inquietante dei media, della politica regionale, dei paladini dell'ordine e della giustizia, riguarda la valutazione d'insieme delle attività amministrative comunali svolte nel corso degli ultimi decenni a Fiiumedinisi, la tutela della pubblica incolumità, l'individuazione delle responsabilità dei danneggiamenti dei beni patrimoniali, culturali e ambientali, che circa cinquantánni fa lo Stato ha posti sotto la responsabilitàlla Regione Siciliana, e quant'altro un eventuale ma ormai necessario intervento della Magistratura volesse considerare di sua puntuale pertinenza.

 

Note

1 – come ebbi modo di scoprire durante una esplorazione oltre quarant’anni fa. Ne pubblicai in seguito notizia nei seguenti lavori: 1984Il rito dell’inumazione a scheletro rannicchiato (enchytrismòs) nella Sicilia Orientale, Tesi di Specializzazione in Archeologia Preistorica presso la Scuola Speciale per Archeologi, Università di Pisa. Relatore Prof. Giuliano Cremonesi, correlatore Prof. Francesco Mallegni; 1984, Il rito della sepoltura ad inumazione entro vaso (“enchytrismòs”) nella Sicilia Nord Orientale (Antica età del Bronzo – Tarda età del Ferro), in The Deya Conference of Prehistory (Majorca, Balearic islands). Early Settlements in the Western Mediterranean Islands and the Peripheral Areas, voll. I-IV. Edited by Waldren W.H., Chapman R., Lewthwaite J. and Hennard R.C., British Archaeological Reports, International Series 229, Oxford, pp.465-486. 

2 – dati forniti dal sito www.it.wikipedia.org/wiki/Fiumedinisi nel capitolo “Amministrazioni” (ultima consultazione in data 2 marzo 2024).

3 –  in Villari P., La Regione Siciliana e gli interventi, op. cit. in nota 1.

4 – studi svolti presso la Scuola Speciale per Archeologi preistorici dell’Università di Pisa, un loro riassunto è stato pubblicato in: Villari P., 1980, Considerazioni sulla presenza di alcuni bronzi in una capanna del periodo di transizione Tardo Eneolitico-Prima età del Bronzo di Fiumedinisi (Messina), in Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Pisa, serie A, n.87, pp. 465-474; Villari P., 1981, I giacimenti preistorici del Monte Belvedere e della Pianura Chiusa di Fiumedinisi e la successione delle culture nella Sicilia Nord Orientale, in Sicilia Archeologica, 44-47, pp. 111-121.

5 – uso il termine “cornice” per identificare il grande foro che a memoria d’uomo caratterizza il costone della Rocca Perciata. Con tutta probabilità di origine naturale, esso presenta evidenti tracce di spianamento artificiale della base. Ad alcuni metri da esso oltre quarant’anni orsono avevo rinvenuto un deposito di larghi resti fratturati di vasi attribuibili al corso dell’Eneolitico Tardo e dell’Antica età del Bronzo. Poiché in Sicilia si sono in seguito sommati molti altri esempi di simili “cornici”, meglio note in letteratura quali “pietre forate”, anch’esse associate a resti ceramici databili allo stesso periodo e posti antistanti al foro, si può presumere che appartengono allo stesso fenomeno culturale.

Le teorie d’uso sono varie, quasi tutte legate ad un uso cultuale legato a osservazioni e calcoli astronomici corrispondenti al movimento degli astri, in relazione alle attività agricole e di allevamento. Si ritiene quindi che fossero legate a particolari cerimonie magico-religiose, svolte nel corso dell’anno durante le ricorrenze delle fasi solstiziali ed equinoziali o di altri accadimenti astrali. Tuttavia, è interessante notare che la “cornice” di Fiumedinisi non sembra esposta in modo tale da essere utile agli stessi calcoli basati su movimenti solari come invece poteva avvenire nelle altre sue simili siciliane, o  sulla sommità della Torretta di Buticari, sita su una collina presso la cittadina di Nizza di Sicilia (sita a pochi chilometri dal Monte Belvedere, purtroppo non professionalmente restaurata e il terreno antistante spianato dalle ruspe, anche qui definiti lavori di “riqualificazione” finanziati con soldi pubblici e svolti anni orsono dall’arrogante ignoranza della locale amministrazione comunale e dalle stesse Istituzioni poste a tutela.

6 – rimando alla Fig. 1, foto e didascalia, pubblicate nel mio articolo: La Regione Siciliana e gli interventi di “riqualificazione” con finanziamenti destinati allo sviluppo rurale: il surreale caso dell'area del Castello di Fiumedinisi, in The Reporter’s Corner, 29-02-2024, ove peraltro suggerisco la denominazione di “Piazzale del Cemento”. Link online:

https://www.thereporterscorner.com/2024/02/la-regione-siciliana-e-gli-interventi.html

7 – Villari P., 2008Concessione di Scavo in C.da Pianoro Chiusa – Monte Belvedere di Fiumedinisi: Relazione annuale delle attività archeologiche svolte nell’anno 2008 a Monte Belvedere di Fiumedinisi, inviata nella qualità di Direttore degli Scavi Archeologici e Procuratore Legale del Department of Anthropology, University of South Florida, alla Direzione Generale dell’Assessorato ai BB.CC.AA. della Regione Siciliana, 8 Dicembre 2008, pp. 1-7.

8 – Rimando alla “Concessione di Scavo in C.da Pianoro Chiusa – Monte Belvedere di Fiumedinisi: Relazione preliminare …”, op. cit. in nota 6;  e all’articolo pubblicato in questo blog: Villari P., 13.07.2020Le ruspe nel complesso religioso residenziale e cerimoniale megalitico dell’Antica età del Bronzo di Monte Belvedere (Fiumedinisi, Sicilia Nordorientale). Parte I: nozioni introduttive, nota 1 (lista di parte delle mie scoperte, ricerche e pubblicazioni d’interesse archeologico e archeozoologico inerenti all’area Pianura Chiusa-Monte Belvedere).

https://thereporterscorner.com/2020/07/le-ruspe-nel-complesso-religioso.html


Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

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