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"Objects for Eternity". Falsificazioni archeologiche, frodi internazionali e sistema di potere dominante. Parte II: 2015, la proposta di uno “Standard for Due Diligence”.

 di Pietro Villari, 16 Ottobre 2023. Tutti i diritti riservati

 

Premessa

Agli inizi del 2015 avevo maturato la convinzione di quanto fosse necessario redigere uno Standard for Due Diligence, perfezionando e integrando le preziose raccomandazioni edite nel 2007 da Mark Rasmussen (1). L’intento era proporre un valido mezzo destinato a quanti coinvolti nel commercio delle antiquities, ovvero ai collezionisti, antiquari e case d’asta. In quegli anni, difatti, grazie anche alla globalizzazione dei mercati, a mio avviso si raggiunse l’apice delle dimensioni degli scambi e delle problematiche legate sia alle compravendite illegali di reperti archeologici provenienti da recenti scavi clandestini e sia all’altrettanto vasto fenomeno delle frodi, perpetuate con imitazioni e riproduzioni di oggetti accompagnati da false dichiarazioni di autenticità.

Colsi l'occasione quando, agli inizi del 2016, un mio articolo pubblicato nel giugno 2014 venne tradotto in lingua inglese dalla statunitense Nancy Lee Kelker, una delle massime esperte internazionali di falsificazioni nel settore delle antichità precolombiane e docente di Storia dell’Arte. Svolgendo anche una rilettura critica dello scritto, Nancy mi convinse a inserire nuovi dati e considerazioni (2)

Fig. 1 – L’articolo pubblicato da un sito on-line l'11 Giugno 2014.

 

Delle due Giustizie

Sino a quell’anno nutrivo ancora una tenue speranza nelle reali possibilità del sistema giudiziario dei maggiori Paesi europei e nordamericani, ma ben presto dovetti ricredermi, accettando il dato fondamentale emergente dalle mie ricerche svolte nel settore nel periodo 1995-2015 e di quanto ho potuto constatare negli anni seguenti: la presenza di un sistema giudiziario parallelo e, fatto che ancor più inquietava, dominante.

In ogni Paese che in via auto-referenziale si definisce “civile”, appartenente al Blocco Occidentale e in quelli gravitanti nell’orbita di questo, oltre alla società fortemente gerarchizzata, strutturata a piramide tronca per il controllo e manipolazione delle masse, vi è una soprastante struttura piramidale di “aristoi”, costituente i gradi direttivi apicali. Si tratta di una sovrastruttura mantenuta scarsamente o affatto visibile alle masse che, in parte compenetrando quella logistica sottostante, opera in modo da sfruttarne le energie e al contempo garantendosi la totale impunità delle attività illegali.

Così, se ad esempio uno Standard for Due Diligence, può essere applicato con efficacia nella società “dominata”, ovvero quella degli individui considerati “massa profana”, la sua validità può essere viceversa inficiata nei casi che riguardano elementi del sistema dominante. In quest’ultimo, ad esempio, vi è la possibilità di accedere a mercati elitari, quelli delle compravendite riservate alle classi agiata militanti della casta dominante (quali le aste svolte in forma privata, ove la partecipazione dell’acquirente avviene mediante invito ad personam).

È la compenetrazione della società dominante in quella “di massa”, o meglio la sovrapposizione della giustizia dominante a quella dominata, che permette che aste pubbliche o reperti provenienti da scavi clandestini controllati dalle grandi organizzazioni criminali del pianeta, o le opere artigianali provenienti da botteghe falsarie capaci produzioni di elevato grado di decezione, possano godere di una sfacciata impunità.

A quel punto, il ricercatore o l’investigatore si trovano improvvisamente innanzi a una società sconosciuta e in gran parte incomprensibile ai “profani”, una sorta di “mondo parallelo”. Hanno passato la soglia che la rendeva invisibile e si trovano pericolosamente esposti a un infinito panorama di legami tra lobbies corporative e logge coperte di fratellanze iniziatiche di vario grado che, si favoleggia sottovoce, costituisce la base sulla quale il potere degli “aristoi” di alto grado si sviluppa in modo oscuro sino al suo vertice.

 

Il villaggio globale delle masse: caos, gonzi e denaro facile

Uno dei risultati più sorprendenti della ventennale ricerca che svolsi nel mercato internazionale delle antichità e delle loro recenti imitazioni, riproduzioni o contraffazioni (3), fu la constatazione che, nonostante si trattasse di giri d’affari per l’ammontare di diversi miliardi di euro, sino al 2015 vi era l’assenza di protocolli internazionali per riconoscere e legittimare l’autenticità dei manufatti oggetto di compravendita o di donazioni e questo, di conseguenza, incideva sui valori dichiarati dagli espertizzi (4).

Figg. 2 e 3 - Guida alle recente riproduzioni italiane di ceramiche archeologiche, volume I, 2013


 

Figg. 4 e 5 - Guida alle recente riproduzioni italiane di ceramiche archeologiche, volume II, 2014

 

Considerato che il commercio è uno dei pilastri dell’economia, che il settore antiquariale ha un discreto ruolo nelle entrate del ministero delle finanze, e l’ammontare del valore dei beni culturali contenuti nei musei statali e nelle collezioni private, mi fu chiaro quanto fosse inammissibile che non solo le attività del mercato internazionale delle antiquities, ma l'intera filiera dell’antiquariato e in generale dell’arte non fossero regolate da protocolli sia nazionali che internazionali.

Nonostante l’eccellente articolo pionieristico di Mark Rasmussen (5), che in base alla propria esperienza “sul campo”, già nel 2007 aveva proposto la prima valida bozza di raccomandazioni per l’integrità e l’affidabilità che gli esperti dovrebbero applicare nel processo di autenticazione delle opere antiche, sino al 2015 eravamo ancora lontani dalla sua formalizzazione a livello internazionale. Fu a quel punto che colsi l’opportunità di occuparmene nell’ambito della stesura dell’articolo sulle vicende relative a un gruppo di falsificazioni di vetri dell’antico Egitto manufatte in Italia. In appendice, inserii una dettagliata proposta di Standard for Due Diligence redatta sulla base delle mie ventennali ricerche nel settore, tenendo presente le raccomandazioni presenti nella bozza stilata da Rasmussen.

Sino a quell’anno, la situazione della compravendita di antichità era nella sua pratica spesso talmente compromessa, in termini di garanzie di genuinità e di legale possesso, che mi appariva inevitabile una evoluzione negativa sul lungo termine, con pesanti ripercussioni sull'intero sistema del commercio di antichità. Non mi sarei affatto stupito se, nei decenni seguenti, quel mercato fosse destinato a collassare o a subire un pesante ridimensionamento a favore di una fascia elitaria di agiati collezionisti.

Il collezionismo di reperti di scarso interesse storico-artistico o magico-esoterico, pressoché riservato alle classi medio-basse dove la presenza di falsi raggiunge picchi percentuali superiori all’ottanta per cento o oltre, sarebbe stato inevitabilmente condannato a una caotica situazione di crollo e gravi perdite economiche.

L’origine di questo crollo sarebbe coincisa con la comparsa nel mercato di strumentazioni tecnologiche a basso costo e facile uso anche per i collezionisti, che avrebbero condotto alla scoperta che una consistente parte dei reperti presenti nelle collezioni private e talora persino in Istituzioni statali, era in realtà il frutto della maestria di moderni artigiani e organizzazioni prive di scrupoli.

Il piccolo collezionismo di antichità, ovvero di acquisizioni intese anche quale forma d’investimento a lungo termine con modalità borderline, presso venditori che agivano senza validi controlli statali (includendo anche ambulanti, piccoli negozi aperti da improvvisati antiquari, shops on-line e mediocri case d’asta), era destinato a rivelarsi in tutta la sua realistica situazione. E invece, ancora oggi non è accaduto nulla, in quanto è intervenuta una volontà transnazionale, propria del sistema di potere dominante nell’area del cosiddetto Blocco Occidentale, che ha protetto l’intero mercato internazionale.

L’operazione è avvenuta circoscrivendo e nella pratica silenziando, screditando o ignorando a livello mediatico quelle poche  fonti che cercavano di esporre pubblicamente il problema. Questa “censura” della libera informazione è intervenuta a salvaguardare la reputazione del comportamento etico, non soltanto di direttori di musei o di case d’asta di primo piano a livello internazionale, ma persino in vicende piuttosto squallide e di notevole interesse criminologico, che coinvolgevano alti dirigenti degli apparati statali, quali ad esempio archeologi operativi nelle Università e nelle Soprintendenze. Il livello d’impunibilità di questi “colletti bianchi” è allarmante, a testimonianza dei limiti della “giustizia profana” innanzi al gruppo degli “aristoi”. La vicenda del marketing del vasetto egiziano esposta già nel 2014 e anni seguenti, ne è uno degli eclatanti esempi meglio noti in letteratura (6).

Il problema creato dal recente notevole miglioramento della qualità dei falsi, era stato messo in evidenza nel corso degli anni precedenti con la pubblicazione di due volumi fondamentali, tra l’altro contenenti circa duemila foto di oggetti e loro dettagli, di quasi tutte le classi vascolari prodotte da gruppi di lavoro in cui operano ceramisti, ceramografi e patinatori italiani (7) (Figg. 2 e 3). I due volumi costituivano un vademecum e un ammonimento per l'intero giro di affari nel settore delle antichità, di quanto fosse esposto a frodi in mancanza di efficaci interventi legislativi necessari al suo controllo, in primo luogo rendendo obbligatori gli “Standards for Due Diligence”.

Di conseguenza, era concreta e purtroppo talora anche manifesta, la possibilità d’imbattersi in documenti di provenienza e di certificazioni a garanzia dell’autenticità che in seguito a ulteriori controlli, si  rivelavano quale frutto di espertizzi errati, sia accidentali che intenzionali. Focalizzando l’attenzione su quelli intenzionali, era possibile constatare come questi fossero imputabili a una cattiva condotta professionale, gettando pesanti sospetti di connivenze che coinvolgevano anche l’operato di studiosi, direttori di musei, conservatori e scienziati accademici considerati tra i top experts del livello internazionale.

In taluni casi, si ha la sgradevole sensazione di trovarsi al cospetto di vere e proprie cerchie d’eccellenza, dove nei rapporti tra sodali regna il comportamento omertoso tipico delle fratellanze corporative e altre. Ambienti elitari, caratterizzati da inquietanti legami tra elementi appartenenti ai vertici di istituzioni pubbliche e private che, di fatto, garantiscono sia l’impunità e sia il silenzio dei media, divenendo in tal modo una di quelle parti autonome delle quali sono composte le  frodi commerciali di massimo livello criminale ove, tra l’altro, intervengono problematiche nell’applicazione delle norme del diritto civile e penale nell’ambito di attività transnazionali.

 

2015. Una proposta di semplice applicazione per la messa in sicurezza del mercato delle antiquities.

Effettivamente, la parte peggiore da affrontare verteva su un problema noto sin nell’antica Roma: Quis custodiet ipsos custodes, chi sorveglia i guardiani stessi? Chi esamina il lavoro delle persone autorizzate a decidere quale oggetto è autentico e quale no? E chi controlla le valutazioni fatte da questi individui per le istituzioni pubbliche? Cosa potremmo aspettarci quando potenti elementi della società, legati non solo da interessi scientifici ma anche commerciali, sono chiamati a selezionare i candidati da assumere nei ruoli dirigenziali del “sistema”? E, viceversa, cosa accadrà a quei candidati considerati onesti e coraggiosi al punto da rappresentare un pericolo per quelle cerchie del “business as usual”? In che modo le forze dell’ordine possono efficacemente combattere i crimini perpetuati dai “colletti bianchi”, essendo esse stesse infiltrate da elementi di vario grado gerarchico iscritti nelle medesime fratellanze, dove i giuramenti li tengono  avvolti in una cospirazione del silenzio? (8). E cosa possiamo aspettarci dal futuro considerando che queste “famiglie” (che con modalità autoreferenziale si definiscono “iniziatiche") sono da diversi decenni in espansione, grazie a una politica di proselitismo a fini utilitaristici del più si è e più si vince?

La gravità delle implicazioni sociali che si riversano persino nel mercato antiquariale, non risparmia di colpire anche le finanze nazionali. In questo “sistema” fuori controllo vi è un aspetto economico devastante, in primo luogo per gli sfortunati collezionisti privati, costituendo il target delle operazioni a catena, coloro che inconsapevolmente investirono consistenti somme di denaro acquistando oggetti in realtà di valore ben inferiore a quanto attribuito. Ma vi è anche il problema non secondario degli espertizzi “errati” (ove domina la scarsa competenza dell’esperto) o costruiti su dati falsificati, quali quelli utilizzati per eludere gli obblighi fiscali sul reddito, con conseguenti perdite per l’erario quando i falsi vengono donati a istituzioni museali statali, che li accettano dopo averli a loro volta espertizzati quali manufatti autentici e con valutazioni “gonfiate”. Il problema qui consiste nel fatto che, in molti Paesi, una percentuale consistente del valore delle opere d'arte donate allo Stato, può essere dedotta dai donatori nella loro annuale dichiarazione dei redditi (9).

Pertanto, nel 2015 era divenuto urgentemente necessario che i preposti uffici dei ministeri delle finanze europei imponessero, agli operatori dei vari settori del mercato antiquariale, l'adozione di “Standards for Due Diligence” che costituissero un punto fermo nella corretta valutazione delle opere dell’antichità e che si iniziasse ad allestirne di nuovi per la valutazione di tutti gli altri beni culturali prodotti oltre cinquanta anni addietro e di rilevante interesse storico-artistico o economico. Trattandosi di beni soggetti a divisione patrimoniale (nonchè a pignoramento in caso di fallimento o insolvenza), è imperativo che le autenticazioni e le perizie siano accurate per evitare perdite economiche sia alle persone coinvolte che all'erario.

Il fondamento di ogni valutazione è costituito dallo sforzo, in particolare da parte degli esperti coinvolti, di assicurarsi di applicare la dovuta diligenza in ogni fase del processo di autenticazione, altrimenti essi non saranno in grado di fornire una valutazione accurata dell’oggetto in esame. A mio avviso, il processo di autenticazione di un oggetto d'arte antico avrebbe potuto già sin dagli anni 1990 basarsi almeno su quattro diversi campi di indagine, nei quali i protocolli specificamente definiti avrebbero consentito all'esperto di documentare informazioni fondamentali.

 

Standard for Due Diligence (Villari P., 2015) (10)  

1) Valutazione della provenienza e della documentazione.

– quando e come l'oggetto è divenuto di proprietà dell'attuale proprietario (documento fiscale; atto di donazione; testimonianze certificate credibili);

– elenco dei precedenti proprietari (accertati attraverso: fattura; atto di donazione; oggetto censito nei patrimoni; testimonianze certificate e credibili, pubblicazioni, foto e disegni datati);

– se l'oggetto è di proprietà di una istituzione pubblica o privata, o a queste prestato, o di un collezionista privato, è necessario richiederne la “cronistoria di conservazione” dove sono registrati tutti i trattamenti meccanici e chimico-fisici; la descrizione degli strumenti e delle tecniche utilizzate e delle loro finalità; la descrizione dei danni eventualmente avvenuti durante i periodi di esposizione, lo stoccaggio o i trasporti; eventuali segnalazioni di radioattività nell'area di custodia o nelle ex località di custodia (in quanto può alterare i risultati di successive misurazioni di laboratorio);

– identificazione e descrizione completa di tutti i dubbi riguardanti l’attendibilità della documentazione.

2) Valutazione di perizie precedenti.

– identificazione degli esperti che hanno analizzato l'oggetto e la loro qualifica professionale;

– relazioni di analisi condotte da professionisti contenenti la descrizione dell'oggetto (articoli scientifici, monografie, cataloghi di mostre, perizie certificate);

– identificazione e descrizione completa dell'attendibilità delle valutazioni precedenti.

3) Ulteriori ricerche scientifiche.

– analisi scientifiche effettuate in laboratori dotati di moderne strumentazioni e che seguono moderne tecniche di analisi (microscopia, petrografia, radiografia computerizzata, tomografia computerizzata, termoluminescenza, analisi ultraviolette e infrarosse, ecc.)

– identificazione e qualificazione del gruppo prescelto di esperti, dei protocolli e degli standard di qualità da questi eseguiti nella ricerca;

– individuazione e descrizione completa del limite di attendibilità dei test scientifici.

4) Determinazione

– analisi dell'insieme delle prove acquisite e rilascio di un certificato di autenticazione contenente le conclusioni. Il documento deve essere rilasciato e firmato da un supervisore, la cui autorevole esperienza professionale sia in grado di armonizzare e contestualizzare l'esame di tutte le informazioni raccolte e di redigerlo come una determinazione finale attendibile.

 

Dopo la pubblicazione dell’articolo: logiche e meccanismi di difesa del sistema di potere dominante

A tutt’oggi ritengo che sia un valido protocollo al quale un professionista possa attenersi quando chiamato a certificare un'autenticazione in circostanze importanti, si pensi ad esempio in sede giudiziaria. Non gli si può chiedere di più. Ma quali sono i reali limiti, l’affidabilità degli sforzi di questa indagine vincolante?

Per un archeologo o uno storico dell'arte, il processo di autenticazione (dal greco authentikos = reale, genuino) è la catena di atti distinti tra loro che determinano se un manufatto è ciò che viene dichiarato di essere. Come sopra descritto, in ambito commerciale possono intervenire attività di alterazione di oggetti, sia chimiche che fisiche, per travisare, ingannare o falsificare le proprietà caratteristiche che tentano di provarne l’autenticità, nel loro più ampio significato scientifico e artistico. Ma anche la valutazione della provenienza e la documentazione di un manufatto possono essere soggette ad inganni similari.

Oggi, nei Paesi occidentali, le case d'asta e i mercanti d'arte offrono grandi quantità di manufatti valutati dai propri esperti che, seguendo le leggi vigenti, limitano il loro lavoro descrivendo i caratteri artistici osservati, iconografia, misure, stato di conservazione, talora la provenienza, eventuali datazioni attraverso l’esame TL e infine stima del prezzo di vendita. Sono estremamente rari i casi ove viene citata la cronistoria della conservazione. Anche se generalmente non resa nota, per gli oggetti di particolare valore artistico le maggiori case d’aste dispongono una verifica per escludere che essi siano segnalati negli elenchi disposti dalle forze dell'ordine, schedati quali ricercati in seguito a furto o a un mancato sequestro giudiziario. Ma nonostante tutti questi accorgimenti, la valutazione risulterà compromessa quando si tratta di manufatti di recente falsificazione, garantiti da false documentazioni, che sfuggono al vaglio del personale preposto all’espertizzo per mancanza di adeguata preparazione tecnica o per corruzione.

A causa del persistente problema del traffico illecito di antichità, ciò che per oltre quarant’anni aveva costituito una “valida provenienza”, era divenuta una delle principali preoccupazioni legali nel mercato delle antichità. Lo scempio illegalmente operato nei siti archeologici dell’intero pianeta era giunto a tali dimensioni che, per contrastarlo, necessitava accertare che le informazioni fornite dai venditori fossero effettivamente affidabili.

Ebbene, mentre altri studiosi criticavano quali irreali le stime delle alte quantità di falsificazioni di manufatti nei vari stili precolombiani presenti sul mercato (con punte dell’80%) e nei musei americani (calcolate da Nancy Kelker sulla base delle sue esperienze “sul campo”), le mie osservazioni in Europa mi convinsero fosse ragionevole poter presumere che in non pochi casi la percentuale fosse persino più alta. In linea generale, in Europa erano invece più bassi i valori relativi alle sofisticazioni  di manufatti appartenenti alle antiche culture europee. Viceversa, nelle collezioni europee erano maggiori quelle relative alle culture nordafricane e del Vicino Oriente.

Inoltre, risultava ampiamente provato che le errate informazioni relative all’autenticità e alla provenienza fornite dai venditori, trovassero una valida copertura legale soprattutto dalla scarsa o inesistente scrupolosità delle case d’asta o dei loro esperti (personaggi che spesso non possedevano nemmeno una laurea o una laurea di pertinenza). Il problema era riversato sulle qualità da connosseur dei collezionisti o dei mercanti, che quasi sempre finivano per acquistare i falsi per motivi di ignoranza o d’illegale finalità speculativa.

L’inadeguatezza specialistica o l’attenzione del personale delle istituzioni preposte al controllo e delle leggi che regolano il mercato delle antiquities e degli oggetti d’interesse etnografico (“arte tribale”, “etnografica”, ecc.) costituivano a quel tempo e non di rado ancora oggi, un grave problema di tutela. Gli “errori” commessi nei cataloghi d’asta si ripercuotevano nei cataloghi di vendita del commercio al dettaglio on line, dove spesso si leggevano rassicuranti affermazioni quali: “tutti gli articoli sono dichiarati autentici e corredati da garanzia di autenticità”. In realtà questi cataloghi offrivano descrizioni quasi tutte non basate su alcun standard di dovuta diligenza, dove le informazioni che accompagnavano gli artefatti venduti non fornivano effettivamente una garanzia per un potenziale acquirente. 

Nel caso dell’autenticazione della provenienza ci sono molti modi per falsificarla. La più comune, diffusa a livello internazionale, è quella di creare collezionisti non identificabili, “non interpellabili” in quanto deceduti. Ne propongo alcuni tra gli innumerevoli: “Ex antica collezione Inglese, acquistata a Londra negli anni 1960”; “dalla collezione di un medico londinese, acquistata negli anni '50-'70”; “importato in Inghilterra da uno studioso brasiliano negli anni 1950”.

Un altro modo è quello di falsificare una piccola parte della frase: “From the Estate of Lord (nominativo)…, 1950’s – 1960’s”, dove il nome del collezionista e il periodo nel quale egli formò la collezione sono veri, ma la loro relazione con il manufatto non è provata. E così via, in una miriade di combinazioni possibili.

Altro problema è la credibilità delle cosiddette external records, da considerare sempre con cautela perché tali testimonianze orali possono essere frutto di un atto di falsificazione di ricordi. Ne fornisco un esempio.

Anni fa, durante le mie ricerche, mi imbattei in un crimine del genere in un Paese dell’Unione Europea che mi illuminò sulla facilità con cui era stato possibile creare questo tipo di documentazione ingannevole. Discendente ed erede di un’antica e agiata famiglia aristocratica di collezionisti e archeologi, un uomo di oltre 80 anni, fu oggetto di pesanti pressioni psicologiche  da parte di un noto collezionista di reperti preistorici, un anziano avvocato con forti legami nel sistema dominante sia regionale che nazionale, che cercava d’indurre l'ottuagenario a certificare una falsa dichiarazione. Nella fattispecie, gli chiedeva di mettere per iscritto di aver assistito, da giovane, a una compravendita intercorsa tra il nonno paterno e il padre dell'avvocato, inerente a molti importanti vasi di ceramica di età preistorica, greca e classica, nonché di altri oggetti di età medievale appartenenti alla rinomata collezione di famiglia.

In cambio, l'avvocato si offriva di intervenire attraverso i suoi eticamente discutibili ma potenti contatti, per risolvere bizzarri problemi che l'anziano subiva nei tentativi di vendita di una sua importante e antica proprietà immobiliare. Interpellato, consigliai all’anziano aristocratico di rifiutarsi di rendere una falsa dichiarazione e di limitarsi a certificare quanto effettivamente ricordava, ovvero che il padre dell’avvocato avesse fatto visita, una sola volta, alla sua famiglia pur non conoscendone la motivazione.

Sfortunatamente e a mio avviso anche con clamorosa incongruenza, questa dichiarazione che in seguito si scoprì era stata associata ad alcune altre rilasciate da anziani testimoni, furono sufficienti affinché l'avvocato potesse sostenere con successo la restituzione da parte dello Stato della sua precedentemente confiscata collezione di antichità. In tal modo, venne riconosciuta di proprietà privata quella che gli inquirenti sospettavano una collezione di provenienza illecita, provenienti da saccheggi in aree archeologiche avvenuti nel corso dello scorso secolo e corredata della stima per il valore di diversi milioni di euro, effettuata da un esperto nominato dal tribunale e quindi a spese della collettività.  

A fronte della modica spesa effettuata dall’avvocato per il suo acquisto (come se non bastasse, vi era il sospetto che si trattasse sia di acquisizioni effettuate in cambio di prestazioni professionali, e sia di attività d’intercessione per l’ottenimento di favori da personaggi politici), il riconoscimento del legittimo possesso della collezione costituì al netto un ricavo milionario. Non ho alcuna conferma che alla morte del collezionista quell’autentico tesoro fu oggetto di pagamento delle tasse di successione a carico degli eredi.

La possibilità di trovarsi innanzi a tali discutibili pratiche dovrebbe essere sempre opportunamente considerata quando si valuta la validità di prove su base testimoniale costituenti la “documentazione esterna”. In ogni caso, in queste vicende aleggia l’oscura presenza di errori, sviste, mancanze e legami “fraterni” che non possono essere sempre attribuite a semplici coincidenze. A fronte di qualsiasi ideologia, per un fedele e stimato sodale di lunga militanza nel sistema del potere dominante, vi è sempre una via affinché gli interessi del proprio protetto prevalgano sul pubblico interesse e sulle logiche della Giustizia “profana”.

 

Conclusioni

Attualmente molte case d'asta e commercianti vendono, su commissione, enormi quantità di materiali archeologici senza alcuna prova accettabile di legale detenzione o autenticità, fatta eccezione della dichiarazione che gli oggetti provengono da "una vecchia collezione". Nell'esercizio della dovuta diligenza, questo tipo di dichiarazione dovrebbe essere legalmente comprovata da documenti prima di poter essere inserita nei cataloghi d'asta.

Fino a quando non sarà concordato e formalizzato a livello internazionale uno “Standard of Due Diligence” atto a valutare e garantire la provenienza, la stima del valore e la commerciabilità di beni mobili dell’antichità, le istituzioni pubbliche dovrebbero osservare le seguenti misure precauzionali:

– Musei archeologici e collezioni pubbliche universitarie. È necessario evitare la datazione di qualsiasi opera che non provenga da scavi archeologici o indagini condotte con metodologia scientifica. In caso di manufatti provenienti da collezioni private, tutti i pezzi privi di recenti autenticazioni di esperti indipendenti dovrebbero essere indicati quali “possibilmente antichi”.

La donazione di un'opera d'arte dovrebbe essere accettata solo dopo essere stata autenticata in modo indipendente da esperti riconosciuti dallo Stato e non associabili alle attività del donatore.

– Ministero delle Finanze. Dovrebbe essere in ogni caso vietata la trattenuta di somme di denaro dalla dichiarazione dei redditi, come sino ad oggi permesso quale premio per la donazione di opere d'arte e spesso senza seguire una norma di Due Diligence da parte del personale specializzato delle istituzioni pubbliche.

– Istituzioni pubbliche e private. Sia il catalogo che le didascalie che accompagnano l’esposizione dei reperti, dovrebbero riportare soltanto informazioni verificate nel processo di autenticazione, o evidenziate in modo da separarle da ulteriori speculazioni. Se presenti, dovrebbero essere segnalate anche le lievi incertezze o anomalie riscontrate nella verifica delle prove.

– Case d'asta e commercianti. La vendita di manufatti dovrebbe considerarsi potenzialmente fraudolenta se accompagnata da garanzie non comprovate da un processo di autenticazione. Viceversa, la vendita dovrebbe essere considerata legale quando un manufatto viene venduto come “possibilmente antico” se accompagnato da almeno alcune prove positive di parte del processo di autenticazione.

Nel caso in cui un manufatto non sia accompagnato da un processo di autenticazione, nel caso di vendita esso dovrebbe essere accompagnato dalla formula “l'autenticità attende conferma da un processo di autenticazione”, al fine d’informare i potenziali acquirenti sui rischi che si corrono nell'acquisto dell'oggetto.

– Magistratura e forze dell'ordine. Il controllo della vendita di “antichità” nelle case d'asta, nelle gallerie e in altre attività commerciali (come vendite online, fiere, mercatini, ecc.) dovrebbe coinvolgere studiosi di solida formazione, con conoscenze professionali tali da poterli considerare effettivamente esperti nel campo della valutazione richiesta. La punizione per pratiche ingannevoli dovrebbe sempre prevedere la confisca dei manufatti e una pena adeguata alla gravità del danno.

In caso di accertati comportamenti illeciti constatati nel corso di attività professionali svolte da accademici, studiosi, esperti operanti in istituzioni pubbliche o private, questi soggetti dovrebbero essere chiamati al risarcimento dei danni. Se recidivi, oltre alle sanzioni previste dalla legge, eventuali successivi espertizzi condotti sino alla data della loro condanna penale dovrebbero essere sottoposti ad accertamenti da parte di altri esperti, e nell’attesa dei risultati, considerate prive di ogni merito giuridico e scientifico.

– Commercio interno ed estero. Nell’atto di richiesta del rilascio di un permesso per il commercio di antichità, il richiedente dovrebbe essere tenuto a fornire la necessaria documentazione, a prova di essere in possesso dei titoli universitari e/o delle esperienze lavorative nel campo di studi di pertinenza.

 

Note

(1) Rasmussen M., 2007, Setting the Standard for Due Diligence: Scientific Techniques in the Authentication Process,, in Rare Collections, Stillwater, MN 55082 USA (www.rare-collections.com)

(2) la parte dell’articolo contenente la vicenda di una recente imitazione di un vasetto dell’antico Egitto venduta da una casa d’aste quale autentica, era stato già pubblicato on-line alcuni anni prima (Fig. 1) su un sito italiano l’11 giugno 2014 (coscienzeinrete.net/arte/item/1965-il-vasetto-dell-antico-egitto-venduto-per-90000-euro-fatto-in-italia-per-pochi-spiccioli), non più disponibile on-line da alcuni anni.

Purtroppo dovemmo aspettare a lungo per ottenere il responso della rivista e considerato che, per curiosa coincidenza, uno studioso anglosassone aveva nel frattempo pubblicato un suo Standard for Due Diligence dai contenuti simili al mio (Gill D.W.J., giugno 2016, The Auction Market and Due Diligence: the Need for Auction, The Journal Art of Crime). Piuttosto amareggiato decisi di pubblicare il lavoro su un mio blog:  

31 luglio 2018, Egyptian style core-formed glass forgeries, white collar crimes and national treasures. How professional misconduct and misconstruction can compromise the authentication and appraisal process, The Reporter’ s Blog (non più disponibile online dal luglio 2020) e dal 16 giugno 2020 su The Reporter’s Corner:

https://www.thereporterscorner.com/2020/06/egyptian-style-core-formed-glass.html

Per approfondimenti rimando all’articolo pubblicato on-line da The Reporter's Corner in data 29 Settembre 2023, "Objects for Eternity". Falsificazioni archeologiche, frodi internazionali e sistema di potere dominante. Parte I: Le vicende di due recenti imitazioni italiane di rari vasetti in vetro dell’Egitto faraonico.  

https://www.thereporterscorner.com/2023/09/objects-for-eternity-falsificazioni.html

(3) notizie in: Villari P., 2013, Guida alle recenti riproduzioni italiane di ceramiche archeologiche, vol. I, pp.1-224, Figg. 1 - 646, Archaeological Centre, Roma; Villari P., 2014, Guida alle recenti riproduzioni italiane di ceramiche archeologiche, vol. II, pp.1-378, Figg. 1 - 1098, Archaeological Centre, Amsterdam.

(4) per la definizione di questo problema, relativi esempi e riferimenti, un interessante saggio è stato pubblicato durante la traduzione di questo manoscritto: Yates D. 2016, Museums, collectors, and value manipulation: tax fraud through donation of antiquities, Journal of financial Crime, 23(1).  

(5) Rasmussen M., 2007, Setting the Standard for …, op. cit. in nota 1. 

(6) 11 giugno 2014, Il vasetto dell’antico Egitto… op. cit. in nota 2, anche per altri articoli inerenti alla vicenda pubblicati sino ad oggi.

(7) si rimanda alle opere citate nelle note 1 e 2.

(8) si consideri ad esempio quanto emerso dalle inchieste svolte sulla composizione e le attività delle logge massoniche P2 e seguenti, e dalle indagini più recenti nell’ambito del cosiddetto “Caso Banca Nuova-Montante”. Si tratta di vicende dove è lampante come raggiunto il coinvolgimento di un alto livello istituzionale, le indagini si impantanano scomparendo contemporaneamente nell’oblio mediatico.

(9) Yates D., 2016, Museums, collectors, and value manipulation…, op. cit. in nota 4.

(10) per la versione in lingua inglese rimando all’articolo pubblicato in data 31 luglio 2018 e  in The Reporter’s Blog, Egyptian style core-formed glass forgeries… op.cit. in nota 2,  (non più disponibile online dal luglio 2020) e dal 16 giugno 2020 consultabile su The Reporter’s Corner:

 https://www.thereporterscorner.com/2020/06/egyptian-style-core-formed-glass.html

Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

In questa sezione è presentata una selezione di pubblicazioni scientifiche di Pietro Villari (monografie, articoli editi da riviste speciali...