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Manipolazioni illusorie e case d'aste. Il meccanismo di trasformazione di moderne imitazioni in preziose antichità.

Autore: Pietro Villari, 2019. Tutti i diritti riservati.

Pubblicato on-line il 4 Marzo 2019 in thereportersblog.com, trasferito il 19 Giugno 2020 in thereporterscorner.com 
 

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Negli ultimi due anni ho intensificato le attività di studio (1) rivolte al monitoraggio delle vendite svolte da diverse case d’asta di notorietà internazionale nel settore delle antichità precoloniali americane. È stata così evidenziata l’esistenza di fenomeni imputabili a manipolazioni illusorie, ovvero di meccanismi mentali che concorrono a orientare gli acquisti della clientela, giungendo a fare accettare quali realtà assodate la descrizione dei lotti, la loro provenienza, datazione e attribuzione culturale. In taluni casi è stato anche possibile osservare che moderne imitazioni artigianali sono state catalogate e vendute quali costosi manufatti del passato.  
                                            
Vengono qui presentate alcune considerazioni preliminari circa i meccanismi di vendita di questi oggetti, cercando anche di focalizzare le motivazioni che spingono numerosi mercanti e collezionisti ad acquistarli. Nella quasi totalità delle vendite è stata accertata la totale mancanza di valide documentazioni di provenienza dei lotti e di espertizzi condotti da titolati professionisti del settore. Queste gravi carenze non fermano l’attuale periodo di espansione del mercato, nonostante sia forte il sospetto, manifestato anche da eminenti accademici statunitensi dediti allo studio delle falsificazioni di antichità preistoriche americane, che la gran parte dei manufatti presenti sul mercato internazionale e persino in prestigiose istituzioni museali sia non autentica (2).

 

Introduzione

Gli oggetti di cui ci occupiamo sono attualmente prodotti da artigiani mossi dalla grande passione per la lavorazione di materiali disponibili in natura quali l’argilla, la pietra, l’osso e il metallo, trasformandoli in oggetti ispirati a forme e decorazioni create da popolazioni preistoriche americane. Il legame di questi artigiani al loro lavoro è spesso basato su una forte attrazione verso quelle culture non più esistenti, al punto che in qualche caso si può identificare la “mano” dell’artigiano, inteso quale l’insieme delle peculiarità costanti nelle sue opere. In gran parte si tratta di errori, commessi nel suo modo di presentarne i miti e i simboli in una chiave di rivisitazione spesso inconscia, dove le loro carenze di studi approfonditi vengono colmate dalla fantasia e da deduzioni logiche personali (3).

Gli errori possono anche essere di natura tecnica quali, per citare i più frequenti, l’uso di argille alloctone, di pitture e vernici sintetiche o comunque inappropriate, di sostanze e utensili che lasciano traccia dei moderni trattamenti chimici e fisici per “antichizzare” le superfici, di macchinari moderni per processi di lavorazione delle pietre ignoti nel passato, della composizione di leghe metalliche o di metalli le cui impurità possono essere identificate da analisi quali improprie in quanto spesso provenienti da altre aree del pianeta, per citare solo le incongruenze più frequenti.

Identificando queste incongruenze l’esperto può sospettare la non autenticità dell’oggetto, e confermarla sottoponendolo ad ulteriori analisi di laboratorio. Generalmente, queste spese vengono sostenute dal proprietario o dal compratore solo se il valore dell’oggetto è stimato molto superiore.

La contraffazione di manufatti precoloniali americani è documentata sin dagli inizi del diciannovesimo secolo, ma è a partire dagli anni 1960, soprattutto in Messico e in Perù, che inizia ad assumere dimensioni preoccupanti (4). Dagli anni 1970 a oggi è cresciuta in modo esponenziale, giungendo a infestare importanti collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, ma è negli Stati Uniti che ha raggiunto la massima espansione con punte che in alcuni casi è stato rivelato possano giungere sino a quasi la totalità degli oggetti esposti. La stessa osservazione vale per i cataloghi di importanti case d’aste e gallerie antiquarie in mancanza di una adeguata regolamentazione legislativa in materia.

Questo fenomeno ha colpito sin dall’inizio anche l’Europa, presentandosi oggi in tutta la sua drammaticità nelle “antiche collezioni” messe in vendita all’asta o nei materiali prodotti recentemente, offerti in vendita da diverse case d’aste nella totale mancanza di alcun efficace contrasto da parte delle istituzioni preposte alla lotta contro le frodi.

Non bisogna dimenticare che le falsificazioni hanno creato un pesante danno alle nazioni che, come gli Stati Uniti si sono preposte di incrementare l’istruzione pubblica anche attraverso un forte ampliamento delle collezioni museali concedendo agevolazioni fiscali a quanti donano oggetti di alto interesse scientifico o artistico. Si è così garantito di detrarre dalle tasse una sostanziosa percentuale del valore risultante dall’espertizzo condotto da funzionari dello Stato o da professionisti privati per conto delle istituzioni museali.

L’operazione si è rivelata un’arma a doppio taglio, favorendo l’instaurazione di attività criminali, al punto che oggi a distanza di decenni dalle donazioni risulta ovvia la presenza di altissime percentuali di falsi in molti musei americani. Una festa del malaffare ricco e facile per quanti appartenenti a lobbies di potere, mediante le quali è stato possibile creare sistemi criminali dove corruzione e connivenze hanno avuto un’ampia diffusione e copertura ad alti livelli. Artisti, intermediari, antiquari, funzionari di musei e docenti di istituti universitari hanno concentrato nelle consorterie il potere di immettere nei musei e nelle collezioni private oggetti autentici, che già da tempo si è iniziato a scoprire contrabbandati da nazioni povere e a prezzi scandalosamente bassi.

Ma è soprattutto una immensa quantità di falsificazioni, sia artigianali che opere artistiche di alto livello che ha invaso le nazioni del Blocco Occidentale, un settore di affari che evidentemente è avvenuto sotto il controllo di parte del network Deep States, con epicentro gli Stati Uniti. I poteri che hanno gestito questo Deep Event sono ancor oggi pressoché totalmente ignoti, ma con tutta probabilità costituiti e organizzati in modo simile a quelli italiani (5).

Questo commercio ha ingrassato molti conti bancari, probabilmente giungendo anche ad alleviare il versamento di tasse da parte di importanti enti privati, con risparmi milionari. Un fenomeno simile si può ritenere sia accaduto anche in Europa, ovvero in quei Paesi che si erano dotati delle stesse procedure di donazione. Il dato di fatto che maggiormente colpisce, in base a quanto emerge dalla ricerca, è l’assoluta mancanza di indagini condotte fino alla identificazione e punizione dei colpevoli, e del loro risarcimento alle casse erariali delle somme non pagate.

 

Le fonti di approvvigionamento delle vendite all’asta

Vi sono tre principali vie attraverso le quali le moderne imitazioni di manufatti precoloniali americani possono raggiungere le case d’aste:

– le grandi quantità di oggetti che i grossisti acquistano direttamente dagli artigiani dediti a queste produzioni, e che successivamente distribuiscono a livello nazionale o internazionale alla loro rete di venditori;

– le gallerie d’arte e gli antiquari che, tramite intermediari o rapporti diretti, si riforniscono da artisti altamente specializzati nelle contraffazioni;

– i collezionisti che, generalmente dopo parecchi anni dall’acquisto si sono accorti di essere stati frodati e desiderano disfarsi degli oggetti senza subire perdite o, non di rado, di guadagnare presentandoli alle case d’aste quali autentici come descritto nelle fatture di acquisto.

Nel primo gruppo possono essere distinti artigiani che hanno imparato il mestiere lavorando sin da giovani, presso botteghe specializzate sotto la direzione di un maestro, continuandone le produzioni e inventandone di nuove, talora anche dedicandosi allo studio delle culture precolombiane e sperimentando nuove tecniche e strumenti di lavoro. La maggior parte di queste botteghe “tradizionali” producono grandi quantità di manufatti specializzandosi nella lavorazione di un determinato materiale, in genere per ottenere manufatti ceramici, litici, o in metalli preziosi. Quasi sempre essi circoscrivono la produzione alla imitazione di manufatti delle antiche culture presenti nella loro regione, potendo ispirarsi a oggetti presenti nelle collezioni locali e utilizzare le stesse materie prime dell’antichità.

In linea generale possiamo distinguere artigiani dediti alla produzione di due tipologie di prodotti commerciali. Una è indirizzata al mercato turistico di bassa qualità, ottenuti con materiali anche industriali e con strumenti e tecniche moderne. Sono i cosiddetti souvenirs in vendita soprattutto nei mercatini antistanti aree d’interesse archeologico che garantiscono un introito basso per una misera sopravvivenza. Vi è quindi una produzione artigianale di qualità nettamente superiore, manufatta con tecniche e materiali simili agli originali, antichizzandone quindi le superfici con “ricette” regionali inventate e perfezionate nel corso degli ultimi duecento anni. Nel caso delle ceramiche, assieme all’aspetto antico ne riproducono anche il tipico odore, che negli originali è dovuto alla lunga permanenza nel terreno.

Quella degli artisti è invece una casta a parte, costituita da personaggi sovente dotati di raffinata cultura, genialità, e grandi capacità tecniche. Lavorano quasi sempre su commissione, partecipando alla realizzazione di progetti di opere non soltanto esteriormente perfette, ma che possiedono il potere evocativo del simbolo e del mito proprie dell’espressione artistica delle popolazioni preistoriche americane. Ognuno di questi artisti di alto livello agisce su due fronti: uno pubblico, rilasciando regolare fattura delle sue opere di arte moderna o lontanamente ispirate a stili artistici precoloniali o coloniali americani, e una attività parallela, non pubblicizzata e riservata a pochi clienti ai quali l’artista è legato da un reciproco rapporto di fiducia e segretezza professionale che non ammette ingerenze e tradimenti. Possiedono biblioteche e strumentazioni costose, e grazie all’appartenenza a associazioni di potere all’interno delle quali trovano coperture e connivenze, sono in grado di ottenere dossier e pubblicazioni scientifiche riservate che li tengono al passo con la ricerca che tenta di arginare le contraffazioni. Vengono così in possesso di tutte quelle informazioni tecnico-scientifiche utili a superare non solo gli ostacoli del primo stadio di espertizzo, quello del connoisseur, del critico d’arte e dell’esperto accademico, ma anche nel passaggio successivo, svolto tramite analisi di laboratorio dirette a stabilire la composizione di ogni parte dell’oggetto, i caratteri qualitativi e quantitativi, chimici e fisici, che ne stabiliscono l’antichità, raggiungendo così il parere di autenticità espresso dai migliori studiosi di fama internazionale.

Ovviamente, i manufatti provenienti da questi due rami produttivi del sistema, artigiani e artisti, corrispondono a differenti valori commerciali: dai pochi dollari per le produzioni riservate al mercato turistico alle parecchie decine di migliaia di dollari pagati all’artista, includendo per quest’ultimo anche il surplus costituito dalla unicità dell’oggetto e dalla garanzia di omertà.

Un discorso diverso è quello delle imitazioni che dopo essere state immesse in importanti collezioni private quale autentiche, e da queste talora date in prestito per esposizioni in istituzioni pubbliche. Nella grande maggioranza queste collezioni hanno una “vita” relativamente breve, essendo formate e vendute entro un periodo compreso tra circa sessanta e dieci anni. Una volta cessata l’attività collezionistica le imitazioni originariamente acquistate quale autentiche, possono giungere per via ereditaria a terzi o essere oggetto di vendite testamentarie per coprire le spese di successione o, come nel caso di lasciti a istituzioni di carattere filantropico, per finanziarne le attività. Molti oggetti sono acquisiti da collezionisti tramite l’opera di intermediari o antiquari ai quali vengono affidati in commissione.

Un fenomeno che può verificarsi in questi passaggi è che, pur in caso si nutrano dubbi sull’autenticità, è prassi di continuare a mantenere lo status originario sino a prova contraria, evitando di compromettere la reputazione dei personaggi nel tempo implicati nella vicenda. Da un punto di vista investigativo, è molto difficile dimostrare la presenza di episodi omertosi, di prassi comportamentali all’interno di categorie professionali e famiglie di collezionisti, una forma di protezione dal carattere corporativo che coinvolge classi sociali alte e la credibilità del sistema collezionistico di alto livello, della sua nicchia di mercato e dei notevoli investimenti finanziari in gioco.

Nelle collezioni appartenenti alla classe media, spesso si nota una “logica” di allestimento che rivela gli interessi dei loro proprietari nel campo artistico, una forma di collezionismo intesa quale via di “iniziazione” all’esoterismo, alle concezioni religiose e alle pratiche sciamaniche precoloniali americane. Si tratta di un collezionismo che implica acquisti di oggetti artistici molto ambiti, dove la percentuale di acquistare contraffazioni è molto alta. In questi casi, le percentuali di oggetti non autentici nei lasciti testamentari è molto variabile, dipendendo dal grado di percezione e conoscenza del proprietario, delle sue fonti di approvvigionamento e dalla preparazione tecnico-scientifica degli esperti consultati prima dell’acquisto di ogni singolo oggetto.

Monitorando il sistema è stato possibile ipotizzare come, frequentemente, ciò che viene consegnato alle case d’aste olandesi, che assieme a quelle francesi sono tra le più attive in Europa nel settore delle vendite di oggetti precoloniali americani, rappresenta lo scarto della vendita privata delle collezioni sopra descritte. La tesi è che dopo avere separato i reperti autentici destinandoli a contrattazioni private, le falsificazioni in grado di “passare” o rendere molto arduo l’espertizzo “a vista” vengono generalmente consegnati a case d’aste con clientela internazionale, mantenendo la descrizione e le dichiarazioni di genuinità rilasciate al momento dell’acquisto da altre case d’aste o antiquari e avendo cura di accompagnarli ad altri lotti di reperti autentici ma di modesto valore commerciale.

Il gruppo di imitazioni ove è esteticamente evidente la non autenticità viene consegnato a quelle case d’aste che dedicano ancora minore cura nella valutazione dei lotti ricevuti in commissione, presentandolo assieme agli scarti dei reperti genuini (ad esempio vasi frammentari o con ampi interventi di restauro o rifacimenti pittorici con “arricchimenti”, frammenti di statuette). Altri reperti di evidente creazione fantasiosa risalente al corso del diciannovesimo secolo o agli inizi del ventesimo vengono offerti, seguendo la terminologia d’asta specificata in ogni catalogo, quali “antichi” e non accompagnati da datazione.

Recentemente si osserva anche la comparsa di un meccanismo più complesso, atto a creare fonti di provenienza, utilizzando figure prestanome sulle quali scaricare le responsabilità che comportano condanne penali e risarcimenti di danni economici. In questo caso sono generalmente adoperate imitazioni di produzione recente, che vengono immesse nel mercato tramite modeste e poco note case d’aste olandesi, francesi, inglesi e statunitensi, a prezzi decisamente bassi, accompagnati da ricevute di acquisto dove sono fornite provenienze non circostanziate, false dichiarazioni di antico possesso, o di antichi acquisti eseguiti in certi Paesi dell’America Latina presso collezionisti e antiquari recanti anche la datazione relativa dell’oggetto e cultura preistorica di appartenenza. In questa prima fase del meccanismo esse vengono acquistate all’asta da piccoli rivenditori appartenenti a diverse nazionalità europee (non è dato di sapere se in alcuni casi si tratta degli stessi soggetti che “lavano” i loro reperti importati dal continente americano). Ciò che ha attratto la mia attenzione spingendomi a iniziare la ricerca è il fatto che alcune settimane dopo gli stessi reperti, con un tempismo che lascia pochi dubbi, venivano offerti presso un’altra casa d’aste ormai ben nota a livello internazionale. Nell’accettare i lotti, gli “esperti” (6) di questa casa d’aste mantenevano anche le descrizioni dei reperti e le provenienze fornite dalla casa d’aste precedente, garantendo di avere controllato la documentazione attestante il legale possesso dei reperti da parte del venditore. Acquistati da altri mercanti, questi oggetti provenienti da più passaggi di proprietà possono essere rivenduti quali autentici sollevando il nuovo proprietario da responsabilità penali nel caso di denunzie.

In definitiva, nelle case d’aste olandesi non di rado finiscono “precols” (7) di aspetto gradevole e interessante per i neofiti che costituiscono la maggioranza dei visitatori, ma che l’esperto identifica a prima vista quali imitazioni. D’altronde, per rendere appetibile l’insieme offerto, le imitazioni sono sempre in numero minore rispetto agli oggetti genuini ma di scarso valore, frammentari o restaurati, presentando talora anche dei “pastiche” (8).

Se appare verosimile che parte della clientela delle case d’aste è composta da piccoli mercanti borderline, che vedono nel sistema una possibilità di ricavare denaro facile, bisogna ammettere che gran parte della clientela è insufficientemente preparata all’acquisto, ritenendo le case d’aste quali istituzioni tutte egualmente affidabili, garanti delle descrizioni accompagnanti ogni lotto e delle loro valutazioni del valore di mercato. Purtroppo, in questi casi la realtà può essere tutt’altra e, nel prestare fede, il cliente entra in un ambiente dove possono esservi anche manipolazioni illusorie.

La manipolazione non si basa soltanto ricorrendo a espertizzi eseguiti dal personale delle casa d’aste privo di titoli di studio professionalizzanti, quali laurea e specializzazione nel settore archeologico e di una valida esperienza e studi delle contraffazioni.  Difatti, è innegabile che l’eleganza e la ricchezza sfoggiata dall’ambiente espositivo, le raffinate illustrazioni dei cataloghi, la presenza di clientela appartenente a ranghi sociali medio-alti, in alcuni casi anche l’aspetto estetico e i cerimoniali del personale preposto a fornire informazioni sui lotti in vendita, l’abilità del battitore d’asta nel presentare le presunte qualità dei lotti, costituiscono un convincente insieme d’eccellenza che senza dubbio contribuisce alla formulazione di una immagine di affidabilità delle case d’aste. Un endorsement di natura élitaria che certamente stimola all’acquisto gli incompetenti in materia, e influenza la decisione di poter investire in tutta tranquillità e con successo poche centinaia o migliaia di euro per l’acquisto di antichità di valore ben superiore.

Anni dopo, quando gli acquirenti in buona fede o più sovente i loro eredi scopriranno la frode subita, potranno tentare di liberarsi dei loro “fakes” tramite mercanti e case d’aste, perpetuando così lo schema della frode e dell’omertà. Bisogna però ammettere che una parte degli oggetti identificati come falsi dai proprietari vengano trattenuti in famiglia o donati a terzi quali semplici imitazioni o distrutti (9).

È stato possibile osservare che innanzi a oggetti d’arte accompagnati da dichiarate ma spesso non documentate provenienze (quali importanti case d’aste, collezioni appartenenti a personaggi noti e esposizioni presso prestigiose istituzioni universitarie museali), il mercato reagisce con l’acquisto a prezzi ben più alti. La maggiorazione del valore è determinata da una sorta di curriculum d’eccellenza dell’oggetto, che lo rende evidenza storica, cimelio della “grande famiglia dei collezionisti” di antichità precoloniali americane. È qui evidente come la manipolazione agisca valutando l’oggetto in base alla sua storia recente, dove l’acquirente lo accoglie quale elemento pregevole e celebrativo, un  atto piuttosto comune nella tradizione antiquaria.

 

Manipolazione illusoria, collezionismo e investimenti finanziari

Negli Stati Uniti il collezionismo di manufatti preistorici americani è sin dalla seconda metà dello scorso secolo un fenomeno socio-culturale piuttosto diffuso nelle famiglie appartenenti ai ceti medi e alti. Un fatto che colpisce coloro che per la prima volta sfogliano i cataloghi statunitensi delle case d’aste di antichità precolombiane è la quasi costante presenza costituendone la maggioranza, di nominativi di origine ebraica dei collezionisti dai quali provengono i lotti, in genere dopo la loro morte.

In questo caso, soprattutto quando l’autenticità è dubbia, la manipolazione illusoria mostra la sua potenza agendo anche a livello etnico-religioso. Per il credente, accogliere questi oggetti acquistandoli rappresenta anche un atto di continuazione di una forma essenziale dei precedenti proprietari, con effetti benevoli per il nuovo proprietario. Difatti, è sottinteso che l’oggetto posseduto, anche se non antico, ma collezionato e amato dai precedenti proprietari contiene parte delle loro qualità spirituali, essendo personaggi noti anche per quanto di positivo svolto all’interno della loro comunità e nell’osservanza dei precetti religiosi (10).

Il problema è rilevante in quanto si tratta di una comunità che ha una grande influenza sul piano politico e economico-finanziario non solo statunitense, ma anche a livello internazionale. Questo include la grande maggioranza di tutte le componenti di potere del mercato antiquariale del blocco occidentale e il settore degli studi scientifici pertinenti al commercio, contrabbando e contraffazione delle antiquities. Di conseguenza, tutto ciò che può concorrere a determinare un forte condizionamento del mercato e a proteggere i grandi investimenti appartenenti a quella comunità. In una tale situazione sta dilagando il sospetto, supportato solo da bizzarre ma numerose coincidenze, che l’appartenenza a famiglie di origine ebraica e alle maggiori fratellanze massoniche siano ormai requisiti fondamentali per spianare la strada a carriere professionali, pubbliche e private, persino presso prestigiose istituzioni accademiche anglo-sassoni, e che questa stia divenendo una tendenza che sta iniziando a espandersi anche in altre aree europee. Tutto questo gioca pesantemente a favore di una insofferenza popolare e non si dovrebbero sottovalutare gli effetti dannosi dell’arroganza esercitata dal sistema di potere dominante, nel suo procedere di consolidamento sia negli apparati statali che nel network Deep States del Blocco Occidentale.   

In conclusione, il controllo di ogni aspetto socio-economico e culturale delle popolazioni tramite apparati strutturati piramidalmente in un network di poteri transnazionali, è una delle emergenze d’interesse criminologico che si stanno manifestando con sempre maggiore intensità negli ultimi decenni e che grazie al mantenimento di altre situazioni di crisi, vengono oscurate dai media (11). Il settore delle vendite delle antiquities attraverso le case d’aste soffre di problematiche che avvengono nell’ambito periferico di questo fenomeno. È evidente la necessità di apportare sostanziali modifiche nel regolamento legislativo di queste vendite, soprattutto in materia di provenienza dei manufatti, del loro espertizzo, e delle responsabilità che le stesse case d’aste dovrebbero essere tenute ad assumersi sia in ambito civile che penale, cercando così di chiudere ogni possibilità all’ormai secolare perpetuarsi di frodi.

 

Note

– svolte presso l’Archaeological Centre, una istituzione privata con sede in Olanda che ho fondato e dirigo da oltre venti anni. Dal 2013, il centro si occupa anche della pubblicazione di monografie dedicate alle imitazioni e alle riproduzioni archeologiche. L’assetto privato permette di intraprendere studi senza dovere chiedere permessi e fondi alle gerarchie accademiche, e di poter collaborare con professionisti del settore investigativo. L’autonomia è fondamentale anche per la libertà di espressione, in quanto non di rado i risultati evidenziano il coinvolgimento di personalità appartenenti alle gerarchie istituzionali pubbliche in complesse vicende d’interesse criminologico. I dettagli pertinenti ai nominativi delle case d’aste e ai manufatti oggetti di compravendite, verranno pubblicati dopo la conclusione del periodo di monitoraggio.

2 – Eloquente quanto scritto da due delle massime autorità in fatto di arte precolombiana: Karen Olsen Bruhns & Nancy L. Kelker, in data 13 Marzo 2011 (aggiornato nel Luglio 2015), in ArtiFact or ArtiFake? The problem of forgeries in Mesoamerican Art, leggiamo (traduco):

Sulla base delle nostre osservazioni e analisi delle donazioni raccolte nei musei a cui abbiamo avuto accesso, così come delle vendite all’asta, stimiamo che in questo momento, una stima prudente della percentuale di falsi in vendita o acquistati (e in definitiva donati) nell’arco, diciamo, degli ultimi 30-50 anni, sono circa l’85% e crescono esponenzialmente. Intere aste presso prestigiose case e gallerie e mostre museali spesso giungono al 100% di contraffazioni.”

www.mexicolore.co.uk/aztecs/home/mexicos-faked-prehistory

si legga ad esempio anche: Kinsella Eileen, 7 Luglio 2017, A Staggering 96% of the Artifacts in San Francisco’s Mexican Museum May Be Fake    https://news.artnet.com/art-world/mexican-museums-artifacts-mostly-fake-1016198

– al proposito si legga il primo capitolo della mia monografia “Guida alle recenti riproduzioni italiane di ceramiche archeologiche”, volume primo, Archaeological Centre, 2013.

– illuminante l’articolo di Kirstin Fawcett del 18 Settembre 2017, “Brigido Lara, the Artist Whose Pre-Colombian Fakes Fooled Museums Around the World” dove riassume l’attività decennale di un falsario e restauratore messicano, conclusa con il suo arresto nel 1974. In seguito, egli dichiarò di adoperare strumenti primitivi da lui prodotti e argille provenienti dalle stesse aree di approvvigionamento usate nell’antichità. Inoltre, rivelò la composizione usata per “antichizzare” le superfici delle sue opere, tra cui vi erano i seguenti ingredienti: cemento, calce, acqua calda zuccherata e urina, sigillando il tutto con un misto di cera d’api e sporcizia polverulenta.

www.mentalfloss.com/article/93179/brigido-lara-artist-whose-pre-columbian-fakes-fooled-museums-around-world

– il problema è stato approfondio su questo blog in: “Strutture operative transnazionali e il network sopranazionale Deep States. Un criminologo nell’ARCA di Noah”, pubblicato su thereportersblog.com il 30 Luglio 2018 e riedito integralmente nel presente blog il 19 Giugno 2020.

– pur definiti “esperti” nei cataloghi on-line non è ben chiaro a cosa questa definizione si riferisca, essendo stato possibile constatare che in alcuni casi essi non possiedono nemmeno diplomi di laurea e tantomeno specializzazioni postlaurea che rendano credibile ogni loro espertizzo. In un caso, il titolo di dottore, era riferito al conseguimento di un dottorato di ricerca in Economia…

– In ambito commerciale, con il termine “precol” si intende ogni oggetto di fattura precoloniale, manufatto dalle popolazioni preistoriche americane.

– con il termine “pastiche” viene definito un oggetto composto da frammenti di due o più manufatti originali, talora con ampie parti mancanti integrate da restauri, anche delle pitture e altre applicazioni decorative. Nella grande maggioranza si tratta di vere e proprie contraffazioni, che nulla hanno a che vedere con opere moderne ove il frammento costituisce solo una parte decorativa (ad esempio le opere di Gaudì rivestite di frammenti ceramici smaltati o di porcellane appartenenti a varie età e aree di provenienza).

– Mi sono imbattuto anche in situazioni opposte. Tra queste ricordo il grazioso esempio di munekas, una fascia di bamboline in tessuto policromo e finemente decorate, tipica di una cultura preistorica peruviana. La scoprii in un negozio di oggettistica di seconda mano, incorniciata quale moderno oggetto decorativo. Il prezzo di vendita equivaleva a un caffè consumato al bar, mille volte inferiore al suo valore di mercato.

10 – Per le origini di questa credenza si legga: “Commercio di crani umani, collezionismo scientifico e rituali necromantici. È iniziata la ‘gold rush’ nelle aree cimiteriali europee di età moderna?” pubblicato su thereportersblog.com il 15 Febbraio 2019, nota 3 (non piu' disponibile), riedito nel presente blog il 19 Giugno 2019.

11 – si rimanda alla nota 5.  

 

Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

In questa sezione è presentata una selezione di pubblicazioni scientifiche di Pietro Villari (monografie, articoli editi da riviste speciali...