Alcune considerazioni d'interesse criminologico, etico e commerciale in materia di monete romane, resti ossei di faune preistoriche e rare conchiglie esotiche in vendita in tre musei olandesi*.


Autore: Pietro Villari, 2019. Tutti i diritti riservati.

Pubblicato on-line l' 8 Luglio 2019 (ex thereportersblog.com. Trasferito su thereporterscorner.com il 19 Giugno 2020. 

 

* Aggiornamento. Nei mesi di Luglio e Agosto 2024 ho condotto una serie di sopralluoghi nei tre musei oggetto di questa indagine. Ho potuto così constatare il puntuale avverarsi di quanto anni prima mi era stato, per così dire, con molta amarezza profetizzato da un dirigente pubblico olandese dopo avere letto questo mio articolo: tutte le controverse attività di vendita qui esaminate sono state chiuse.
 

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Nel corso degli ultimi anni alcuni importanti musei olandesi hanno eseguito la vendita di beni appartenenti al patrimonio culturale e naturale sia nazionale che di provenienza estera. Sono qui esaminate le attività di tre musei, ponendo in evidenza problematiche di carattere criminologico, etico e commerciale, rilevate in particolare nelle modalità di vendita di questa “merce” notoriamente oggetto di una regolamentazione legislativa di tendenza restrittiva, convenuta in diversi trattati internazionali. Al proposito, è utile ricordare che aderendo a una convenzione internazionale ogni Stato ne accetta la condizione di superiorità giuridica rispetto alla propria legislazione nazionale.

 

Le monetine romane del Museumpark Archeon

“Archeon” è un grande parco tematico la cui costruzione iniziò nella seconda metà degli anni 1980 in terreni originariamente agricoli siti nei pressi della cittadina olandese di Alphen aan Rijn. Iniziai a seguirne i progressi sin da prima della sua inaugurazione, un quarto di secolo addietro, quando ancora in allestimento sotto la guida di una delle personalità più eclettiche e avventurose dell’archeologia sperimentale, Gerard Ijzereef, che fu come me e altri pochi colleghi uno dei pionieri della moderna archeozoologia europea e sudamericana dal 1974 al 1990 (1).

Oggi questa Istituzione è controllata dall’Associazione Parco Museale Archeon, la cui finalità primaria è di “preservare, presentare e diffondere il patrimonio materiale e immateriale dell’Olanda cosicché chiunque possa sperimentarne la storia dal Mesolitico al Medioevo”. Dal 10 Dicembre 2015 ha ottenuto formale riconoscimento nel registro dei musei olandesi e ha quindi potuto accedere a ingenti somme private e pubbliche (queste ultime sia statali che europee) a sostegno di una programmazione di sviluppo di attività didattiche, scientifiche e commerciali a lungo termine (sino al 2030), proponendosi quale il maggiore parco museale europeo.

Esposte in vendita presso la cassa dell’attuale ingresso al parco, le monete dell’Impero Romano sono contenute in decine di confezioni disposte in fila in un cestino. Ogni confezione è costituita da un doppio cartoncino di forma rettangolare, misurante circa cm 10×15, dove nella porzione superiore, è aperto un foro dal diametro di mm 22 contenente una monetina in rame sigillata tra due foglietti di plastica trasparente.

Entrambe le superfici esterne del cartoncino recano, oltre al logo e alla denominazione della ditta venditrice (Archeon), una insufficiente descrizione della moneta, non essendovi alcuna specifica identificazione concernente la datazione e la provenienza. Il tutto è contenuto entro una busta di cellophane sulla quale sono applicate due etichette adesive con la scritta “Originale moneta di rame Romana”, il prezzo, numeri di identificazione, un codice a barre e un codice QR (“Quick Response”, un codice a matrice leggibile tramite uno smartphone).  

Nel mese di Marzo di quest’anno ho voluto sperimentare l’acquisto di un esemplare, scegliendolo tra le circa trenta confezioni presenti nel cestino. La prima forte evidenza è che quasi tutte le monete sono di rame, in pessimo stato di conservazione essendo spatinate e gran parte delle raffigurazioni e delle scritte illeggibili.

Incuriosito, ne ho selezionata una in condizioni migliori delle altre, essendo sufficientemente leggibile e l’unica che conserva la patina originale, di colore verde scuro. Il diametro è di circa 16 mm. Sul dritto della moneta è identificabile il busto volto a destra dell’Imperatore Costanzo II (Flavius Julius Constantius, AD 337-361) con folti capelli ondulati che si piegano sulla nuca, seguendo la moda del periodo; sul rovescio è presente una scena di guerra, ove un legionario armato di lancia è volto a sinistra, nell’atto di disarcionare un cavaliere nemico (la scena simboleggia un atto di valore dell’esercito romano vittorioso). Nel campo a sinistra una S, generalmente presente nelle monete di questo tipo coniate dalla zecca di Alessandria d’Egitto tra il 351 e il 355 d.C., così come suggerisce anche la tipica regolare circonferenza di questo conio (2). Il prezzo di acquisto è di Euro 14,95 dei quali 2,59 rappresentano l’IVA (qui denominata B.T.W.). Sul lato del dritto della moneta, il cartoncino reca la scritta in lingua olandese “Moneta dei Romani nei Paesi Bassi” e più in basso, in piccolo: “Moneta di rame originale dell’Impero Romano del periodo dal 300 d.C.”. Più in basso, l’immagine di una maschera in argento con tracce di doratura, seguita dalla denominazione della ditta venditrice (“Archeon”) accompagnata dal logo. Non è quindi presente alcuna specifica datazione, o riferimento alla zecca che coniò la moneta, o al diametro e al peso, nessun riferimento alle raffigurazioni che identificano i due lati della moneta, il colore della patina, la provenienza recente. Questa noncuranza è  grave e eclatante in quanto l’esemplare non è soltanto venduto “nel museo”, ma “dal museo”, come deducibile dalle indicazioni a prima vista fornite dalla confezione.

Le monete romane sono difatti offerte in vendita direttamente dall’Associazione del Parco museale Archeon, che quindi ne garantisce l’autenticità, la legale detenzione e la provenienza non illegale. Questo dato è importante in quanto, se fossero scoperte irregolarità nella compravendita, le responsabilità ricadrebbero sulla dirigenza del Parco Museale. Tuttavia, vi sarebbero ripercussioni negative d’immagine sugli sponsor privati e sulle numerose istituzioni pubbliche, anche di livello internazionale, che ne supportano le attività.

Ma è davvero tutto regolare, come dovremmo aspettarci acquistando da una istituzione che tende a divenire “il” leader europeo nel settore dei parchi tematici museali? Leggiamo la ricevuta rilasciata alla cassa del museo. Tralasciamo di occuparci del logo, della data di emissione del documento e del numero progressivo, del codice identificativo dell’operatore. Quel che invece colpisce è l’assenza di un riferimento ai codici presenti sul pacchetto contenente la moneta. Difatti, non vi è alcuna indicazione che possa aiutare a identificare in futuro la moneta quale effettivamente venduta in questo museo. Vi è solo un generico riferimento alla tipologia merceologica dell’oggetto della compravendita: “Originale moneta di rame Romana”, seguita dal prezzo di vendita e la specificazione della imposta sul valore aggiunto qui applicata nella misura del 21%. La descrizione così formulata nella ricevuta, priva di ulteriori informazioni, soprattutto la datazione, vuol dire semplicemente che la moneta è stata coniata a Roma, non è precisato se in antichità o di recente… (3).

Ovviamente, diamo credito a questa importante Istituzione, forse si tratta solo di una svista e con un atto di profonda fede accettiamo di ritenerla autentica… Tuttavia è proprio considerando genuino questo reperto d’interesse numismatico che si presentano ulteriori considerazioni piuttosto inquietanti.

Ad esempio, la moneta può essere facilmente sostituita da un’altra di illegale provenienza (anche qui accettando il dogma che quella presente nella confezione originale sia di provenienza legale), dal maggiore valore commerciale in quanto in migliore stato di conservazione, di conio raro o variante ignota.

Inoltre, sia la moneta che la confezione sono oggi facilmente falsificabili, così come il semplice scontrino. E poi, trascorse alcune decine di anni, la mancanza di verificabilità delle vendite da parte dell’ufficio delle entrate olandese, renderebbe più facile la sofisticazione di ulteriori tipologie di confezioni relativi a monete di maggiore valore commerciale, e il ricavo delle truffe molto più sostanzioso.

Se proprio si vuole creare un alto senso etico in un campo minato come quello misto, scientifico e commerciale, allora bisogna adoperare la massima attenzione e accuratezza per prevenire problemi. Un museo non può permettersi di lasciare vistosi margini di azione a potenti organizzazioni criminali, quale porsi in condizione di connivenza passiva a causa di una insufficiente preparazione tecnica e incautela nelle vendite antiquariali, un settore commerciale già ampiamente compromesso dalle falsificazioni.

Last but not least, quasi tutte le altre monete attualmente messe in vendita da Archeon, essendo spatinate con trattamenti chimici o comunque presentando le superfici modificate artificialmente e in gran parte scarsamente leggibili, hanno un valore commerciale misero, vicino allo zero, per cui l’attuale prezzo richiesto è sproporzionato, essendo circa cinquanta volte superiore al valore di mercato, senza che questo sia reso noto agli ignari ma fiduciosi acquirenti. Si tratta quindi di una vendita dai caratteri “borderline”, in quanto è difficile stabilire la presenza di un “fumus boni iuris” che renda possibile a un giudice la pronuncia di un provvedimento cautelare, quantomeno amministrativo.   

L’intervento chimico sulla superficie di oggetti metallici è spesso usato dai falsari, generalmente dopo aver creato sulla superficie, con strumenti adoperati a mano libera, segni che riproducano le antiche tracce d’uso, costituenti anche una base ottimale sulla quale approntare il processo di patinatura delle monete in rame o in lega di rame. In mancanza della patina, l’autenticazione delle monete di rame necessita di costose analisi di laboratorio ben superiori al valore commerciale. In definitiva, la genuinità delle monete spatinate offerte in questo museo è tutta da verificare, in quanto non sono forniti dati sulla loro provenienza, su chi e a quale titolo e con quali mezzi ha condotto il trattamento chimico, mancando anche una formale documentazione di eventuali analisi di laboratorio o di un espertizzo professionale.

Nel remoto caso si giungesse ad accertare la contraffazione della moneta, l’analisi di un solo esemplare non sarebbe in sede giuridica sufficiente per contestare gli estremi del reato di truffa con l’aggravante della istituzione nella quale viene perpetuata.

Bisognerebbe che la magistratura, dopo avere disposto indagini preliminari, ritenesse opportuno predisporre il sequestro cautelativo di tutte le monete romane in vendita presso la struttura, procedendo quindi all’assegnazione delle analisi di laboratorio a una struttura scientifica di chiara notorietà.

Se accertata, una sostanziale presenza di falsi nel gruppo sequestrato permetterebbe di procedere in termini processuali, con l’approfondimento delle indagini finalizzate alla individuazione della zecca clandestina e degli attori attraverso i quali le contraffazioni sono pervenute alla vendita svolta nell’istituzione museale.

Si tratta di indagini delicate, in quanto in questi casi il responsabile del crimine non è un ambulante con un banchetto al mercatino domenicale, ma un insieme di professionalità nazionali che, per ignoranza o superficialità, giungono a compromettere il buon nome della istituzione e di tutte quelle che la sostengono anche a livello internazionale.

Malgrado raramente si perviene alla possibilità d’incriminare i classici “colletti bianchi” eventualmente coinvolti in queste vicende, l’azione degli apparati statali preposti può effettivamente rappresentare un’azione di contrasto che determini la scomparsa del problema.

Tempo addietro fibbie in bronzo d’età romana (fibulae), anelli e altri modesti oggetti accessoriali del vestiario e monete, databili tra i secoli II e XVII, erano offerti in vendita in un settore del parco, in una delle capanne ricostruite in stile tardo-medievale germanico occidentale. Si trattava della povera merce, alcune decine di oggetti con tutta probabilità genuini e in gran parte rappresentanti lo scarto di rinvenimenti effettuati con l’ausilio di cercametalli (nessuna specificazione sul “come, dove, quando”), che un collezionista dedito alla piccola compravendita offriva, indossando umili abiti medievali, ai visitatori illustrando con dovizia il periodo storico al quale appartenevano e il loro uso. I prezzi erano anche qui piuttosto superiori a quelli di mercato (circa il doppio) ma bisogna chiedersi a quanto ammontassero le spese di viaggio, di vitto e di alloggio per quelle performances svolte con l’ausilio di un misero banchetto misurante poco più di un metro di lunghezza e la metà di larghezza. Dopo un periodo di sopravvivenza in quelle condizioni, lo scorso anno il venditore ha desistito dal continuare: probabilmente i costi superavano di molto i pochi ricavi, anche in termini di gratificazione sociale quale divulgatore scientifico a titolo gratuito.

Nonostante la presenza di queste grossolane stranezze, da un punto di vista commerciale Archeon presenta realmente solide possibilità di sviluppo sia nel settore antiquariale che in quello delle riproduzioni di alta qualità, soprattutto della gioielleria artigianale, dei mosaici policromi d’età romana imperiale, della statuaria greco-romana. Ma anche mobili in legno, quali gli splendidi letti vichinghi scolpiti con simbologie mitologiche scandinave; i tessuti riprodotti con telai artigianali, capi d’abbigliamento di produzione sartoriale con stoffe pregiate, l’artigianato calzaturiero; le ceramiche invetriate e le maioliche di alta qualità; i bicchieri medievali ottenuti con corna bovine che essendo cave e costituite da cheratina, si prestano alla deformazione tramite lavorazione a caldo, divenendo anche facilmente intarsiabili (con un simile procedimento si ottengono anche pettini decorati in diversi stili di età medioevale e rinascimentale); il vetro soffiato per la realizzazione di vasellame da tavola e la pasta vitrea per l’oreficeria.

Vi è poi un’ampia gamma di piccoli oggetti di uso religioso replicabili su metallo, pietra, legno, cuoio, osso, conchiglia (statuette, amuleti, strumenti rituali, ecc.). Un commercio a parte, di grande interesse riguarda i prodotti alimentari provenienti da colture e allevamenti cosiddetti “biologici”; le applicazioni nei settori della ristorazione e alberghiero, purchè alla loro direzione siano posti manager con solida esperienza professionale specialistica.

Tutto questo non può limitarsi a iniziative private e a sporadiche vendite nelle fiere stagionali o su siti on-line poco noti, necessitando la creazione di strutture logistiche di supporto delle quali non può che essere lo Stato a farsi carico. In primo luogo le scuole di formazione, trattandosi di un artigianato che permette l’avviamento al lavoro di giovani o la riqualificazione professionale di lavoratori. In una società sana è lo Stato che investe in progetti di economia territorialmente sostenibile, finalizzata a promuovere la creazione di posti di lavoro e quindi il benessere sociale anche attraverso elargizioni di incentivi finanziari.

Allestire scuole di specializzazione nel settore della riproduzione di artigianato di alta qualità, presenta tuttavia controverse problematiche da risolvere, in grado di provocare gravi danni sia al commercio antiquariale che alle attività accademiche, soprattutto nel campo degli studi storico-artistici nel caso, purtroppo non raro, che esemplari riprodotti vengano erroneamente ritenuti autentiche antichità. Eccetto i lavori dei falsari di alto livello specialistico, attualmente questa produzione è relegata a finalità non commerciali, effettuate in laboratorio ai fini di studio dell’archeologia sperimentale.

È questo il principale motivo che sta bloccando queste possibilità di sviluppo, che certamente non è favorito e anzi è di fatto contrastato dalla disponibilità di cospicui finanziamenti sia pubblici (statali e europei), e sia di quelli della grande imprenditoria privata, che di fatto permettono alla nuova direzione del parco museale di non adoperarsi per rendere questo luogo un autentico modello di economia sostenibile.

Stroncare l’allestimento di scuole di specializzazione nel settore sopra descritto corrisponde a un remare contro coloro che, tra mille difficoltà, cercano di svelare gli interessi di poteri forti presenti nell’esclusivo comparto dell’alto antiquariato. Poteri che attivamente operano, ad esempio, per evitare di rendere noto come molte di quelle creazioni vendute in gallerie e case d’asta internazionali negli ultimi cinquant’anni, sono state vendute quali autentiche pur essendo in realtà dei falsi, ovvero di truffe operate con artisti coadiuvati dalla ricerca scientifica di ambito accademico e dall’imprenditoria criminale. Una operazione tesa a evitare che, ciò che oggi è riservato alle grandi possibilità speculative di classi agiate, si trasformi in un sistema socialmente produttivo che coinvolga le classi inferiori della popolazione, liberandola così dalla condizione di comportamenti borderline o decisamente criminali nell’ambito delle imprecise contraffazioni di antichità, le uniche ad essere oggetto di attività repressive delle Autorità statali.   

In breve, l’abbondanza di finanziamenti pubblici e privati e l’accentramento del potere nelle mani di tecnocrati e burocrati, generalmente conduce a emarginare le fasce sociali basse della popolazione, prevalendo gli interessi di una ristretta comunità tecnico-scientifica e imprenditoriale arroccata sui propri privilegi e dogmi scientifici, etici e commerciali autoreferenziali.

 

La catasta di ossa preistoriche venduta nel Museo di Storia naturale di Leiden

Sono trascorsi ormai parecchi anni da quando l’Olanda attirò l’attenzione degli studiosi di paleontologia, a causa di una vicenda che qui riporto in quanto contempla una situazione da manuale. 

Dopo aver consultato il proprio personale tecnico, amministrativo e scientifico, la direzione del rinomato Museo di Storia Naturale di Leiden, meglio noto quale Naturalis (4), decise di mettere in vendita una ingente massa di resti scheletrici craniali e post-craniali di mammiferi molti dei quali risalenti al Tardo Pleistocene, ovvero databili tra circa trentamila e diecimila anni fa. Gran parte di quelle ossa fossilizzate appartenevano a mammuth (elefante lanoso), bisonte, grandi cervidi (alce e cervo) e a un equide di taglia ridotta, ovvero ai grandi mammiferi che popolavano il paesaggio periglaciale presente nell’attuale Mare del Nord. Fenomeni naturali le condussero in seconda giacitura in depositi che oggi si trovano al largo della costa olandese a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci polari e al conseguente innalzamento del livello marino. Così, da circa diecimila anni grandi quantità di resti ossei sono presenti in vasti banchi sottomarini, oggetto d’intense attività di pesca che la marineria olandese opera da secoli con reti a strascico.

Issate a bordo dei pescherecci in quanto finite accidentalmente nelle reti assieme al pescato, le ossa sono sottoposte a trattamenti precauzionali, per evitare gli effetti dell’improvviso cambiamento delle condizioni di fossilizzazione (5). Giunte in porto, esse vengono consegnate ai funzionari incaricati dal Ministero olandese per l’Istruzione, Cultura e Scienza. I reperti considerati di minore interesse scientifico possono essere concessi con formale atto ministeriale all’armatore quale premio di rinvenimento, in tal modo autorizzato a detenerla o a cederla a privati, anche affidandola in commissione a terzi quali le case d’asta.

La parte di maggiore interesse scientifico viene quindi trattenuta dallo Stato e dopo essere stata catalogata compilando un questionario di protocollo, viene consegnata a musei e istituti universitari al fine di effettuare restauri, studi, esposizioni e immagazzinamento.

Anni fa, il Museo di Storia Naturale di Leiden decise di mettere in vendita una ingente massa di ossa considerate di seconda scelta in quanto incomplete o comunque in condizioni di conservazione imperfette, tutte appartenenti a specie comuni. Esse furono quindi accatastate, con grande effetto scenico, in una sala dove il pubblico fu invitato a scegliere quanto di gradimento e di acquistarlo al costo di pochi euro al pezzo, ottenendo anche una ricevuta rilasciata dal museo.

Tuttavia, queste ricevute non recavano la descrizione del reperto, nemmeno la semplice indicazione del genere e della specie di appartenenza. Come nel caso delle monete romane, anche qui, questo documento fiscale insufficientemente descrittivo potrebbe in futuro essere usato quale una prova indiziaria, al fine di favorire la vendita o di evitare il sequestro, di resti ossei preistorici di provenienza illegale.

Quel che sorprese dell’evento fu la tipologia degli acquirenti, essendo in gran parte costituita non soltanto da genitori che accompagnavano i propri bambini, ai quali le ossa preistoriche erano destinate in regalo, ma anche da semplici curiosi del tutto inesperti in materia, gratificati dalla possibilità di venire in possesso di qualcosa che apparteneva al museo, ovvero alla scienza e alla preistoria della propria nazione.  

Alla fine della giornata, la vendita permise al museo di realizzare una discreta somma di denaro, destinata alle attività scientifiche.

 

Le migliaia di conchiglie marine in vendita al Museo del Mare di Scheveningen

Scheveningen è la marina di Den Haag, la capitale olandese che dalla fine del 1800 sino agli anni 1930 divenne l’affascinante sede della Società delle Nazioni. Un tempo separata dalla città da un grande bosco e dune costiere, nel Settecento venne collegata con il centro storico in linea retta, mediante un ampio viale lungo circa cinque chilometri ai margini del quale, nei secoli successivi, furono costruite le residenze estive della media borghesia olandese. Il viale termina a poco più di un centinaio di metri dalla riva del Mare del Nord, dove nel 1885 fu inaugurato il monumentale Grand Hotel Kurhaus, frequentato sino a poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia mitteleuropea.

Negli ultimi decenni in quest’area si è verificata una intensificazione delle attività edili a fini residenziali, ricreative e alberghiere, ma il Muzee Scheveningen, è rimasto il grazioso “museo del mare” posto ad alcune centinaia di metri dalla Kurhaus, in un edificio che dal 1877 ospitò una scuola elementare.

Dagli anni 1960 le attività scolastiche sono state trasferite altrove e la struttura è stata adibita alla esposizione museale di biologia marina e delle locali attività marinare, allestite e periodicamente aggiornate da esperti di scienze naturali. In esso sono esibiti o immagazzinati circa centocinquantamila reperti tra faune marine, oggetti di tradizione marinara, e una selezione di specie ittiche viventi ospitati in acquari. L’insieme ha un suo particolare fascino decadente, essendo oggi le attività condizionate dalla particolare architettura dell’antico edificio scolastico, quasi un onnipresente fantasma d’epoca. Anche il bar, iscritto nell’albo degli antichi caffè presenti in Den Haag, possiede questo carattere evocativo e non a caso è sede di deliziosi corsi della “cultura del caffè”, di incontri letterari e artistici. Il personale del museo è in gran parte formato da volontari, per lo più pensionati ma dotati di una verve straordinaria, il cui ruolo è fondamentale anche nella organizzazione di numerose attività sociali che coinvolgono la comunità di Scheveningen.  

Site in posizione opposta all’entrata del museo, vi sono alcune stanze riservate a quella che dovrebbe essere una vendita di souvenirs per turisti (che comprende anche una gradevole serie di bigiotterie in pietre semipreziose), e una piccola ma ben fornita serie di libri dedicati alla storia di Scheveningen e guide malacologiche specialistiche. Ma la grande sorpresa è all’interno dove vetrine, scaffali e un bancone con grandi ceste offrono una imponente quantità di specie malacologiche marine, quasi tutte di provenienza esotica, alcune delle quali rare.

Sul sito muzeescheveningen.nl nella sezione “winkels” (negozi) si può scaricare il catalogo dei quasi 5.000 esemplari di Gasteropodi, Bivalvi e Echinidi in vendita da parte di questo museo, descritti seguendo l’attuale terminologia scientifica, accompagnati dalla provenienza e dal prezzo, che è talora piuttosto inferiore a quelli di mercato. 

Tra lo scorso anno e l’attuale mi sono più volte recato in questo locale, dove ho sperimentato l’acquisto di alcuni esemplari appartenenti a specie comunemente diffuse nell’Area Indo-Pacifica, dal prezzo compreso tra 2 e 15 euro. Ad ogni acquisto è puntualmente rilasciato uno scontrino, dove però non sono precisati il genere e la specie degli esemplari, o un numero identificativo attraverso i quali potrebbero essere identificabili, anche per potere accertare la loro libera commerciabilità in quanto specie comuni e quindi non protette.

Intendo dire che, se oggi varcassi i confini europei con queste conchiglie che appaiono chiaramente esotiche e da collezione, la ricevuta rilasciata dal Muzee Scheveningen sarebbe insufficiente per evitare che le autorità doganali frontaliere volessero sottoporle a un sequestro a titolo cautelativo. Per ottenere il dissequestro, potrebbero necessitare tempi lunghi per l’espertizzo doganale e costi di molto superiori a quelli sostenuti per l’acquisto delle conchiglie. Difatti, la ricevuta reca solo una laconica descrizione merceologica del gruppo di conchiglie acquistato, “schelpen” (conchiglie) seguita dai prezzi di compravendita.

In questo caso, il Muzee Scheveningen dovrebbe dotarsi di un sistema identificativo alfa-numerico delle specie malacologiche oggetto di compravendita, inserendolo nel già consultabile catalogo on-line, in modo da poterlo specificare nella ricevuta rilasciata all’acquirente e rendere immediate le verifiche doganali.       

 

Un problema etico-religioso millenario: i mercanti dentro o fuori dal “tempio”?

A differenza del diciannovesimo secolo, quando i naturalisti si occupavano anche di preistoria, attualmente vi è una netta delimitazione dei settori di ricerca tra studiosi delle scienze naturali (nella accezione più ampia del termine) e studiosi di paletnologia e di archeologia (oggi divenute esclusive degli studi di indirizzo “umanistico”) con un forte ridimensionamento o estromissione dei primi. Eppure, in alcuni campi della ricerca archeologica i “naturalisti” offrono una maggiore garanzia di preparazione professionale. Una differenza eclatante ad esempio in fase di scavo di siti preistorici, in particolare nella individuazione, messa in luce, raccolta e interpretazione sia dell’evidenza stratigrafica che dei reperti (di origine culturale e naturale), ove vengono usate metodologie e dottrine proprie delle scienze naturali. L’uomo è il risultato di un processo naturale, così come tutte le sue attività comprese quelle cerebrali. Il resto è pura speculazione, priva di fondamento scientifico, irrazionale.

Da un punto di vista comportamentale gli studiosi di formazione naturalistica non sono ben visti dai parabalani dell’etica contemporanea, in quanto inclini a riconoscere nella diffusione del collezionismo di reperti d’interesse naturalistico e di antichità, una sana e importante attività formativa e ricreativa la cui origine ha recentemente trovato evidenze nella remota preistoria dell’uomo. I secondi invece oppongono  posizioni di intransigenza talora estrema, di forte contrasto a questa attività, adducendo a supporto motivazioni di ordine etico e protezionistico, reclamando una forte restrizione regolamentata del fenomeno collezionistico.

La rapida espansione del commercio via internet, favorito dai processi di globalizzazione, ha aumentato in modo esponenziale il numero di collezionisti e quindi le richieste di mercato di sempre maggiori quantità di reperti. A questo aumento è corrisposta una impressionante impennata di vendite di falsificazioni soprattutto di beni d’interesse archeologico e etnologico (settori commerciali definiti: antiquitiespre-columbiantribal art), di furti nei magazzini di musei e di altre istituzioni pubbliche, di devastazioni di siti archeologici in particolare nelle nazioni del terzo mondo ove si svolgono conflitti bellici o vi è una forte corruzione delle pubbliche istituzioni. Questi fenomeni riguardano anche i reperti di interesse naturalistico attinenti alla formazione di collezioni sia pubbliche che private, dove si registra oggi particolare richiesta di reperti paleontologi, malacologici, di rocce e minerali, di preparati tassidermici di Vertebrati, di crani e parti dello scheletro post-craniale moderni sia umani che di altre specie di Vertebrati, di insetti, di oggetti in avorio e in pelle appartenenti a specie protette.

Quanti dediti al commercio di reperti archeologici e naturalistici devono attenersi alle leggi in vigore nello Stato dove svolgono la propria attività e, per quanto riguarda i negozi presenti all’interno dei musei o di parchi naturali o aree archeologiche, essi hanno anche a disposizione le raccomandazioni del codice etico dell’ICOM per non coinvolgere il buon nome della istituzione in vicende e situazioni criminose.

Ed è proprio in base a questo timore che, tenendo fuori i mercanti dal tempio, nella quasi totalità dei musei di tutto il mondo non sono messi in vendita oggetti d’interesse museale. Il fatto è discutibile in quanto così facendo si è lasciato l’intero comparto delle compravendite fuori dai musei, dalle aree archeologiche e dai parchi naturali, dove è spesso gestito da mercanti e parvenues non di rado privi di preparazione scientifica, in possesso di nozioni di livello amatoriale, autodidatti e persino di organizzazioni sospette.

L’Olanda sembra essersi di recente aperta a una timida terza via, dove alcuni musei stanno iniziando a operare vendite di reperti che, come abbiamo visto, appaiono tuttavia impacciate e di basso profilo merceologico e collezionistico. Un problema da superare consiste nel superamento dell’attuale tendenza della dottrina e della metodologia etico-scientifica, che ha favorito l’ipertrofica presa del potere da parte della  tecno-burocrazia, alla quale è stato demandato il controllo di ogni attività imprenditoriale.

 

La Bibbia dell’ICOM: il codice etico dei musei

La XV Assemblea Generale dell’ICOM (International Council of Museums), avvenuta in Argentina nel 1986, aveva stabilito che i musei dovessero attenersi ad un codice etico approvando una prima stesura, in seguito modificata e revisionata dalle Assemblee XX e XXI tenutesi rispettivamente in Spagna (2001) e in Corea (2004). L’importanza di questo documento risiede nell’individuazione degli standard minimi deontologici, ovvero di pratica e di condotta, ai quali devono attenersi tutti i membri dell’organizzazione.

Si tratta di una serie di principi generalmente accettati dalla comunità scientifica museale internazionale, in quanto linee guida delle pratiche professionali che in alcuni Paesi hanno molto influito al perfezionamento di leggi già contemplate dai codici civili e penale, sino alla emissione di nuove norme legislative o supplementari. La finalità primaria di questo codice è di strutturale la professionalità del personale scientifico e amministrativo dei musei di tutto il mondo, per rendere trasparente e assicurare la tutela e la valorizzazione, nel rispetto delle necessità, delle aspettative e dei diritti dei cittadini. Tuttavia, l’ICOM definisce il suo codice quale una base sulla quale ogni Paese può elaborare un proprio codice deontologico che risponda alle esigenze nazionali nell’ambito della conservazione, dell’interpretazione e della valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’umanità, a beneficio della società e del suo sviluppo, quali testimonianze primarie per creare e sviluppare la conoscenza e partecipare alla gestione di detto patrimonio. Tutto ciò comporta grandi responsabilità del personale retribuito e dei volontari accreditati alla collaborazione, ai quali è quindi richiesto di operare in modo altamente professionale e nella legalità.

Il Codice etico per i musei stilato dall’ICOM fornisce importanti indicazioni sui principi, sullo status giuridico, sulle strutture, risorse finanziarie, personale, modalità di acquisizione delle collezioni, detenzione, restauro e loro eventuali alienazioni, regolamentazione delle attività di ricerca, collaborazioni con altre istituzioni, esposizioni, pubblicazioni e riproduzioni.

Al fine di operare nella legalità, i musei devono attenersi alle norme stabilite dalla legislazione internazionale e nazionale, e amministrativamente anche alle norme regionali e provinciali. Il fenomeno della globalizzazione ha comportato negli ultimi decenni una intensificazione dell’attività legislativa internazionale, determinando la stesura di importanti convenzioni che regolano i rapporti tra gli Stati nell’ambito del patrimonio naturale e culturale dell’umanità (protezione in caso di conflitti armati, proibizione e prevenzione di import-export illeciti, regolamentazione del commercio internazionale di specie protette di fauna e flora, diversità biologica, oggetti rubati o illecitamente esportati, protezione del patrimonio culturale sottomarino, salvaguardia del patrimonio culturale intangibile).

L’amministrazione del museo è divenuta pienamente responsabile dell’istituzione museale, assolvendo ogni obbligo legale e le condizioni che riguardano tutti gli aspetti del museo quale struttura architettonica, quale contenitore conforme alle necessità espositive, alle condizioni di tutela delle sue collezioni e non ultime le attività di ricerca scientifica, di restauro e di valorizzazione in essa svolte, o svolte da terzi sotto la supervisione del personale tecnico e amministrativo.

Particolare accento è stato recentemente posto sulla condotta professionale degli operatori museali che non devono mai contribuire direttamente o indirettamente al traffico o al commercio illecito di beni naturali o culturali, e devono tenere presente che pur avendo diritto al rispetto dell’autonomia della loro vita privata, nessuna loro attività privata o interesse personale può essere completamente distinto dalla istituzione dalla quale dipendono. In pratica, loro comportamenti o frequentazioni possono dare adito a ipotesi di conflitti d’interesse. Essi quindi “non devono accettare doni, favori, prestiti o godere vantaggi personali in relazione a compiti svolti nell’ambito del museo” in particolare se offerti a compenso “da mercanti, case d’asta o altri soggetti che possano indurre all’acquisto o alla cessione di oggetti del museo”, “non devono mai essere coinvolti direttamente o indirettamente nel commercio (compravendita a fine di lucro) di beni naturali o culturali”, e “astenersi dal consigliare o raccomandare a terzi uno specifico mercante, banditore d’asta o perito”. Infine, riguardo a una eventuale attività di collezionismo privato svolta da un professionista museale, questi non deve entrare “in concorrenza con la propria istituzione per l’acquisizione di oggetti o in relazione ad altra attività personale di collezionismo” e essi devono “stipulare un accordo da osservare scrupolosamente” con l’amministrazione responsabile (6).

 

Liberticidio e tecno-burocrazia distratta

Il pensiero va a quelle famigliole che la scorsa estate, in vacanza in luoghi che probabilmente sogneranno nel resto della loro vita, hanno osato raccogliere sulla spiaggia conchiglie e ciottoli mettendoli poi in valigia quale povero ricordo esotico, e che in aeroporto hanno poi subito lo shock di vederseli sequestrati. Sono rimasti presi nelle reticelle della giustizia, quelle implacabili con i moscerini e certamente improponibili contro le tigri, e gli strascichi giudiziari sono inevitabili: non sono a conoscenza della necessità di possedere ricevute che attestino la compravendita presso ditte autorizzate e quindi la legittima detenzione e il trasporto di quei souvenir. Il reato, per quanto economicamente lieve, è grave essendo contestabile sia il furto allo Stato (beni sottratti dal suolo pubblico) che il contrabbando internazionale, in quanto quel che per i turisti è un triste ritorno nel proprio Paese, per lo Stato che si lasciano alle spalle costituisce un tentativo di trasporto non autorizzato all’Estero di beni la cui tutela è oggetto di convenzioni internazionali. D’altronde, se centinaia di migliaia di turisti praticassero questi prelievi si creerebbero problemi anche all’ecosistema di aree costiere protette.

Niente da rimproverare ai funzionari, in quanto il regolamento li costringe a intervenire e, in caso di provata loro inadempienza, sono anch’essi passibili di misure punitive, alle quali va aggiunta l’aggravante di funzionario statale nello svolgimento delle proprie mansioni, come contemplato dal codice penale. 

Quel che pochi sono a conoscenza è la possibilità d’inciampare in simili problemi giudiziari anche nel caso di francobolli e cartoline, risalenti a oltre cinquant’anni dalla recente entrata in vigore di una legge (in Italia nel 2004), che li considera elementi del “patrimonio culturale” meritevole di norme iperprotettive.

Contemporaneamente, come in una farsa teatrale dai forte toni surreali, assistiamo all’opera di ditte dal fatturato annuale che in alcuni casi ammonta a centinaia di milioni di euro, legate a multinazionali, che a ritmo settimanale e talora quotidiano vendono immense quantità di reperti appartenenti al patrimonio culturale e naturale, quasi sempre di dubbia provenienza. Inoltre, la falsificazione di questi oggetti da collezione e soprattutto delle loro provenienze è dominante, ma nessuno sembra abbia la volontà o la capacità di intervenire. È la vittoria del “libero mercato” inteso quale capitalismo privo di ostacoli, della sua tecno-burocrazia, di un meccanismo disumanizzante in quanto ormai totalitarismo criminale.

 

Note

1 –  La mia prima visita a questo parco risale agli inizi del 1992 quando, ospite per alcuni mesi del Rijksdienst voor Oudheidkundig Bodemonderzoek (R.O.B.), il servizio archeologico statale olandese, assieme al direttore Roel Lauwerier eseguimmo sui resti faunistici provenienti da scavi di notevole interesse archeozoologico della città medievale di Tiel, che pubblicammo in una monografia edita nel 1995. In quella occasione fui messo in contatto con il prof. Ijzereef a quel tempo ancora direttore scientifico e coordinatore della progettazione del parco, che soprintendeva ai lavori di allestimento. Alcuni anni dopo Gerard Ijzereef si vide costretto a rassegnare le dimissioni, in quanto in contrasto ideologico con operazioni condotte dagli investitori privati nordamericani che avevano in massima parte sovvenzionato la struttura.

– la S è riferibile alla indicazione “Sacra Moneta”, rendendo chiaro al possessore che in nessun caso questa moneta poteva essere sottoposta a “tosatura”, una frode molto comune nell’antichità perpetuata sino ad alcuni secoli addietro per ricavare quantità di metallo atto a coniare altre monete o piccoli oggetti d’uso comune. Il codice penale romano prevedeva punizioni durissime per i contravventori quali carcere duro, torture e morte, in quanto nella moneta veniva alterato il peso e quindi il corrispondente valore garantito dallo Stato. Generalmente, i veri autori delle frodi erano coloro che maneggiavano grandi quantità di monete, ma le colpe cadevano su elementi della popolazione privi di protezioni.

3 – la descrizione di queste monete nella ricevuta rilasciata dal Museum Park Archeon ricorda molte altre note in letteratura criminologica e, nella fattispecie, dell’antiquariato archeologico. Il più divertente è quello delle vendite che inondarono il mercato nordamericano negli anni 1950. Si trattava di punte di freccia tipologicamente appartenenti a culture precoloniali nordamericane, ottenute su diversi materiali litici. Di ottima fattura, erano accompagnate dalla succinta e generica descrizione “Originali punte di freccia manufatte da indiani nativi”, veritiera in quanto prodotte da autentici indiani, ovvero di un gruppo di indigeni immigrati dall’India negli Stati Uniti d’America…

– già considerato tra i dodici più importanti musei di storia naturale del pianeta, Naturalis è chiuso dal 2017 per restauri e considerevoli innovazioni. La riapertura è prevista a fine estate 2019, con la nuova denominazione “Naturalis Biodiversity Center”. Si tratta di una collezione statale che possiede oltre 40 milioni di reperti (animali, fossili e rocce), una delle più importanti collezioni e centri di ricerca scientifica mondiali nel settore della biodiversità e della geologia.

5 – in particolare la disidratazione e l’innalzamento della temperatura, che conducono a contrazioni e distorsioni della originaria struttura ossea. Queste sono causa di conseguenti fratturazioni e migrazioni in superficie dei sali assorbiti dall’acqua marina e altri composti formatisi nel corso della processo di fossilizzazione, interrotto al momento della sottrazione all’ambiente di giacitura.

6 – il “Codice etico dell’ICOM per i musei” è gratuitamente consultabile on-line all’indirizzo: www.icom-italia.org/codice-etico-icom

 

La Tecnocrazia e il Sistema di Potere in Sicilia. Parte III. La Destra neoliberista e i neo-Ronin della stegocrazia.

Pubblicato on-line il 5 Giugno 2019 (http://thereporters.com, non piu' disponibile). Trasferito il 19 Giugno 2020 al sito https://thereporterscorner.com. 

Autore: Pietro Villari, archeologo e naturalista. 2019. Tutti i diritti riservati.

 

Le origini del sottopotere tecnocratico contemporaneo

Stati Uniti, 1968. ll vertice del potere occidentale si trova a fronteggiare la forte espansione dell’ideologia comunista in Europa. La Sinistra storica statunitense, rappresentata dai Democratici, s’illude di avere trovato una via veloce e non violenta per accelerare cambiamenti nel rigido ordine sociale classista nordamericano. Si è innescato un fenomeno di profondo cambiamento delle coscienze di centinaia di milioni di individui, appartenenti non soltanto alle fasce sociali basse della società occidentale ma anche nel ceto medio, già predisposto da quel che rimane della rivoluzione illuminista. Inizia a contaminare anche le giovani generazioni della èlite dominante, la più potente di quel periodo della storia dell’Umanità.

Il potere capitalistico e i vertici delle strutture governative che lo sostengono sono perfettamente coscienti della propria condizione d’incompatibilità in caso di avvento dello Stato Sociale, di un sistema che si basi sulla democrazia partecipativa che faccia propria la difesa dei diritti di tutti i cittadini, che protegga l’interesse collettivo anche diminuendo il grande divario tra ricchi e poveri.  

Innanzi a quella forza ideologica, basata sulla speranza di potere costruire una società dove condurre in pace e prosperità una vita migliore, nessun esercito persino dotato di armamenti di sterminio di massa avrebbe potuto fermare quello che sembrava il corso della Storia. Eppure il vertice del capitalismo occidentale trovò il modo per immobilizzarla e renderla un contenitore vuoto, da riempire e usare con le proprie finalità. E per la prima volta nella Storia questo non avvenne con la forza delle armi, ma mediante un’imponente operazione di propaganda ideologica con il massiccio impiego di manipolazioni psicologiche.

Il fine di questa operazione fu, come avvenne, di costituire una “narrazione dominante” (1), dove la realtà è spesso confezionata, ovvero oggetto di censure e modificata sino a distorcere o inventare fatti e situazioni, farcendola di ipotesi anche poco attendibili, in modo da risultare efficacemente a vantaggio del vertice stegocratico. La forza della “narrazione dominante” risiede nel network mediatico che funge da cassa di risonanza, anche attraverso i cosiddetti “utili idioti”, le migliaia di bloggers che riportano le notizie trovate in rete farcendole di loro ipotesi. Chi opera questa forma di manipolazione mentale di massa include nei calcoli anche la condizione empirica nota, sin dall’antichità, quale repetita juvant (2).

Il processo era iniziato nei primi anni 1960 quando la stegocrazia capitalistica del Blocco Occidentale aveva compreso che, per continuare a esistere e dominare invisibile le masse, doveva modificare i giochi di poteri all’interno del sistema politico binario, alternandoli periodicamente al governo sotto la sua segreta direzione. Ancora oggi lo schema politico presenta questa contrapposizione di facciata, costituita da Progressisti e Conservatori, mentre in realtà i centri decisionali, gli accordi e le stroncature si svolgono nelle lobbies politico-imprenditoriali, quelle del potere trasversale multi-politico al servizio del capitale che condiziona le attività partitiche. È da questo gravemente compromesso “confronto democratico” tra partiti avversari che viene fatto credere scaturisca il progresso della nazione. Giungendo a dare l’illusione che gli “States” rappresentino un modello di esempio di civiltà, fondata sull’uguaglianza dei diritti e sulla piena libertà di tutte le sue forze componenti. Ed è questa la forma di democrazia che viene esportata dalla stegocrazia occidentale nei Paesi del Terzo Mondo.

Quella di creare una divisione, in due fazioni contrapposte, nella popolazione di ogni nazione del Blocco Occidentale, di controllarle costantemente e manovrarle all’occorrenza per mantenerle in perenne competizione è una tattica operativa ben nota sin dall’antichità (“divide et impera”). Da oltre un secolo una parte della popolazione viene mantenuta fondamentalmente classista, identitaria e nazionalista e un’altra parte deve corrispondere al suo opposto, nel mezzo sono create forme ibride moderate e agli estremi gruppi minoritari violenti posti al di fuori della “competizione democratica” a simboleggiare il caos. In una nazione in tal modo compromessa, immobilizzata elettoralmente entro partiti graditi al potere dominante, queste forze possono coesistere in una situazione di continua competizione solo se accettano passivamente il ruolo moderatore delle istituzioni governative. In Europa, queste sono ormai sottoposte alla supervisione della Commissione europea e della Banca Centrale europea, che a loro volta appaiono sempre più quali istituzioni di controllo operanti in stretto contatto con Entità private, quali la Commissione Trilaterale, create dal vertice stegocratico capitalistico.

In Italia vi è quindi un governo nazionale subordinato a volontà sopranazionali, dove le lobbies politico-imprenditoriali agiscono per conto di poteri privati. Chi oggi si pone al di fuori di questo sistema viene quantomeno delegittimato politicamente e menomato professionalmente.

Una società dualisticamente divisa in Destra e Sinistra, Repubblicani e Democratici, Bianchi e Neri, poveri e ricchi, ecc. è la migliore delle situazioni che attualmente possa verificarsi a favore del potere stegocratico, permettendogli di dominare svolgendo la parte di chi tiene i fili con i quali muove i subalterni senza che le masse ne prendano coscienza, lasciando queste forze a litigare o a fingere tra loro, per spartirsi le briciole lasciate cadere dalla tavola del banchetto della stegocrazia.

Ma a lungo andare questo sistema si logora, le masse si rifugiano nell’astensionismo elettorale, divengono politicamente apatiche e a fronte di un incremento dei consumi si registra un aumento di “energie” non utilizzate, come congelate, che possono essere rivolte contro parti della società, seguendo logiche punitive anti-Sistema. In pratica, le masse divengono una “variabile imprevedibile” condizionante il sistema in quanto esse possono determinare un conflitto sociale di massima violenza e con gravi perdite al capitale privato.

Il sistema può quindi essere considerato quale una pentola a pressione ove il mantenimento di valori bassi delle energie non utilizzate è fondamentale per evitare l’esplosione di rivolte popolari. Il ruolo di valvola di decompressione è svolto dalle manipolazioni psicologiche che, affinché funzionino e salvaguardino il sistema, bisogna che presentino l’immagine del vissuto quotidiano quale un mix di accadimenti, casuali o provocati artificiosamente, o modificati affinché siano funzionali alle necessità primarie delle masse, solo se in subordine al potere dominante visibile e al padronato stegocratico.

Tuttavia, per derubare a lungo un popolo riducendogli i diritti primari e le risorse economiche, necessita dargli la sensazione che le classi povere e le medie mantengano la speranza nel futuro anche mediante la facoltà di apportare cambiamenti al sistema socio-politico e economico esercitando il diritto al voto, partecipando a referendum, a elezioni politiche e eleggendo i suoi rappresentanti sindacali. Come se queste contassero realmente qualcosa, come se esistesse su questo pianeta un luogo dove il potere non fosse ormai saldamente detenuto da una piramide monolitica, espressione di una ideologia totalmente opposta a quella dello Stato sociale.

C'è però qualcosa di nuovo in questo attuale giro di giostra nel quale, come avvenne un secolo addietro, sta finendo l’Europa e vi sarà ancora una volta la popolazione italiana tra quelle europee a soffrirne le maggiori conseguenze. È la nascita di una nuova Destra internazionalista, che ha deciso di correggere il corso della Storia eliminando quanti rimasti legati agli ideali del secolo dei Lumi, per i quali non vi è posto nel futuro che ci riserva la libera imprenditoria, o meglio i fautori del Neoliberismo.

Agli inizi degli anni 1970 il vertice del potere sopranazionale che domina i Paesi del Blocco Occidentale decide di identificare le modalità per neutralizzare la possibilità che esso possa perdere il controllo sulle masse. Ha tutte le carte in mano per riuscirci, soprattutto i capitali con i quali nell’arco di alcuni decenni riesce a modificare radicalmente il modus vivendi della società occidentale. Conquista le maggiori roccaforti del pensiero illuminista presenti nelle università, nella politica, nei media, nei circoli intellettuali e artistici; riesce a condizionare i sindacati; a infiltrare e fare propria l’Unione Europea, incatenandovi la maggior parte degli Stati Europei, sottoscrivendo questi una serie di trattati attraverso i quali cedono gran parte delle sovranità popolari, delegando alla Commissione Europea e alla Banca Centrale Europea (BCE) i poteri che rendevano esercitabile la loro autonomia. Nonostante questo scempio delle libertà ottenute nel corso di battaglie popolari negli ultimi due secoli contro le aristocrazie, il Neoliberismo assolutista ha avuto la forza di apparire quale unica via di libertà e di progresso capace di opporsi alle dittature nazionalsocialiste o comuniste (in realtà usate e distrutte per il conseguimento delle sue finalità contrarie all’avvento dello Stato Sociale).

La chiave di volta di tutto questo è stata la collocazione del lobbismo al centro del mercato internazionale, delle Borse e delle corporazioni, in modo che è il potere economico a promuovere e condizionare i partiti e le elezioni politiche, eventualmente stroncando candidati invisi, e sostenendo quelli considerati “affidabili”, dettando le linee di condotta in campo economico e finanziario, giungendo quindi a controllare lo svolgimento del commercio nei territori del Blocco Occidentale.

La conseguenza è stata una orrenda restrizione dei diritti sociali conquistati dalle masse negli ultimi secoli in campi fondamentali dell’esistenza quali la salute, il lavoro, la casa, l’istruzione, la proprietà pubblica, il sistema pensionistico, la Giustizia. Di contro, le masse sono state letteralmente bombardate da una propaganda volta a potenziare fortemente il sistema consumistico quale fonte di positivo e essenziale benessere a cui chi non partecipa è considerato quale un elemento asociale, o un miserabile privo di mezzi economici per procurarselo. Il ruolo del sistema mediatico in tutto questo è stato spregiudicato e determinante, anche nella diffusione di una inquietante forma di apatia verso la partecipazione alla politica e di un elevato grado di perdita di fiducia nelle Istituzioni dello Stato che permette al lobbismo di scatenare pressoché incontrastato i suoi peggiori aspetti.

Nata nel 1973, la Commissione Trilaterale è una associazione privata, o meglio un club esclusivo costituito da tecnocrati del Blocco Occidentale chiamati alla cooperazione con interessi stegocratici, coincidenti con quelli della moderna Destra economica e dei grandi capitali privati, nell’ambito di un sistema che definiscono democratico ma svuotato dei suoi contenuti originari.

Dalla seconda metà degli anni 1970 sino ad oggi la Commissione Trilaterale ha operato affinché venisse progressivamente eliminato l’ideale di Stato Sociale che tutela le classi deboli e sostenendo l’avvento di un governo delle élite tecno-burocratiche, in pratica un ritorno ai servitori delle aristocrazie pre-illuministe adesso nella condizione di burattini-tecnici, che la stegocrazia pone in ruoli di sottopotere per chiamata diretta e non attraverso concorsi pubblici (3). Pur avendo un ruolo di primo piano, la Commissione Trilaterale non è la sola a fungere da centro di comando con funzioni operative del Blocco occidentale, essendovi anche la Commissione Europea, il Gruppo Bilderberg, i gruppi accademici “think-thank” nel settore economico, finanziario e delle scienze politiche, le grandi banche d’affari, i gruppi investitori internazionali e i centri promotori e operativi della cooperazione monetaria globalista, in particolare l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e il Fondo Monetario Internazionale (IMF) (4).

Come abbiamo visto (nella Parte II), lo scivolone di Vincenzo Tusa avviene in seguito a eventi incontrollabili dal potere stegocratico siciliano ed in particolare dalla nascita e graduale presa di potere nel Blocco Occidentale della Commissione Trilaterale (1973).

La P2 che nel 1975 viene rifondata e posta sotto la guida del Maestro Venerabile Gelli, è una organizzazione che si ritrova improvvisamente a operare in contrasto alle nuove strategie di quella parte del potere occidentale che condivide il piano della Commissione Trilaterale tenuta a Kyoto del 1975. In pratica, la P2 era divenuta una struttura ormai obsoleta che continuava a mantenere la linea dei “falchi” a quel tempo ancora fortemente radicati nelle istituzioni  governative statunitensi quali la CIA. L’organizzazione P2 sarebbe stata quindi “bruciata” nella prima metà degli anni 1980 nell’ambito di questa guerra scaturita tra poteri occidentali, che anni dopo condusse alla soppressione di altre strutture segrete filogovernative italiane quali “Gladio” e “Anello” (5).

Nel 2007, con la sottoscrizione del Trattato di Lisbona, che apportò ampie modifiche ai due precedenti trattati sull’Unione europea e sulla istituzione della Comunità Europea, vengono sanciti i diritti delle élite tecno-burocratiche a governare le masse dell’Unione Europea, escludendo così il popolo dal fondamentale esercizio di eleggere i propri governanti. Ciò è stato possibile in quanto le strutture operative del potere dominante, essenzialmente il grande capitalismo privato, hanno infiltrato gli apparati democratici svuotandoli di ogni loro contenuto, facendoli divenire organismi del potere neoliberista. Il fulcro dell’operazione è stato basato sulla disattivazione nelle masse di due fondamenti della vera democrazia: consapevolezza dei propri diritti e partecipazione all’esercizio del governo. Oltre trent’anni di martellanti, quotidiane attività di manipolazioni psicologiche, bombardamenti di messaggi subliminali con modalità parossistiche a partire dagli anni 1980, che hanno condotto le popolazioni dapprima a ignorare e oggi a non riconoscere i danni del consumismo, le rapaci finalità dell’imprenditoria onnipotente che impone i propri interessi, corrompendo, stabilendo la connivenza attiva, sino a diffondere il terrore che trasforma le classi inermi in conniventi passivi, costretti ad assistere impotenti agli scempi della res pubblica, dei diritti fondamentali dell’uomo. Ciò rischia di condurre intere generazioni alla disperazione, all’incapacità di reagire per sopravvivere, o peggio, all’alienazione dalla realtà.

È in base a questa concezione neoliberista della nuova società programmata e costantemente monitorata da organismi sopranazionali privati, che il tecno-burocrate Sebastiano Tusa verrà nominato Assessore Regionale in Sicilia. E, si badi bene, vi arriva pur non essendo un politico eletto dal popolo, anzi dopo aver subito alcuni anni addietro un clamoroso e radicale rifiuto dalla società siciliana che, come vedremo più avanti, aveva stroncato la sua esperienza politica quale candidato della nuova Destra di Gianfranco Fini. Tusa giunge quindi al potere politico privo del consenso popolare, per una sorta d’investitura di stampo feudale, in quanto ritenuto affidabile da quel potere dominante nominalmente pubblico ma saldamente nelle mani di privati. È la nuova idea di democrazia nella quale la tecnocrazia è uno strumento consegnato a pochi (i tecnocrati) da parte di eletti dalle masse (i politici), per fare l’interesse di pochi (gli stegocrati).

I neo-Ronin della Stegocrazia: la via del tecno-burocrate affidabile

Indubbiamente, gli scandali che travolsero il padre avevano segnato profondamente i caratteri della personalità di Sebastiano. Tuttavia, negli anni precedenti alla sua tragica morte gli fu concesso di compiere la difficile operazione di restauro dell’immagine pubblica del padre, essendo riuscito a consolidare i rapporti con il Potere che domina la Sicilia spendendosi in politica. Ecco quindi il Parco Archeologico regionale delle Cave di Cusa intitolato a Vincenzo Tusa, e i convegni commemorativi “dello scienziato e dell’uomo”. Nessuno dei suoi nemici osò opporsi a questo incredibile impegno durato quindici anni, avvenuto nel corso di ben quattro governi regionali. Era una macchia che andava cancellata, in quanto rischiava di menomare le aspirazioni tecnocratiche e politiche di Sebastiano Tusa e in generale del buon nome della famiglia, giocando anche a favore, di riflesso, in una eventuale futura rivalutazione delle attività di altri ex piduisti siciliani e nazionali.

Sin da ragazzo, Sebastiano coltivò una stretta amicizia con il nipote di uno dei più famosi mercanti di reperti archeologici operanti a livello internazionale, emigrato in Svizzera dal territorio di Selinunte. Figlio di una sorella di questi (sposata in quel di Castelvetrano, territorio dal quale proviene l’attuale capo della mafia siciliana), l’amico di Sebastiano diventerà assistente di scavo proprio a Selinunte. Suo figlio (quindi il nipote del mercante pochi anni prima arrestato per traffico internazionale) verrà posto alla direzione degli scavi archeologici in una necropoli di Selinunte concessi dalla Regione Sicilia al C.A.M., un atipico centro privato di ricerca archeologica creato in una contrada di Castelvetrano.

Tuttavia, questo centro di eccellenza venne chiuso alcuni anni dopo, in seguito all’arresto per frode del suo Presidente, Mons. Patrizio Benvenuti, un controverso personaggio che in Sicilia si era strettamente legato al Tusa e alla sfera di personaggi di riferimento di questi nel territorio. Il Benvenuti a quel tempo era cappellano della Marina Militare e in quanto delfino del defunto potentissimo cardinale Siri, ne aveva ereditato parte del potere che gestiva anche in splendide sedi della sua “Fondazione Kepha” site a Roma e in Toscana (6)

La scelta di Sebastiano Tusa di legarsi pubblicamente alla partitocrazia siciliana era avvenuta nel 2001, al tempo della elezione di Salvatore “Totò” Cuffaro a Governatore della Regione Siciliana, e della nomina del siracusano Fabio Granata a Assessore regionale ai beni culturali (7). Questi gli crearono su misura la Soprintendenza del Mare, alla quale sono affidate le attività di tutela, di ricerca scientifica, di salvaguardia e valorizzazione di tutto il territorio marino statale passato all’amministrazione regionale. Si tratta di uno dei più ambiti incarichi burocratici e scientifici della Regione siciliana, che gli consentirà di allacciare importanti relazioni con i vertici militari e accademici internazionali, e quindi di acquisire un notevole potere a livello nazionale.

Nel 2004, nel corso della inaugurazione della nuova sede di quella soprintendenza, Tusa fa il primo visibile grave errore della sua carriera, lasciandosi andare a un teatrino di pessimo gusto con la persona sbagliata. Difatti, una serie di foto lo immortalavano con il governatore Cuffaro, pubblicate in bella vista sul sito on-line della Soprintendenza del Mare, istituzionale, rimanendovi per molti anni, ovvero sino alla carcerazione del Cuffaro per concorso esterno in associazione mafiosa.

Surreali, esilaranti, e non poco volgari considerando  che si trattava delle massime Autorità istituzionali che inauguravano una importante struttura dell’Assessorato per i Beni Culturali e Ambientali della Regione Sicilia, le foto mostravano Cuffaro e Tusa abbracciati, entrambi indossanti la tipica coppola siciliana abbassata poco sopra gli occhi, in perfetto stile mafioso, con un bicchiere in mano nell’atto di  brindare. In altre, i due “compari” apparivano abbracciati lateralmente come in una danza, entrambi con un cannolo nella mano libera.

Queste foto erano evidentemente uno sberleffo indirizzato a coloro che si erano opposti alla realizzazione alla Soprintendenza del Mare, e sembrano indicare l’esistenza di aspetti politici oscuri dell’operazione. Nata da una idea del Tusa, gli venne affidata la progettazione scientifica e infine la carica di Soprintendente su diretto impegno del vertice politico regionale di quel tempo, e in particolare di Cuffaro, Granata e Cascio.

Sarebbe interessante conoscere a quali “cerchie di potere” avversarie fossero indirizzate quelle immagini e se esse fossero le stesse che, come disse uno dei due figli di Sebastiano Tusa, Andrea, in una dichiarazione rilasciata poco dopo avere appreso della morte del padre, avevano reso difficile l’operato nel nuovo ruolo di assessore regionale ai beni culturali (“nonostante tutte le persone che cercavano di mettere i bastoni tra le ruote”)(8).

A questo proposito bisogna ricordare che dopo l’arresto di Totò Cuffaro, Sebastiano Tusa perde la carica di Soprintendente del Mare. Poco tempo dopo viene fotografato con il nuovo Governatore siciliano, eletto nel 2008, il catanese Raffaele Lombardo che smantella i dirigenti “Cuffariani” dai posti-chiave della Regione piazzandone di nuovi di proprio gradimento. Con Lombardo non è un rapporto facile in quanto a livello regionale vi sono pressioni contrarie, tuttavia Tusa viene sostenuto dal potere nazionale. Nella compagine di governo nazionale, in qualità di deputato della maggioranza alla quale è alleato il Lombardo, vi è l’amico Fabio Granata e pur perdendo momentaneamente la “sua” Soprintendenza del Mare, Tusa riesce a mantenere il rango burocratico essendogli affidata la guida della Soprintendenza di Trapani, territorio “problematico” dove conta molti amici di famiglia.

Nel 2012 decide di presentarsi alle elezioni amministrative siciliane in una lista minore del consiglio comunale di Palermo, Futuro e Libertà per l’Italia, subendo una sonora e umiliante bocciatura popolare, avendo ottenuto solo 171 voti. A livello nazionale la formazione partitica era diretta da Gianfranco Fini e in Sicilia da Carmelo Briguglio, entrambi ex M.S.I. In quel momento politico, Sebastiano Tusa era quindi posizionato in quell’ambiente della Destra divenuta moderata, apertasi a liberali, repubblicani e democristiani che, in accordo con la Sinistra, aveva eseguito parte del lavoro sporco per costringere alle dimissioni il governo Berlusconi del quale aveva fatto sin allora parte.

Tale immagine fu aggravata dal fatto che, pur avendo dapprima il Tusa manifestato la propria disponibilità a candidarsi a Trapani con la lista del Partito Democratico (che com’è noto è posizionata a Sinistra), scelse quella di un nuovo partito della Destra per il consiglio comunale di Palermo. Un autentico schiaffo in faccia alla nuova Sinistra progressista, dando ragione a quanti all’interno di quel che rimaneva della vecchia Sinistra lo avevano sempre identificato nella figura e negli ambienti frequentati dal padre. A quel tempo i quotidiani regionali e nazionali non furono così teneri con lui come lo sono oggi, foggiandogli il soprannome di “Candidato double face” (9).

Pochi anni dopo anche il governo di Raffaele Lombardo viene travolto da inchieste giudiziarie e tradimenti politici che eliminano la Destra al governo. Gli subentra un nuovo governatore appartenente alla Sinistra che si propone rinnovativa, Rosario “Saro” Crocetta, proveniente da un’altra zona difficile siciliana in forte emersione politico-imprenditoriale, la provincia di Gela. È un periodo caratterizzato da feroci scontri tra poteri, dove il neo-governatore appare ben presto condizionato dalle scelte di “pupari”, innominabili e invisibili, del potere stegocratico che lo ha prescelto (10).

In questo momento difficile Tusa gioca bene e in silenzio le sue carte, utilizzando le amicizie coltivate nel “sistema” politico-finanziario a quel tempo in sintonia con Confindustria, riuscendo a farsi riposizionare alla guida della Soprintendenza del Mare e si dedica ad accrescere il suo potere accademico. Ormai è  ben chiaro che grazie anche all’avvento dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti e alle scelte impopolari effettuate dalla Sinistra italiana (No TAV, migranti, vitalizio dei politici, ecc.), ai tecnocrati siciliani non resta che iniziare a tessere contatti con i “salotti” intellettuali nazionali rispettosi della nuova democrazia in salsa “trilaterale”, o meglio di quel nebuloso palinsesto lobbistico neo-liberista autoproclamatosi nuova Destra Internazionalista.

Il sistema che sorreggeva il governo Crocetta crolla, e con esso il potere della Sinistra italiana, travolti dai risultati delle elezioni regionali del 2018. Sebastiano “Nello” Musumeci diviene il nuovo Governatore siciliano. Tra i suoi alleati di spicco vi è anche il critico d’arte Vittorio Sgarbi, già nel corso della campagna elettorale designato al ruolo di assessore regionale ai beni culturali, ma dopo alcuni mesi dall’insediamento questi si dimette in circostanze non ben chiare, venendo meno all’impegno preso con l’elettorato, spingendosi a “raccomandare” pubblicamente Sebastiano Tusa quale suo successore. Il governatore ne parla con gli alleati, ascolta il sostegno all’operazione espresso dall’uomo di Berlusconi in Sicilia, Gianfranco Miccichè (il quale, si badi bene, ne aveva già precedentemente parlato a Roma con Sgarbi…), e alla fine accetta: il tecnocrate viene chiamato dal nuovo governo di Destra a prendere il posto lasciato libero da Sgarbi (11).

Da questo momento Tusa si lega ai due massimi poteri politici siciliani del momento, Musumeci e Miccichè. Quest’ultimo non ha dimenticato l’amicizia che legava il tecnocrate all’ex governatore Totò Cuffaro, suo acerrimo nemico, ma vi sono indicazioni e legami nazionali, ordini superiori, che non può ignorare.

Miccichè rappresenta il punto di riferimento degli interessi dei gruppi di potere che hanno sostenuto Silvio Berlusconi in Sicilia sin dal 1984, quando fu assunto a Palermo in qualità di manager del gruppo Mediaset da Marcello Dell’Utri, ricoprendo in seguito importanti incarichi governativi regionali e nazionali nei governi presieduti dal Berlusconi. Vincenzo Tusa e Silvio Berlusconi erano entrambi importanti membri della Loggia P2, e nel 2018 sarà proprio Forza Italia, il partito fondato da Berlusconi, a formalizzare e sostenere con vigore la richiesta al governatore Musumeci di sostituire l’Assessore dimissionario Sgarbi con Sebastiano Tusa (12).

Quasi a volere ribadire la concezione che la volontà popolare non ha alcuna importanza innanzi a quella del potere “aristocratico”, Tusa si prende immediatamente cura del suo ex referente politico “Finiano” Carmelo Briguglio, accogliendolo quale componente dell’ufficio di staff dell’assessorato ai beni culturali. Si tratta di un fenomeno ampiamente diffuso in Sicilia (13).

Divenuto Assessore Regionale ai Beni Culturali, Tusa lavora al consolidamento del suo ruolo politico regionale, in quanto sa bene che dopo le elezioni europee si paventa un rimpasto del governo regionale siciliano e che la sua poltrona è ambita da altri. Deve quindi apparire a livello nazionale e internazionale, in modo da rendere problematica la sua rimozione. Gli si presentano due occasioni, l’intervento inaugurale  della mostra su Antonello da Messina tenuta a Milano  e la collaborazione che intensifica con l’Organizzazione delle Nazioni Unite, dalla quale è coinvolto nella realizzazione di una serie di progetti UNESCO in Kenya.  

Della vera Stegocrazia. Timori, presentimenti e morte di un tecnocrate

Fortemente allettata da una proficua alleanza con l’emergente potere dell’asse Russo-Cinese, il governo italiano ha recentemente stipulato accordi commerciali che preludono a un’ampia valorizzazione della sua posizione nel mezzo del Mediterraneo, crocevia delle linee aeree transcontinentali euro-asiatica e africana. Oltre a gravi problemi sociali e ambientali che si prospettano per la trasformazione di alcune aree portuali in megaporti, inerenti all’inquinamento, alla massiccia immigrazione cinese e alla effettiva convenienza degli onerosi investimenti a carico dell’Italia (14), la domanda che oggi si pone in tutta la sua drammaticità è se essa sia in grado di effettuare questa difficile virata di rotta senza soffrire gravi conseguenze, essendo probabile che l’Europa diventi uno dei terreni dello scontro tra superpotenze mondiali per l’egemonia.

Di tutto questo la classe dirigente siciliana ne è ben consapevole e inizia ad avere sentore dei pericoli che potrebbero giungere, improvvisamente, a causa del progressivo deterioramento della situazione.

Uno dei maggiori problemi attuali consiste nei difficili rapporti tra le nazioni europee, primo tra tutti quello degli interessi espansionistici che Francia e Italia hanno in aree dell’Africa settentrionale e sub-Sahariana. Quel che resta delle classi imprenditoriale e politica siciliane vede grandi possibilità di sviluppo nella realizzazione di stretti rapporti di cooperazione e interscambio economico e culturale con i Paesi costieri dell’Africa che si affacciano sul Mediterraneo (a esempio la Tunisia, ove l’Italia è al secondo posto dopo la Francia) e, più recentemente, nel Kenya. Ciò contrasta con le mire di sfruttamento territoriale di gruppi multinazionali e poteri forti che risiedono Oltralpe, soprattutto in Francia che ha forti interessi espansionistici nei territori lasciati liberi dall’autarchia statunitense del governo Trump, quali la Libia. 

L’élite oggi al potere in Italia, così come quelle delle maggiori nazioni della comunità europea, si sta da tempo preparando a cogliere le opportunità che negli ultimi mesi iniziano a presentarsi sul nuovo scacchiere internazionale, dove gli antichi equilibri sono come ghiacciai in via di scioglimento. Il peggioramento della crisi economica dei paesi membri della Comunità Europea potrebbe condurre all’implosione del sistema, determinando una situazione di forte instabilità dove le nazioni verrebbero a trovarsi in schieramenti politico-economici in pericoloso contrasto. Questo determinerà conseguenze dall’esito imprevedibile anche nel network sopranazionale Deep States, che attualmente sarebbe già in grado di condizionare la stesura di accordi politici e commerciali di singoli governi europei, e di veicolare l’attribuzione di importanti appalti.

È in questa situazione che la carriera apparentemente ormai inarrestabile di Sebastiano Tusa, politico appartenente a una Destra oggi sempre più spinta alla deriva su posizioni populiste di sponda al neoliberismo, viene violentemente fermata nella prima decade di marzo 2019 in un bizzarro incidente aereo avvenuto nella ex colonia italiana etiopica (oggi il maggiore partner commerciale francese in Africa), avendo programmato di raggiungere da questa l’ex colonia britannica del Kenya (15).

Tusa certamente conosceva quanto sta avvenendo in Libia, anch’essa ex colonia italiana dove sono crescenti gli interessi allo sfruttamento di risorse energetiche da parte di gruppi di potere soprannazionali che non ammettono interferenze, fortemente sostenuti dal governo francese. Si tratta del potere rivelatosi capace di scatenare e vincere in breve la guerra per eliminare il saldo regime di Gheddafi.

Gli erano state riferite anche le preoccupanti notizie, non ancora confermate (e anzi smentite da fonti anch’esse prive di evidenze testimoniali), giunte alle Autorità italiane riguardo alla tragica vicenda di Silvia Romano, la 23enne milanese rapita in Kenya nei pressi di Malindi, il 20 Novembre 2018, da una banda di predoni. Questi si sarebbero accordati di venderla ai jihadisti somali del gruppo al-Shabab, che a loro volta l’avrebbero passata al Governo Italiano in cambio di una forte somma di denaro, se qualcosa non fosse andato storto nel mese di Febbraio, al momento della consegna della Romano ai jihaidisti, rimanendo ferita o uccisa nel corso della sparatoria avvenuta al confine somalo. La ricostruzione, ancora non ufficiale, presenta però delle zone d’ombra che i ben otto tentativi del governo italiano di inviare una squadra di specialisti del ROS-Carabinieri in Kenya, essendo rimasti costantemente senza risposta certamente rendono ancora più oscura la vicenda. Tuttavia, il quotidiano kenyota “The Star” riporta che sin dai primi giorni del rapimento nella zona erano presenti reparti speciali dell’esercito italiano impegnati nella ricerca della giovane (16)Il tentativo di ricostruzione del sequestro di Silvia Romano (S. Romano) si presenta lacunoso, così come avvenne anche nel noto caso dell’omicidio di Ilaria Alpi (I. Alpi), la giornalista che rimase uccisa mentre indagava in Somalia sulle attività di una associazione criminale internazionale dedita a traffici di armi e rifiuti tossici. 

La situazione nel Corno d’Africa è già da tempo considerata pericolosamente complessa essendo in espansione il fenomeno della radicalizzazione delle fasce povere della popolazione, soprattutto in territorio somalo, e la creazione di gruppi combattenti ideologicamente vicini ad Al Quaeda, covi di pirati e bande di predoni. Questo ha spinto le maggiori organizzazioni umanitarie operanti sotto la guida dell’ONU a intervenire nell’area con progetti di sviluppo socio-economico che sono in contrasto con gli interessi espansionistici del fondamentalismo islamico.

Nell’ex colonia francese di Gibuti sono presenti basi militari di diverse nazioni (Francia, Stati Uniti, Germania, Italia, Giappone), alle quali si è adesso aggiunta anche la Cina (è la sua prima base militare nel continente africano). Ciò ha spinto la Francia a intervenire in questa regione, per cercare di arginare la crescita dell’influenza politica e commerciale cinese, e anche se in tono minore, anche quella russa. Il presidente francese Macron è stato recentemente impegnato in prima persona in una lunga serie di visite di Stato per rinforzare le relazioni con i governi dell’Africa sub-Sahariana, tra i quali nel Corno d’Africa i Capi di Stato dell’Etiopia (principale partner commerciale francese nel continente africano), dell’Eritrea e del Kenya (17).

Oltre all’espansione della rivolta islamica, è quindi in corso una guerra segreta tra blocchi di superpotenze per il controllo dell’area, una situazione pericolosa nella quale l’Unione Europea sembra una concezione già superata e comunque testimone dell’assenza di una visione unitaria, trovandosi divisa in una serie di arroccamenti dovuti a interessi commerciali di carattere nazionale. In questa situazione gli addetti ai lavori che si trovano sul territorio sono esposti a giochi di potere dalle conseguenze imprevedibili, anche infauste.

Non sappiamo se Sebastiano Tusa e i corpi militari specializzati italiani (con i quali da molti anni collaborava), considerasse la possibilità di incorrere in gravi problemi durante quelle brevi visite nel Corno d’Africa, tantomeno in un incidente aereo assieme ad altri funzionari di istituzioni europee impegnate in Kenya. Eppure è accaduto. La mattina del 9 marzo 2019 era salito sul Boeing 737 Max 8 della Ethiopian Airlines, schiantandosi poco distante da Addis Abeba dalla quale era partito in direzione della capitale del Kenya, Nairobi, dove avrebbe partecipato a un convegno sulla organizzazione del futuro sistema di valorizzazione turistica e protezione del patrimonio culturale kenyota. Essendo avvenuto alla velocità di circa dieci chilometri al secondo, l’impatto al suolo è stato violentissimo e quel poco che resta delle vittime è di difficile identificazione, al punto da richiedere un lungo lavoro per il recupero.

Con la “dis-integrazione” dei passeggeri, vengono messe in difficoltà le missioni nell’Africa sub-Sahariana dei tecnocrati di molte nazioni del Blocco Occidentale che viaggiavano su quell’aereo, tra cui quattro importanti funzionari con passaporto ONU dei quali non sono state divulgate le generalità.  Anche la missione del Tusa aveva importanti risvolti, essendo il maggiore rappresentante della tecnocrazia inviata dall’Italia nell’ex colonia britannica del Kenya (18), nel tentativo di consolidare una sua influenza politica e imprenditoriale offrendo, con la copertura dell’Unesco, un fondamentale sostegno al Paese non ancora islamizzato. Progetti di valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, scuole di formazione del personale governativo, aiuti umanitari, che pur avvenendo sotto l’egida di Istituzioni umanitarie internazionali, si proponevano di contrastare il dilagare dell’estremismo jihaidista. Si trattava quindi di un passo importante anche per le imprese italiane interessate a sfruttare il flusso turistico-culturale in Kenya soprattutto nel settore alberghiero e della ristorazione, della grande edilizia privata e degli appalti pubblici a queste connessi quale la costruzione di un aeroporto, di strade e di scuole.

Tuttavia, alle popolazioni indigene queste attività possono apparire frutto di una ideologia neo-colonialista del sistema di potere occidentale, fortemente aggravata dall’espansionismo cinese, già consolidato in altre ampie regioni africane quali ad esempio il Sudan.

Il proselitismo jihadista ha avuto gioco facile a porsi quale l’unica alternativa di opposizione allo sfruttamento e alla distruzione della propria identità culturale rimasta alle popolazioni indigene, iniziando quindi la destabilizzazione dei poteri governativi locali che, anche a causa della dilagante corruzione, non hanno avuto la capacità di opporsi allo sfruttamento economico operato dalle potenze straniere.

Purtroppo, a volte le attività di opposizione ad un regime possono trovare nelle istituzioni governative d’intelligence di superpotenze tra loro in competizione, quegli appoggi informativi, modalità di finanziamenti e forniture di armi con cui procedere nel perseguimento di finalità, anche mediante metodologie essenzialmente terroristiche.

Nella lontana Sicilia, che trovandosi al centro del Mediterraneo sta assumendo sempre maggiore importanza strategica militare della superpotenza statunitense, già zeppa di basi militari adesso in ulteriore ampliamento e in forte potenziamento degli armamenti, l’intero establishment regionale attende il rientro di quel che resta di Sebastiano Tusa, per poterlo commemorare.  

In mancanza delle spoglie, ecco quindi la celebrazione eucaristica in suffragio avvenuta il 18 marzo 2019 nella chiesa del Collegio dei Gesuiti, ad opera del Vescovo di Trapani, Fragnelli, e quella che sarà tenuta il 10 Giugno nella Cattedrale di Palermo dall’arcivescovo Lorefice. Dopo la messa le attività continueranno a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della regione Sicilia, con interventi commemorativi di Nello Musumeci, del sindaco Leoluca Orlando, del rettore della locale Università, Micari, e dello scrittore Valerio Massimo Manfredi.

È attraverso la morte delle sue creature che il sistema del potere piramidale celebra se stesso e si rigenera pur conoscendo il suo miserabile destino (19).

Note

(1) – la “narrazione” ha suscitato negli ultimi decenni un grande interesse in ambito psicologico soprattutto per l’aspetto terapeutico, essendo un mezzo per comprendere l’evoluzione della mente del narratore. La storia raccontata dal paziente ha un effetto curativo e viene accolta dal lettore come un seme che può germogliare. Appare quindi ovvio come essa sia oggetto di profondo interesse nel campo delle attività di manipolazione psicologica, fornendo dei modelli dell’agire umano che possono essere utilizzati anche come arma di ristrutturazione ideologica di massa. Si tratta di dottrine e metodologie che dovrebbero essere efficacemente contrastate e bandite da tutte le Nazioni, ma ciò non accade e il loro forte sviluppo e impiego concorre a rendere manifesta l’entità del processo di distruzione in corso di quelle che furono le conquiste illuministe nel campo dei diritti umani.

(2) – locuzione latina traducibile “le cose ripetute giovano”, che intende una metodologia didattica attraverso la quale, ripetendo un concetto o una azione, si giunge a facilitarne la comprensione o la esecuzione. Tuttavia, questa pratica ha anche una connotazione oscura, quale mezzo di persuasione e diffusione di notizie e affermazioni che possono anche essere oggetto di falsificazione, o indurre individui a commettere azioni dannose a se stessi o a terzi mediante metodologie che operano a livello subliminare quali il tristemente noto “brain washing”.

(3) –si ricordi che tutto questo è stato possibile grazie ai ruoli che vanno oltre la connivenza passiva, avuti anche dalle famiglie massoniche e dalle gerarchie ecclesiali delle maggiori organizzazioni cristiane. 

(4) – per una critica alle attività della Commissione Trilaterale rimando all’articolo di Paolo Barnard, 20 Ottobre 2009, “Ecco come morimmo”  http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?.id=151

(5) – in Pietro Villari, www.thereportersblog.com, 16 Maggio 2019, “La Tecnocrazia e il Sistema di Potere siciliano. Parte II. Nel nome del padre, del figlio e della Stegocrazia” 

(6) – Si tratta di una controversa istituzione nell’ambito delle attività della Fondazione KEPHA Onlus di Monsignor Patrizio Benvenuti, prelato argentino ben addentro alle alte sfere vaticane, arrestato nell’ambito di una frode tramite una sua società immobiliare per un ammontare di oltre trenta milioni di euro. L’istituzione del C.A.M. (Campus Archeologico Museale) dapprima osteggiata a livello burocratico regionale, fu in seguito fortemente appoggiata da Sebastiano Tusa, che vi inserì persone di sua fiducia, ponendovi in qualità di dirigente amministrativo anche un altro suo amico di famiglia, un noto avvocato penalista e collezionista di antichità siciliane (tra l’altro difensore di molti mafiosi e di un antiquario di livello internazionale originario di Castelvetrano in diversi processi). Nell’organico fu anche inserito il nipote dell’antiquario con funzione di direttore degli scavi e la figlia dell’avvocato dell’antiquario, che allestì un laboratorio di restauro della ceramica all’interno del Centro. La sede del C.A.M. era situata in una splendida masseria acquistata da Monsignor Benvenuti in località Triscina di Castelvetrano, ma restaurata e allestita con denaro della comunità europea. Fu inizialmente sequestrata dalla magistratura italiana nel tentativo di recuperare somme per il risarcimento delle frodi attribuite al monsignore; posta in vendita, dal 2018 è sede di una attività alberghiera.

(7) – Si veda anche il post di Toi Bianca, del 18-08-2018, “Sebastiano, di Dio, patria e Granata” con sottotitolo “Tusa, un accademico prestato alla politica o un politico che ha fatto accademia?” www.buttanissima.it/sebastiano-di-dio-patria-e-granata/#AFH5kskPgruK0tUV.99

(8) – in MediaNews, 11 marzo 2019, www.youtube.com/watch?v=PuAGY8pJbRE allo 01:06 egli rilascia la dichiarazione “nonostante tutte le persone che mettono i bastoni fra le ruote”.

(9) – Matteo Pucciarelli in Repubblica.it, 25/03/2012, “Tusa, il politico interscambiabile candidato sindaco Pd, candidato consigliere Fli” www.repubblica.it/politica/2012/03/25/news/tusa_il_politico_interscambiabile_candidato_sindaco_pd_candidato_consigliere_fli-321999604/?refresh_ce

(10) – Pietro Villari, 12 Novembre 2012, “È questa l’antimafia di Crocetta, neo governatore della Sicilia?”. Ripubblicato il 30 Novembre 2018 in www.thereportersblog.com con l’aggiunta di alcune note.

(11) – La vicenda sembra confusa e lascia piuttosto perplessi sulla effettiva trasparenza dei giochi di potere in atto al vertice politico regionale. Per le dichiarazioni del Governatore Musumeci, Sgarbi e Miccichè concernenti il passaggio del controllo dell’Assessorato Regionale per i BB.CC.AA dallo Sgarbi al Tusa, si vedano:

www.youtube.com/watch?v=QjsXlZgKjRU del 27 marzo 2019, dove Sgarbi dichiara “Darò le consegne a Sebastiano Tusa, il nome del mio successore che ho concordato con Gianfranco Miccichè” (min.0:44/2:25) e inoltre “Il nome lo abbiamo passato a Musumeci che farà quel che vuole”. D’altronde, Sgarbi rivela anche che Miccichè gliene parlò a Roma il 14 marzo 2018, ovvero due giorni prima della data fornita dal Tusa, della telefonata con Musumeci. https://palermo.repubblica.it/politica/2018/03/30/news/ beni_culturali_musumeci_sceglie_tusa_per_il_dopo_sgarbi-192543740/?refresh_ce dove leggiamo “Sgarbi, in rottura con Musumeci, fino all’ultimo ha lanciato frecciate sulla nomina di Tusa decisa da tempo, ben prima delle sue dimissioni” Si legga anche: https://livesicilia.it/2018/03/29/tusa_e_la_mossa_di_sgarbi_una_nota_per_sventare_il_tranello_945902/ Infine, agli inizi del mese di aprile Sgarbi dichiarava di avere chiarito “l’equivoco” con Musumeci.

(12) – Seguendo gli accadimenti nel corso degli ultimi trent’anni, il governo Musumeci appare la conseguenza di un progetto “sovranista” che trova il suo punto di riferimento in ambienti stegocratici della Destra neo-liberista. Sembra ormai assodato che parte di questi ambienti ebbero un ruolo nella complessa storia della Loggia Propaganda Massonica Due nel corso degli anni 1970 e nelle successive attività a essa ricollegabili da un filo operativo espressione di una volontà sopranazionale. Non è affatto chiaro come si sia oggi evoluto questo progetto di “rinascita” italiana in chiave militaristica post-fascista sia proseguita sino a oggi o mantenuto in “stand by” quale opzione estrema. In questo caso sarebbe opportuno identificare chi oggi sia stato posto nel ruolo di “organizzatore”. La presenza di ex esponenti Finiani e altri ex MSI nel governo Musumeci sembra tuttavia avere un ruolo di facciata, transizionale, di preparazione a un Deep Event socio-politico nell’ambito di profondi mutamenti programmati a livello sopranazionale.

(13) – in https://livesicilia.it/2019/05/31/avvocati-comunicatori-e-tanti-ex-ars-e-governo-consulenti-ed-esterni_1063181/

(14) – leggasi al proposito l’articolo di Paolo Barnard del 26 marzo 2019, “Polmoni neri, diritti minati, balle, e la fregatura finale. Cosa può accadere a Trieste e Genova sulla via della seta”, in www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2137

(15) – in “La Gazzetta del Sud”, 10 marzo 2019, https://gazzettadelsud.it/mondo/2019/03/10/laereo-caduto-in-etiopia-lassessore-della-regione-sebastiano-tusa-tra-i-passeggeri-8206b5f1-58cc-4f54-af61-5b2785940584/

(16) – articolo di Alphonse Gari, in “The Star”, 22 febbraio 2019: https://www.the-star.co.ke/counties/coast/2019-02-22-was-abducted-italian-aid-worker-victim-of-an-ivory-deal-gone-sour/

(17) – notizie dal sito on-line “Agenzia Nova”, 12 marzo 2019: “Africa-Francia: Macron in missione nel continente per arginare influenza cinese”   https://www.agenzianova.com/r/1025/corno-d-africa

(18) – ricordiamo che nel corso del secondo conflitto mondiale, il Kenya fu tristemente noto quale sede di  ben dodici campi di concentramento istituiti dagli Inglesi e operativi tra il 1941 e il 1947, veri e propri lager per la detenzione di parecchie decine di migliaia di militari italiani. Dal 1943 vi furono per un breve periodo inviati anche ufficiali (poi trasferiti in campi simili organizzati in India e infine negli Stati Uniti) appartenenti alla milizia fascista che difendeva il suolo italiano (ad esempio i reparti delle batterie antiaeree). Molti furono coloro che si ammalarono gravemente e non pochi di essi morirono a causa delle condizioni estreme di denutrizione, malaria e mancanza di igiene nelle quali erano incivilmente detenuti in Kenya (segnalo il libro di Aldo Manos, 2019, Campo 360 Ndarugu. Ai prigionieri italiani in Kenya, Licosia Edizioni, pp 148).

19) – Nel frattempo, fatto alquanto raro e indicativo, è stato reso pubblico l’immediato cordoglio espresso dal Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Sicilia del Grande Oriente d’Italia. Al proposito leggasi: blogsicilia.it, 11-03-2019, Morte Tusa, il cordoglio dei Maestri Venerabili di Sicilia www.blogsicilia.it/palermo/morte-tusa-i-cordoglio-dei maestri-venerabili-di-sicilia/475034/?refresh_ce Per i riferimenti magico-esoterici vedasi il mio post “La Tecnocrazia e il Sistema di Potere siciliano che attraverso la morte delle sue creature celebra sé stesso e si rigenera. Parte I: nozioni introduttive” 

Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

In questa sezione è presentata una selezione di pubblicazioni scientifiche di Pietro Villari (monografie, articoli editi da riviste speciali...