Le ruspe nel complesso religioso residenziale e cerimoniale megalitico dell’Antica età del Bronzo di Monte Belvedere (Fiumedinisi, Sicilia Nordorientale). Parte II. La classe teocratica.


di Pietro Villari

Pubblicato il 25 Luglio 2020, ore 2:45

 

Il centro teocratico di Fiumedinisi: origini e distruzione di un potere super partes

La popolazione stanziata nella Sicilia nordorientale nel corso dell’Antica e della Media età del Bronzo tra circa 4100 e 3400 anni fa, nel periodo di massimo sviluppo probabilmente contava alcune decine di insediamenti per un totale di non oltre poche migliaia di abitanti. Essa era il risultato della commistione dei discendenti delle comunità eneolitiche, formatesi nel corso del terzo millennio a.C., con le nuove ondate di genti migrate nell’Isola soprattutto da aree costiere del Mediterraneo orientale. Ne dovette risultare una complessa composizione, con la presenza di territori che mostravano sensibili differenze di usi e costumi proprie delle società multietniche originate dalla fenomenologia dei flussi migratori. Un processo culturale dinamico che nel corso di alcune generazioni condusse a ulteriori differenziazioni, facendo assumere a ogni comunità propri caratteri identificativi.

 

Fig. 5 - il Monte Belvedere dal torrente Allume. Particolare da una foto eseguita dall'Autore (Giugno 2008. Tutti i diritti riservati) e elaborata con l’uso di particolari filtri. Venne scattata in una proprietà di famiglia lungo la vallata del torrente Allume, in occasione del rinvenimento di tracce di affioramenti di arsenopirite, testimoni di antiche manifestazioni d’interesse geologico alle quali si deve la presenza di vene metallifere in questo territorio peloritano. Tutti i diritti riservati).

 

In Sicilia iniziarono a distinguersi quattro principali aree culturali (nordorientale, sudorientale, centrale e occidentale) ognuna delle quali caratterizzata da influenze esterne maggiormente attive nei centri costieri. Inizialmente si trattava di società tribali etnicamente "allargate" per accogliere i nuovi coloni e confederate, poi evolute in forme arcaiche di regni (17) con caratteri feudali, la cui sicurezza era garantita da alleanze e accordi politici, militari e commerciali che in alcune aree andavano oltre l’ambito regionale, e da un alto numero di abitanti e difese tali da rendere meno probabili pericoli di razzie. In questi centri erano presenti anche mercanti, gruppi di esuli, o di coloni, provenienti non solo dalle grandi civiltà delle coste orientali del Mediterraneo, ma anche dai centri popolati dalle genti appartenenti alla cultura protoappenninica della penisola italiana ove erano presenti influssi culturali tardocampaniformi e di altre aree europee centro-occidentali, seguendo le rotte commerciali marittime attive a quel tempo.

L’area nordorientale siciliana fu particolarmente esposta a queste rotte, ed ebbe i maggiori contatti con le popolazioni italiane peninsulari abitanti le coste tirreniche, ioniche e del basso Adriatico, in particolare con l’area metallifera Toscana, con la Calabria e la Puglia, a loro volta esposte a contatti con le culture balcaniche.

La presenza di peculiarità, riscontrate nei resti pervenuti dalla cultura materiale dell’Antica età del Bronzo della Sicilia nordorientale, induce a presumere l’esistenza di una locale confederazione di comunità, nella quale il potere teocratico svolgeva un ruolo di primaria importanza. Un organismo autonomo dal potere militare e commerciale detenuto dall’aristocrazia, probabilmente giunta a operare attivamente a livello socio-politico quale riferimento super partes del sistema di alleanze militari e economiche regionali e interregionali. Un sistema che comportava sicurezze nel corso degli scambi commerciali, di attraversamento di territori e obblighi di forme di reciproca assistenza tra i regni, quali ad esempio in caso di carestie o di devastazioni da parte di popolazioni nemiche, che praticavano la pirateria e divenute progressivamente molto temute per le attività di razzia e schiaviste che causavano lo spopolamento di parte del territori.

Durante questa età, i territori asiatici che si affacciano sul Mediterraneo orientale erano caratterizzati dalla presenza di civiltà organizzate in regni, costantemente pronte alla guerra per proteggere le rotte commerciali dalla pirateria e fronteggiare le ondate migratorie dall’Asia centro-orientale di bellicose genti indo-europee. Tramite i profughi provenienti dall’esito di queste guerre, che coinvolsero l’Anatolia, il Vicino Oriente e infine Creta e altre isole dell’Egeo orientale, giunsero in Sicilia nuove conoscenze scientifiche e concezioni che si fusero con altre provenienti dall’Europa centro-occidentale attraverso la penisola italiana, influenzando le comunità isolane anche in campo politico e religioso.

I resti della cultura materiale prodotti in Sicilia tra la fine del terzo e la metà del secondo millennio a.C., rivelano le fasi dell'insorgenza e l’opera di una classe sacerdotale innovativa, che affiancò e legittimò il potere dei regnanti, sino a coincidere in forme di potere teocratico, diffondendo nuove dottrine religiose legate all’uso dei megaliti. Ne rimane traccia monumentale anche a Fiumedinisi, nella forma nota in letteratura paletnologica italiana con il termine “pietra forata”, adoperata per osservazioni astronomiche corrispondenti ai cicli della natura, la cui conoscenza era di grande utilità per le attività agricole, di allevamento, della caccia e anche per intraprendere attività marinare. A Monte Belvedere di Fiumedinisi vi sono evidenze che inducono a ritenere altamente probabile che i megaliti fossero utilizzati anche nel corso di cerimonie magico-religiose, che pubblicherò prossimamente nella terza parte di questa serie monografica.  

Rispettata dalla popolazione soprattutto per l’eccellenza delle attività prodigate in suo favore, così come nelle lontane aree dalle quali si diffuse, la classe sacerdotale fu probabilmente la principale artefice e l’aggregante della confederazione dei regni, e del superamento dei problemi derivati dalle problematiche multietniche determinatesi nell’Isola. L’attività di amalgamazione culturale svolta dal potere teocratico, non poteva che basarsi sul coinvolgimento di ogni individuo della comunità al fine di determinare una condivisione sincretica della concezione del soprannaturale, intervenendo così nella trasmissione della narrativa mitologica, nelle celebrazioni di culti, nelle ricorrenze religiose annuali legate ai cicli della natura, nel rispetto dei totem e dei tabù, regolando i mercati regionali nell’ambito di queste ricorrenze, determinando momenti di aggregazione a beneficio del consolidamento del regno e delle alleanze tra regni. Una teocrazia “pontificale”, connessione tra il mondo naturale e quello soprannaturale, dove le figure dei  regnanti le popolazioni della regione erano spiritualmente sottomesse a quella del Gran Sacerdote.

La formazione della confederazione iniziò probabilmente nella fase finale dell’Eneolitico, attorno all’ultimo quarto del III millennio a.C. in concomitanza con la crescita d’importanza della navigazione nello Stretto di Messina, frequentato dalle rotte mercantili verso i consistenti distretti metalliferi della Toscana e della Sardegna, e i centri commerciali costieri della Francia Meridionale. Rotte necessarie a coprire il fabbisogno dei metalli nelle civiltà dell’Oriente mediterraneo, che raggiunsero anche i giacimenti di Fiumedinisi. In cambio, dall’Oriente arrivarono mercanzie esotiche quali preziosi tessuti, spezie e potenti droghe allucinogene.

In base alle scoperte inerenti all’Antica età del Bronzo della Sicilia nordorientale, in particolare quelle avvenute negli anni 1970, nella ricchissima e complessa area archeologica di Fiumedinisi, possediamo oggi fondamentali informazioni per la comprensione dell’origine delle attività magico-religiose siciliane durante questo periodo, mostrando queste influenze provenienti dalla cultura Tardocampaniforme e dall’area Egeo-Anatolica, in particolare tramite la civiltà talassocratica minoica (18). Ne abbiamo esempio in due frammenti di ciotole carenate d’impasto, prodotte in due differenti siti non siciliani, le cui forme e decorazioni in stile tardocampaniforme (Fig. 6) ci informano  di contatti, diretti o indiretti, con maestranze presenti nelle aree metallifere tirreniche.  

 

Fig. 6 - ricostruzione grafica della ciotola carenata tardocampaniforme di Monte Belvedere, scoperta dall'Autore nel 1976. Diam. max cm 24,5. Disegno dell'Autore, da "I giacimenti preistrorici...," 1981, op. cit. in nota 17.

 

Essendo posto a metà strada lungo l’importante rotta marittima che collegava centri commerciali dell’Egeo mesoelladico ai distretti minerari della Toscana, Monte Belvedere di Fiumedinisi divenne un centro religioso frequentato stagionalmente dai naviganti, probabilmente protetto a nord dalla marineria del regno eoliano (cultura di Capo Graziano) e dagli insediamenti collinari di Messina, e a sud da quelli del territorio etneo, questi ultimi molto più popolosi e economicamente potenti.

Si trattò di un periodo di lunghi viaggi marittimi avventurosi, d’incontri tra culture con usi e costumi espressione di tradizioni culturali molto differenti, di scoperte di affioramenti di filoni minerari che rappresentavano favolose ricchezze, di esperienze umane straordinarie accadute a coloro che frequentarono le fasce costiere del Mediterraneo, sfidando i pericoli posti da entità soprannaturali avverse che si palesavano tramite spaventose forze della natura e dei totem di popolazioni bellicose.

L’eco dei pericoli e delle meraviglie di questa età, dei suoi personaggi e luoghi venne in seguito ricordato dai Greci quale Età dell’Oro, che nei loro più antichi scritti accolsero parti di leggende e miti dell’antica tradizione orale siciliana, molti dei quali andarono in seguito perduti. Essendo stata sede di un importante centro religioso, la vetta del Monte Belvedere conserva importanti informazioni per conoscere questo passato, e bisognerà applicare la massima cura e professionalità per cercare di non distruggerle proprio in fase di scavo archeologico. Non mi riferisco soltanto agli scavi stratigrafici d’indirizzo bioarcheologico, sino ad oggi costantemente mortificati da distruzioni imponenti e irrimediabili, e che invece avrebbero potuto determinare fondamentali scoperte paletnologiche e paleoambientali, ma anche alla raccolta delle evidenze d’interesse magico-religioso e esoterico, essendo campo di ricerche specialistiche.

Le evidenze che negli anni 1970 raccolsi in questo illuminante sito dell’Antica età del Bronzo della Sicilia nordorientale, permettono di avanzare l’ipotesi che il gran sacerdote, i suoi adepti e gli appartenenti alla popolazione chiamati a svolgere periodiche prestazioni di lavoro al servizio dei religiosi, costituissero una corte teocratica che viveva in periodica condizione di isolamento in questo centro religioso, lontana dagli abitati. L’indagine scientifica di laboratorio dovrà cercare di scoprire se essa risiedesse stabilmente a Monte Belvedere, o soltanto in determinati periodi dell’anno, in relazione a cadenze di festività stagionali, nel corso delle quali celebravano cerimonie e pratiche rituali relative a culti, calcoli astronomici, divinazioni e attività negromantiche (delle quali abbiamo traccia tramite le coppe incantatorie). È inoltre presumibile che in questo luogo si tenessero anche fiere annuali che attraevano pellegrini da altre aree del Mediterraneo, ai quali la classe religiosa garantiva un temporaneo accesso e soggiorno incolume. 

In definitiva, non è appropriato distinguere nell’età del Bronzo siciliana una serie di “culture” delimitate territorialmente, trattandosi di un “complesso culturale” fluido, nel quale si identificavano anche le popolazioni della Sicilia Nordorientale, governate da regni arcaici dai caratteri protofeudali, confederati in un sistema di alleanze garantito da una teocrazia costituita dalla classe religiosa super partes al cui vertice (forse in ognuna delle quattro principali aree dell’Isola) era posto un Gran Sacerdote (o forse più probabilmente una Sacerdotessa, come sembrano suggerire le ricerche nei maggiori centri della cultura Minoica. Daltronde. le impronte delle dita delle mani presenti sui vasi di uso magico-religioso, tutti di produzione locale, sono attribuibili a mani femminili). Una classe rispettata e probabilmente parte di un sistema missionario proprio del fenomeno megalitico, che si propose quale una sorta di ordine iniziatico garante del circuito commerciale mediterraneo.   

 

Simbolo di status iniziatico, strumento per calcoli astronomici o semplice bilancino?

Le future ricerche dovranno anche appurare se in quest’area dei Monti Peloritani siano ancora miracolosamente presenti luoghi dove le attività recenti non abbiano cancellato le tracce dell’estrazione dei metalli in età preistorica, e se le fasi finali di queste successive alla lavorazione a freddo per frantumazione e battitura delle rocce contenenti vene metallifere, o alla più complessa tecnica di frantumazione, fusione e colatura a getto entro stampi e la rifinitura degli oggetti, si svolgessero nel sito di Monte Belvedere o piuttosto presso gli affioramenti minerari. Al proposito ricordo che alcuni blocchetti di quarzo contenenti consistenti vene di rame nativo, malachite e azzurrite furono da me rinvenuti a Fiumedinisi nell’area dove raccolsi in superficie una notevole quantità di frammenti ceramici dell’Eneolitico Tardo e Finale che ritenni attribuibili a insediamenti (19).  

A quarant’anni dalla pubblicazione di un oggetto in bronzo che rinvenni nell’area residenziale di Monte Belvedere, ad oggi il più antico e raro esempio di arte preistorica in metallo prodotta in Sicilia (Fig. 7), mi chiedo se esso realmente rappresenti i resti di un bilancino, ipotesi condivisa dal mio mentore di quegli anni, Luigi Bernabò Brea e molti anni dopo fatta propria da Vincenzo La Rosa (20).

 

 Fig. 7 - Monte Belvedere, frammenti di oggetti in bronzo dalla struttura abitativa capannicola dell'Antica età del Bronzo. Foto dell'Autore, 1980, da "Considerazioni sulla presenza...", op. cit. in nota 17).

 

Difatti, alla fine degli anni 1990 iniziai a considerare questo importante reperto quale evidenza di un ben più complesso oggetto di potere. Agli inizi del corrente secolo il manufatto fu oggetto di esami di laboratorio, che ne certificarono l’antichità e appurarono la provenienza peloritana del rame in esso contenuto (21).

In base a quanto osservai e dedussi, l'oggetto era stato ottenuto con la fusione a getto utilizzando uno stampo a lastrina con il lato superiore aperto. Raffreddato in acqua, l’oggetto era stato decorato con un cesello (in selce o ossidiana) e un perforatore a punta litica con estremità convessa, e quindi rifinito (probabilmente utilizzando in sequenza un ciottolo di arenaria, pomice, osso di seppia, sostanze lucidanti e patinanti di origine sia vegetale che animale e infine un panno in pelle). Soltanto una delle due superfici è decorata e ha il bordo smussato, mentre l’altra è piana. Entrambe presentano un’usura dovuta non soltanto a un lungo periodo d’uso.  


 Fig. 8 - Monte Belvedere. Ricostruzione grafica del bilancino in bronzo. Disegno dell'Autore, Giugno 2020. Tutti i diritti riservati.

 

La decorazione nella metà del giogo pervenutoci consiste in due archi incisi a linea spezzata, contrapposti in modo da produrre l’effetto ottico di una X, e con tre degli spazi derivati da questo apparente incrocio campiti da tre gruppi di tre coppelle incuse disposte irregolarmente a triangolo, e quello più esterno con quattro coppelle incuse. Altre tre coppelle incuse disposte a triangolo sono disposte presso l’estremità, troncata in antico, che forse si prolungava in uno spazio subcircolare contenente il foro per la sospensione dell’oggetto. In posizione opposta, presso quella che ritengo fosse l’area centrale del giogo, si conserva una banda verticale in rilievo contenente una fila verticale di quattro coppelle incuse, seguita da una banda verticale incusa contenente tre coppelle. Il frammento misura 38 mm di lunghezza e 1,7 mm di spessore.

Un tentativo di parziale ricostruzione del reperto è qui presentato in Fig.8, che stabilisce una lunghezza di 7,5 cm mancante delle estremità, in base alla quale il giogo di bilancino di Monte Belvedere di Fiumedinisi sarebbe calcolabile tra gli 8,5 e i 9,5 cm di lunghezza.

La figura 9 mostra due reperti rinvenuti rispettivamente da Luigi Bernabò Brea nell’Isola di Poliochni, nell’Egeo nordorientale, datato nel corso della seconda metà del III millennio a.C. (circa 12 cm di lunghezza)e da Paolo Orsi nella necropoli siciliana sudorientale di Castelluccio, databile alla prima metà del II millennio a.C., lungo circa 8 centimetri (22).

 

Fig. 9 - Bilancini provenienti da Castelluccio (da Orsi P., 1892) e da Poliochni, in basso (da Bernabo Brea L., 1964). Figura tratta da Villari P., 1980, "Considerazioni sulla presenza...", op. cit. in nota 17.

 

Questa decorazione è identificabile quale l’espressione simbolica astratta della concezione del dimorfico dualismo binario, riferibile quindi all’opera di un artigiano di elevato grado di conoscenza iniziatica, probabilmente un sacerdote.

Difatti, siamo innanzi a diversi livelli di lettura, del quale l’introduttivo (primo livello) potrebbe indicare le due fasi del percorso iniziatico scalonato riferito all’antichissima concezione animistica di Tempo e alle fasi della Natura,  legati al ciclo della vita e della morte. In secondo livello di lettura, superiore, i due archi potrebbero esprimere le due fasi del movimento lunare, ovvero i due crescenti di grande importanza magico-religiosa non soltanto nella preistoria europea, nell’Egitto e nel Vicino e Medio Oriente, ma anche in quasi tutte le popolazioni del passato. La disposizione delle coppelle, i loro gruppi e quantità numeriche, le barre verticali indicano questa raffigurazione quale la descrizione dell’osservazione astronomica relativa alle posizioni assunte nel corso delle stagioni dalle Sette Sorelle appartenenti alla costellazione circumpolare dell’Orsa Maggiore (coppelle = Entità astrali), in relazione ai cicli lunari. Tutto questo mi induce a ipotizzare che il frammento sia effettivamente riferibile all’asta di un bilancino, ma nel senso di strumento adoperato per misurazioni e calcoli astronomici, anche a fini calendari. Mi chiedo quindi se avesse avuto anche un uso per l'orientamento nelle navigazioni marittime d’alto mare.

Nell’eventualità l’oggetto potesse fungere anche da bilancino, ovvero se questo fosse uno dei suoi molteplici usi, bisogna presumere che esso fosse riservato a pesare quantità minime di sostanze piuttosto rare e preziose, prodotte nel territorio e oggetto di scambi interregionali, quali l’oro e l’argento, polveri medicinali (tra le quali allume e malachite) e sostanze allucinogene derivate da specie vegetali.

Tuttavia, essendo l’usura visibile anche sulla frattura centrale (ma di minore gravità), essa dimostra che dopo un lungo periodo d'uso quale parte del bilancino, il frammento venne utilizzato per un minor tempo quale pendente, un simbolo di “status” di rango che assieme ad altre evidenze materiali, quali le coppe su alto piede recanti disegni incantatori, e gli idoletti, rivela molto su coloro che risiedettero in questa costruzione.

 

Trading-post occidentale della talassocrazia minoica? Una fine violenta e improvvisa

La posizione arroccata di questo centro e i rinvenimenti dei resti della cultura materiale, sembrano indicare Monte Belvedere quale un insediamento atipico nel panorama siciliano di questa età. Difatti, esso sembra evocare quella concezione residenzale in posizione arroccata e dominante del potere aristocratico che nel Minoico Medio, tra il 1900 e il 1700 a.C. nell’Egeo caratterizzò l’età Protopalaziale, pur avendo a Fiumedinisi una connotazione architettonica propria, legata alla tradizione indigena, ma anch’essa perfettamente innestata nella monumentalità sacrale della Natura che ancora oggi, nonostante le moderne devastazioni, impera in questo luogo (23)Nel loro insieme, le evidenze archeologiche indicano che ci troviamo innanzi ai resti di un importante centro teocratico, che fungeva anche da “trading-post”, uno dei pochi dell’estrema periferia occidentale delle rotte commerciali del sistema talassocratico minoico.

Oltre ai ritrovamenti di oggetti d’importazione che attestano contatti intercorsi con lontane civiltà, indubbiamente da riferire anche alla presenza di notevoli ricchezze ambite dal prospero commercio mediterraneo di quel periodo, rappresentate dagli affioramenti metalliferi oggetto di estrazione e lavorazione, l’eccezionalità del centro religioso di Fiumedinisi è determinata dalla presenza presso la vetta di un’opera megalitica di eccezionale interesse. Si tratta di un affioramento roccioso forato di uso astronomico e magico-religioso, al quale bisogna forse affiancare anche i resti di una seconda struttura, anch’essa riferibile alla tradizione architettonica megalitica, che localizzai in località Rocca di Buticari sita nel territorio di Nizza di SiciliaEssa è distante solo alcuni chilometri in linea d’aria dalla vetta del Monte Belvedere ed è costituita da una piccola piramide a tre gradoni su base quadra, ove rinvenni anche molti frammenti ceramici appartenenti alla locale fase dell’Antica età del Bronzo. La struttura potrebbe rappresentare i resti di un osservatorio dei movimenti solari, in particolare dei solstizi, in seguito modificata in torre di guardia in età storica (24).

Il sito del Monte Belvedere venne distrutto in modo violento, presentando evidenti tracce di un grande incendio e del crollo di parte del muro a secco perimetrale (schiacciando alcuni vasi). Uno strato di ceneri, carboni e resti dell’intonaco argilloso cotto ad alta temperatura, che rivestiva le pareti dell’elevato a impianto ligneo (chiari resti di buche della palificazione combusta), sigilla i reperti di uso quotidiano ancora presenti all’interno di un ambiente dell’area residenziale (25)

Il comprensorio tornò a essere occupato dall’uomo soltanto nel corso del XV secolo a.C., con l’edificazione di un semplice abitato sito in una piccola area fortemente arroccata che costituisce l’estrema digitazione della Pianura Chiusa (traslitterazione in lingua italiana dal dialetto locale “Chiana Chiusa”, inteso quale pianoro delimitato da precipizi), sovrastante la contrada Buticari (dal Castillano botigaro, azienda vinicola) il Palazzo Rosso (probabilmente l'antica Torre Rossa della locale tradizione popolare da me raccolta nel 1969). Negli anni 1970 vi raccolsi quanto affiorava in superficie dei resti di un complesso vascolare ceramico, costatando la coesistenza di elementi stilistici presenti nella fase del Monte Belvedere, ma qui associati a quelli predominanti di quella che nei suoi scavi nell'arcipelago eoliano Bernabò Brea definì cultura del Milazzese, appartenente alla Media età del Bronzo. Limitato in Sicilia alla sola porzione peloritana e alle Isole Eolie, il principale centro di potere di questo regno risiedeva probabilmente nell’attuale area urbana di Messina e in alcuni abitati dell’area tirrenica quali il promontorio di Milazzo e le Isole Eolie dove venne per prima identificata (26)

 

Il Gran Sacerdote: una notevole esperienza iniziatica

Per avere un’idea di quanto avveniva nel centro cerimoniale di Fiumedinisi e avere ottimi spunti per prevenire distruzioni e perdite di importanti informazioni in corso di attività di scavi, in Sicilia di consueto condotti da équipes (anche straniere) non specializzate in questo settore di ricerca, è opportuno prendere in considerazione i risultati degli studi etnologici effettuati nel corso del diciottesimo e del diciannovesimo secolo nelle comunità arcaiche e tradizionali, sin allora sopravvissute (oggi in gran parte estinte o culturalmente contaminate) (27). In questi studi è stato osservato come lo sciamano, o “uomo (o donna) di medicina”, dal quale derivò la figura del gran sacerdote, svolga un ruolo di guida spirituale che spesso sovrasta quello del capo guerriero o della forma arcaica di aristocrazia regnante, essendo colui che oltre a possedere professionali conoscenze naturalistiche e magico-religiose, aveva anche riconosciuta la capacità di entrare in contatto con il mondo degli spiriti e di “negoziare”, con entità spirituali, il recupero e il mantenimento del benessere della sua comunità.

Nelle società dov’era presente la classe teocratica che affiancava il potere regnante, il gran sacerdote fu anche il riferimento spirituale della classe guerriera e nessuna attività di guerra o le grandi opere di pubblico interesse potevano essere avviate senza i suoi consigli e avvertimenti, in quanto rilasciati sulla base di attività divinatorie e magico-apotropaiche. 

La presenza di strutture megalitiche, di rinvenimenti di ceramiche importate tardocampaniformi e protoappenniniche; di un vaso rituale dipinto nel più antico stile della produzione Castellucciana; di due bronzi la cui decorazione è stilisticamente riferibile a simbologie presenti nella Grecia mesoelladica e soprattutto a concezioni cosmologiche e magico-religiose del Vicino Oriente; di ceramiche con influenze stilistiche che si ricollegano a tradizioni di altre aree del Mediterraneo sia orientale che occidentale (28), costituiscono un insieme di elementi che permettono di porsi domande e di avanzare ipotesi sull’organizzazione sociale presente nel centro religioso dell’Antica età del Bronzo di Monte Belvedere di Fiumedinisi.

In particolare se esso fosse retto da una classe sacerdotale fondata da uno o più personaggi di provenienza alloctona, o se il Gran Sacerdote fosse un personaggio autoctono, che dopo essere stato iniziato alla tradizione locale, aveva viaggiato in terre lontane, forse mosso dalla sacra sete della conoscenza, approfondendo i segreti del mondo naturale e del soprannaturale, della medicina, della estrazione e della lavorazione dei metalli. Come più sopra accennato, queste ultime erano probabilmente praticate a Fiumedinisi almeno sin dal Tardo Eneolitico (in particolare per i blocchetti contenenti rame nativo, da me rinvenuti negli anni 1970 assieme a abbondanti resti di ceramiche nello “spiazzo alfa” (29). Bisogna ricordare che in Europa e in Asia i segreti della metallurgia e la conoscenza delle proprietà dei metalli, fino a pochi secoli addietro rimasero di tradizionale appannaggio delle corporazioni strettamente collegate alla sapienza esoterica e alla pratica dell'arte magica.  

Esplorando le aree degli insediamenti dell’Eneolitico Tardo e Finale potrebbe anche rivelarsi un fatto fondamentale, ovvero che gli sciamani di Monte Belvedere fossero già da quell’età rinomati per il loro livello di conoscenze e capacità, e che nell’Antica età del Bronzo il centro cerimoniale di Fiumedinisi si fosse trasformato in un centro di eccellenza nell’ambito di un sistema di luoghi di culto teologico-astrale, dove erano praticati insegnamenti originari dell’area mesopotamica e anatolica, e altri forse mutuati da popolazioni peninsulari italiane che conservavano una forte tradizione animistica indigena pervenuta dal culto neolitico della Dea Madre, determinando locali forme di sincretismo. Luoghi legati a narrazioni mitologiche, quali il Monte Scuderi sede di una importante formazione carsica (30), e molti altri il cui insieme probabilmente costituiva una rete di siti dove erano ritenute possibili connessioni con i regni soprannaturali.

D'altronde, si tratta di un territorio dal clima mite, i campi fertili e i grassi pascoli, ricco di sorgenti e affiancato da due fiumare, i grandi boschi dove abbondava la selvaggina, di affioramenti rocciosi contenenti ricchezze metallifere, condizioni che al credente indicavano quanto fosse amato e abitato da misteriose entità telluriche. Difatti, è qui che esse si manifestavano più che in ogni altro luogo, circoscritto dalle manifestazioni vulcaniche dell’arcipelago eoliano e dell’area etnea, dai mari profondi dominati dai mostri Scilla e Cariddi, e devastato da terremoti e maremoti imprevedibili e violenti.

Stabilirsi in questo territorio significava impegnarsi a vivere quotidianamente in un’armonia dinamica, pattuita dalla classe sacerdotale con le entità soprannaturali, osservando un codice comportamentale atto a non attirare la loro ira, rispettando e intensificando all’occorrenza i sacrifici rituali per invocare la loro benevolenza.

Bisogna quindi prendere in considerazione che, nella Sicilia nordorientale, le attività magico-religiose, le cerimonie stagionali, le offerte sacrificali (in questa età, e probabilmente ancora nella Tarda età del Ferro, di Monte Belvedere di Fiumedinisi, anche di giovani vite umane) celebrate dal Gran Sacerdote, la rete di luoghi di culto possano avere determinato, nel periodo compreso dall’Eneolitico Tardo all’Antica età del Bronzo, una forte predisposizione di quest’area al consolidamento del potere teocratico. Condizione verosimilmente concretizzatasi anche nelle Isole Eolie, delle quali ne conserva forse ricordo il racconto omerico, descrivendo le avventure di Odisseo alla corte del re Eolo, colui che dominava i venti, personaggio evidentemente tratto da cronache mitizzate preesistenti all’arrivo dei Greci in Sicilia (31).

Questa situazione perdurò sino all’arrivo di nuove genti, che distrussero l’intero sistema dominante il commercio nel Mediterraneo, forse iniziando proprio dai centri del potere religioso, spezzando nella popolazione le certezze riposte nella fede nell’antica sapienza teocratica, dimostrando così di essere beneficiari di un potere superiore a quello della classe sacerdotale e di quella regnante, eliminati con la violenza.

Da quel che ebbi l’emozione e il privilegio di constatare negli anni 1970, le attività nel centro residenziale di Fiumedinisi vennero stroncate da un improvviso incendio. I reperti mostravano come la vita si fosse spenta per sempre  lasciando le suppellettili in sito, in frantumi forse in seguito a un saccheggio e coperte da uno strato di ceneri, destinandole così a millenni di oblio (32).

 

Note

17 – preferisco adoperare la definizione generica ma flessibile di “regno arcaico” per evitare l’uso di “dominio semplice” e “dominio complesso” (derivati dalla traduzione dall’anglosassone “chiefdom”) in quanto frutto capzioso di strutturazioni schematiche proprie dell’antropologia, inapplicabili all’archeologia per mancanza di dati, approfonditi e verificabili, della realtà propria di ogni sito preistorico soprattutto in un’area come quella della Sicilia nordorientale. 

Circa le definizioni di “chiefdom” e dominio rimando al lavoro: Giusti F., 2002, I primi stati: la nascita dei sistemi politici centralizzati tra antropologia e archeologia, Donzelli ed., Roma.

Con “regno arcaico” intendo una società presente su un dato territorio, costituita da villaggi e insediamenti minori, retta da un capo riconosciuto quale “regnante” per merito di qualità straordinarie, o per diritto di discendenza o matrimoniale, che governa assistito da una élite, ovvero una corte costituita da consiglieri e sacerdoti, e nei villaggi attraverso un suo designato (figura simile a quella del vassallo feudale) che ha anche l’incarico di raccogliere i tributi, amministrando in sua vece. La classe teocratica legata al megalitismo era espressione di un ordine sacerdotale il cui principale compito era missionario e di organismo super partes per bilanciare gli attriti tra regni in funzione del sistema commerciale dominante nel mediterraneo in quella età.

 

18 - Villari P., 1980, Considerazioni sulla presenza di alcuni bronzi in una capanna del periodo di transizione Tardo Eneolitico-Prima età del Bronzo di Fiumedinisi (Messina), in Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Pisa, serie A, n.87, pp. 465-474;. 1981, I giacimenti preistorici del Monte Belvedere e della Pianura Chiusa di Fiumedinisi e la successione delle culture nella Sicilia Nord Orientale, in Sicilia Archeologica, 44-47, pp. 111-121.

19 – Villari P., 1980, Considerazioni sulla presenza…, op cit.;  La successione delle culture… op.cit.; e 1981, Origini e diffusione della cultura di Piano Conte nella Sicilia Nord Orientale, Contributi alla conoscenza del territorio dei Nebrodi, 2, pp. 135-143;

20 – pubblicai il reperto alcuni anni dopo il mio rinvenimento in: 1980, Considerazioni sulla presenza…, op. cit.; 1981, I giacimenti…, op.cit.; La Rosa V., 2004, Le civiltà dell’Egeo. L’età del Bronzo nel bacino dell’Egeo, da “Il Mondo dell’Archeologia”, riproposto on-line in Enciclopedia Treccani. (Incomprensibilmente, il La Rosa usa qui una erronea definizione al femminile (“bilancina”) del termine tecnico da noi adoperato, inesistente in lingua italiana). http://www.treccani.it/enciclopedia/le-civilta-dell-egeo-l-eta-del-bronzo-nel-bacino-dell-egeo_%28Il-Mondo-dell%27Archeologia%29/

21 – di questi esami di laboratorio non mi è nota alcuna pubblicazione. Ne appresi notizia in modo informale, nel 2014, da Lorenzo Guzzardi, a quel tempo direttore della Sezione Archeologica della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Siracusa, dove il reperto era custodito sin dalla mia consegna, avvenuta in quella sede agli inizi degli anni 1980.

22 – Orsi P., 1892,La necropoli di Castelluccio, Bullettino di Paletnologia Italiano, 18, pp. 1-34 e 67-84; Bernabò Brea L., 1964, Poliochni, 1 (1-2), 1-705, 1-471, Roma.

23 – nonostante i successivi interventi dell’attività umana che, probabilmente a partire dall’età ellenistica, hanno condotto alla drastica estinzione dell’antica foresta preistorica che si estendeva sull'intera Sicilia, essa era stata ben poco alterata dalle attività delle popolazioni della tardapreistoria, avendo queste occupato solo piccole aree. 

A Fiumedinisi, ad esempio, erano state adattate ristrette aree per le necessità di pascolo e di coltivazione, in aree collinari e quali quelle della Pianura Chiusa e delle balze a gradoni naturali del Monte Belvedere.

A parte l’utilizzo cimiteriale dell’area nel III secolo a.C. da parte della guarnigione Mamertina che aveva fortificato il Monte Belvedere, il maggiore danno recato al  centro monumentale cerimoniale e a quello residenziale dell'Antica età del Bronzo, è stato quello avvenuto nel 2006, quando fu ruspata parte della principale area cerimoniale preistorica e cementificati i ruderi del Castello Belvedere, giungendo persino a stipare e seppellire immondizie tossiche nel sotterraneo, probabilmente un ipogeo utilizzato per culti di divinità ctonie in età classica. Queste sostanze potrebbero essere percolate nei paleosuoli presenti all’interno della cavità, inquinandoli irrimediabilmente e producendo anche danni ai reperti di origine organica in essi conservatisi quali resti scheletrici di animali, pollini e carboni.

24 – I resti di questa struttura di aspetto megalitico sono situati al termine dell’antico sentiero lungo la dorsale collinare che dalla vetta del Monte Belvedere conduceva alla costa che sovrasta l’attuate abitato di Nizza di Sicilia. L’opera domina un ampio tratto della costa ionica messinese tra i Capi Alì e Sant’Alessio, e la foce  dei torrenti Landro e Fiumedinisi. La base è certamente la più antica, costituita da un perimetro di blocchi litici, i due gradoni superiori sembrano rimaneggiati in età successive sino a fungere da base di una torretta di avvistamento probabilmente a impalco ligneo, più volte eretta e ricostruita sin dall’età greca e certamente sino al corso del XVII secolo.

Negli anni 1970, presso il lato rivolto alla costa e lungo il pendio sul lato occidentale rinvenni molti frammenti ceramici, che accumulai in un anfratto del luogo per evitare che andassero perduti in uno dei magazzini della soprintendenza, come a quel tempo accadeva ai frammenti considerati di scarso interesse artistico, essendo gli spazi dei pochi magazzini piuttosto limitati e sia per ovviare alla penuria di cassette lignee nelle quali venivano conservati. Li recuperai agli inizi degli anni 2000 consegnandoli al Museo Civico di Nizza di Sicilia da poco costituito. In massima parte risultavano appartenenti alla stessa facies culturale dell’Antica età del Bronzo, presenti presso la vetta di Monte Belvedere di Fiumedinisi e alcuni appartenenti a anfore acrome di età ellenistica, romana, e brocche smaltate d’età postmedievale. 

Nonostante i miei avvertimenti alle locali Autorità di appartenenza per loro competenza istituzionale, e una relazione inviata alla O.L.A.F. di Bruxelles, organismo antifrode della Commissione Europea, il sito è stato purtroppo interessato dai lavori di sistemazione dell’area adibita con consistenti fondi pubblici a “Parco suburbano Rocca di Buticari”. È probabile che sia stata così gravemente compromessa sia la sopravvivenza di monumenti e altre evidenze di età preistorica e storica e quindi l'intera gamma di attività di ricerca scientifica d'interesse archeologico, confermando quanto l’arroganza dei politici e dei burocrati sia spesso la peggiore nemica del patrimonio culturale siciliano e delle attività economiche produttive ad esso collegate.

25 – il saggio fu eseguito in seguito nel 1976, dopo il crollo di un breve tratto di un muro a secco medievale che aveva rivelato la presenza della stratigrafia preistorica e di abbondanti resti ceramici preistorici. Esso interessò un’area di circa un metro quadro, necessario a verificare la situazione stratigrafica e la presenza della struttura insediativa ai fini della emanazione degli atti necessari alla tutela del sito, purtroppo sino ad oggi mai effettuati. 

Nel 1981 venni informato di sondaggi eseguiti alcune settimane addietro dall’ex proprietario del fondo che dal 1975 mi aveva concesso di effettuare liberamente le ricerche nelle sue proprietà. Si trattava di un personaggio di notevole e controverso potere, Mario La Rosa, a quel tempo già addetto stampa presso la Presidenza della Repubblica Italiana, che in seguito scoprii strettamente legato a ambienti dell’Ambasciata statunitense a Roma e da diversi anni professore di Storia Moderna all'Università di Washington. Dopo avere ricevuto una mia monografia e un articolo pubblicato su una rivista specialistica dedicati ai miei ritrovamenti nel sito di sua proprietà, il La Rosa si era rivolto a un esperto in pozzi, in quanto desiderava eseguire dei carotaggi per constatare le dimensioni del deposito, che poi ampliò in sondaggi utilizzando contadini locali.

Era così giunto alla conclusione che la piccola area da me scoperta e pubblicata fosse effettivamente parte di un complesso abitativo e che come da me indicato, occupava un’ampia superficie, in parte sconvolta o distrutta da interventi operati nel corso dell’occupazione militare Mamertine e del terrazzamento medievale. Negli anni seguenti il sito fu devastato da ignoti che divelsero gran parte del muro a secco, spingendosi a scavare lungo tutto il fronte, distruggendo anche parte di quanto avevo già messo in luce al momento della scoperta e subito interrato.

Le operazioni di pulitura effettuate nel 2008 dalla University of South Florida, da me dirette, rimossero le macerie di quegli anni di scempi. La Fig.10 rende idea non solo del danno arrecato ai resti del monumento, ma anche della presenza del muro perimetrale e dei crolli subiti in antico. Fortunatamente, il resto del sito del quale rimangono alcune decine di mq è ancora oggi indenne: i futuri scavi certamente riveleranno una grande messe di reperti e informazioni.


Fig. 10 - Monte Belvedere, Giugno 2008. L'area residenziale dell'Antica età del Bronzo dopo la pulitura dagli sterri clandestini degli anni 1980. In primo piano le evidenze di muri e di crolli dovuti alla distruzione violenta del sito, probabilmente avvenuta nel corso del XVI secolo a.C. I reperti ceramici e ossei messi in luce dalla pulitura dell'area erano stati rimossi una settimana addietro per motivi di salvaguardia, trattandosi di un'area disabitata e non protetta. Foto dell'Autore, Giugno 2008. Tutti i diritti riservati.


26 – le prime tracce della cultura del Milazzese furono rinvenute nelle Isole Eolie e indagate da Luigi Bernabò Brea e da questo pubblicate: 1957Sicily before the Greeks, Thames & Hudson, London; 1986, Gli Eoli e l’inizio dell’età del Bronzo nelle Isole Eolie, Colloque d’histoire et d’archeologie de Bastia, III (1985), pp. 145-153; 1991, Meligunis Lipara VI – Filicudi. Insediamenti dell’età del  Bronzo, Palermo. 

Gran parte delle scoperte preistoriche nel centro urbano di Messina furono effettuate tra gli anni 1960 e 1970 grazie all’opera appassionata di Franz Riccobono, dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Messina, che si recava nei cantieri edili per salvare memoria di quanto i palazzinari stavano distruggendo, indisturbati: la presenza di importanti testimonianze archeologiche, in seguito ricordate nel suo: 1975,  La storia ritrovata. 1965-1975: Dieci anni di ricerca archeologica a Messina, monografia, Messina, pp.1-67.

27 – per una introduzione allo Sciamanesimo, rimando ai lavori: James W., 1902, The Varieties of Religious Experience, London;  Eliade M., 1972, Shamanism: Archaic Techniques of Ecstasy. Princeton University Press; Emboden W.,1989, The Sacred Journey in Dynastic Egypt, in Journal of Psychoactive Drugs, vol 21(1, gennaio-marzo); Seymour-Smith C., 1991, Dizionario di Antropologia (v. Sciamanesimo),Sansoni Ed., Firenze, p.359; Conkey et al. (eds.), 1997, Beyond Art: Pleistocen Images and Symbol, Memoires of the California Academy of Sciences, XXIII, San Francisco, p. 231; Clottes J., Lewis-William D., 1998, The Shamans of Prehistory: Trance and Magic in the Painted Caves, New York; Ripinsky-Naxon M., 1998, Shamanistic Knowledge and Cosmology, in Wautischer H. (ed.), Tribal Epistemologies: Essays in the Philosophy of Anthropology, Aldershot; Price N. (ed.), 2001, The Archaeology of Shamanism, Routledge, London;   Shanon B., 2002, The Antipodes of the Mind: Charting the Phenomenology of the Ayahuasca Experience, Oxford University Press; Hancock G., 2006, Sciamani. I Maestri dell’Umanità, TEA, Milano; Stavros G., 2017, Sciamanesimo. Viaggio nel mondo dello spirito, Milano.

28 – vedasi in particolare i miei articoli: 1980, “Considerazioni… “, op.cit.; 1981, “I giacimenti…”, op cit.; 1984, Il rito dell’enchytrismòs nella Sicilia Nord Orientale (Antica età del Bronzo – Tarda età del Ferro), in The Deya Conference of Prehistory (British Archaeological Reports 229), Oxford, pp.465-486, dove avanzo l’ipotesi che in questa età i defunti fossero oggetto del rito dell’incinerazione.

29 – rimando alle notizie preliminari pubblicate in: 1980, Considerazioni sulla presenza…, op. cit.; 1981, I giacimenti…, op.cit. Tuttavia, nel corso degli anni 1980, quando in un'altra area (inedita) localizzai tracce di un insediamento del Neolitico Antico, fui sorpreso dalla presenza di resti di frammenti rocciosi contenenti carbonati di rame (malachite e azzurrite), estranei alla geologia del luogo. È quindi probabile che estrazioni minerarie fossero praticate a Fiumedinisi sin dal Neolitico Antico.

30 – Berdar A., Riccobono F., Schipani de Pasquale R., 1995, Monte Scuderi: la montagna del tesoro, Vol. 12 della collana “Messina e la sua storia, ed. EDAS, Messina, pp. 1-163

31 – per l’epopea delle prime grandi navigazioni nel Mediterraneo rimando a: Bernabò Brea L.,1957, Sicily before Greeks, op. cit.

32 – che non si tratti delle conseguenze di un violento terremoto, spesso associati a incendi a causa dell’uso di focolari domestici all’interno delle strutture capannicole, lo dimostra il fatto che il centro non venne ricostruito e che i superstiti non tornarono a raccogliere quanto recuperabile. Mi riferisco a quanto raccolsi nella piccola area da me esplorata negli anni 1970, ad esempio un intero set di oggetti da lavoro in osso, costituiti da spatole, punteruoli e aghi, o diverse asce e macinelli ottenute su rocce metamorfiche non presenti in Sicilia, o al frammento del gioco di bilancino in bronzo, a quel tempo certamente un bene prezioso. Se vi furono superstiti, quindi, questi non tornarono nel sito in quanto fuggiti o deportati in aree molto lontane.

  

Archaeological Centre-Villari Archive: pubblicazioni scientifiche

In questa sezione è presentata una selezione di pubblicazioni scientifiche di Pietro Villari (monografie, articoli editi da riviste speciali...